Ucraina, Russia e Nato in poche parole. Marco Travaglio

di Marco Pondrelli

L’ultimo libro di Marco Travaglio andrebbe letto assieme al precedente ‘scemi di guerra’, nel quale l’Autore si limitava a riportare le previsione degli ‘esperti’ sulla Russia presto in default e con le armate ucraine alle porte di Mosca. Così come il primo libro era un ‘copia e incolla’ di fesserie (come dimenticare Severgnini che paventava l’arrivo dai cosacchi a Lisbona probabilmente dopo avere dissetato i cavalli a San Pietro), questo testo è una cronologia che aiuta a capire le radici del conflitto ucraino.

L’introduzione è l’unica parte del libro riconducibile all’Autore e, se per con qualche divergenza rispetto ad alcune affermazioni, si può affermare che essa colga il sentimento diffuso nella nostra stampa mainstream: la pace è guerra e la guerra è pace. Ci sono studiosi autorevoli e non, che continuano a ripetere che la Nato non ha provocato la Russia, così come Clinton è arrivato a dire che la reazione della Russia all’allargamento della Nato giustifica l’allargamento stesso, un corto circuito logico degno del suo allievo Veltroni.

Continuo a ritenere che, nonostante la censura operante oggi in Italia, chi vuole farsi un’idea corretta del conflitto ucraino ha gli strumenti per farlo, uno di questi strumenti è senza dubbio il libro di Travaglio. Personalmente contesto alcune sue ricostruzioni (in particolare sul cosiddetto Holodomor) ma nel complesso questo libro è uno dei pochi che ha il coraggio di analizzare le radici del conflitto. Pensare al febbraio del 2022 come anno zero ha la stessa logica che avrebbe analizzare la Seconda Guerra mondiale partendo dall’aprile del ‘45.

Dopo un breve excursus sulla storia più antica partendo dalla Rus kieviana l’Autore arriva agli avvenimenti più recenti, mettendo in evidenza le mancate promesse occidentali sulla non espansione della Nato ad est. Attraverso gli avvenimento che si susseguono dal ‘91 possiamo leggere la storia di un Paese che nasce profondamente diviso al proprio interno. Il diktat europeo che mise difronte l’Ucraina all’aut aut ‘o con noi o con la Russia’ era pensato per fare saltare il fragile equilibrio interno, come giustamente nota Fulvio Scaglione la guerra inizia nel 2012 quando destabilizzando Kiev si provoca la Russia.

La cronologia del libro tocca anche altri passaggi importanti come il discorso di Putin nel 2007 a Monaco. Dalla stampa italiana questo discorso viene presentato come un ultimatum all’Occidente, ma cosa ha detto il Presidente russo? Putin, dopo il lancio dello scudo spaziale, dopo la denuncia unilaterale del trattato ABM da parte degli Stati Uniti, si chiedeva e chiedeva alla comunità internazionale se un mondo unipolare fosse una garanzia di pace o non fosse il momento di costruire un mondo multipolare. È una dichiarazione di guerra?

L’interesse di questo libro risiede nel fatto che anche quando parla della Russia in realtà esso parla di noi e della nostra crisi: del governo Draghi (condizionatori o pace), di Johnson, di Macron, di Scholz. Quello che emerge è che gli stati europei sono rimasti vittima della loro retorica, sono gli USA che decidono la nostra politica non c’è più un briciolo di autonomia nazionale. I nostri obiettivi strategici sono arrivati a coincidere con le sparate retoriche del guitto ucraino. Una crisi che, come ricorda Travaglio, poteva essere evitata applicando gli accordi di Minsk non solo non ha colpito l’economia russa che, come affermato anche dal FMI, continua a crescere ma ha bloccato la locomotiva d‘Europa che rischia di trascinare nel baratro anche l’Italia della sovranista Meloni.

L’Autore cita un anonimo politico di alto rango della Ue che, come riportato da ‘il sole 24 ore’ afferma: ‘l’Europa ha bisogno dell’effetto Pearl Harbor’, è una frase preoccupante perché se pensiamo alle richieste di aumento degli stanziamenti per la difesa e alle incaute dichiarazioni sull’invio di soldati in Ucraina ci rendiamo conto che l’opinione pubblica italiana, e non solo, non è pronta a pagare questo prezzo per combattere un nemico che non ritiene tale. Una provocazione stile ‘Pearl Harbor’ potrebbe essere il nostro 11 settembre per trascinarci in una guerra infinita e forse atomica.

Volendo sforzarsi di trovare un briciolo di ottimismo il questa situazione lo si può trovare nell’ultima data citata nel libro, 22 ottobre 2024, quando a Kazan si è svolto l’incontro dei Brics, solo un mondo multipolare e maggiormente democratico si può trovare una speranza di pace.

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