di Marco Pondrelli
L’intervento russo del febbraio 2022 ha visto il proliferare di molti libri sul conflitto ucraino, purtroppo spesso questi testi fanno a gara nel demonizzare i russi cattivi senza sforzarsi di analizzare le cause profonde di questa guerra. La versione fornita dai media e sostenuta anche da parte di un mondo accademico sempre meno indipendente, è semplice quanto fallace, c’è una democrazia attaccata da una feroce dittatura e tutto il popolo ucraino è insorto per difendere i ‘sacri confini’. In questo turbinio di propaganda il libro di Nicolai Lilin è una boccata di aria fresca, si può legittimamente dissentire da alcune tesi espresse nel libro, ma non si può non riconoscere all’Autore di avere un approccio rigoroso ancorando le proprie conclusioni ad un approfondimento della storia e dell’economia ucraina.
Il libro è diviso in tre parti. La prima ci concentra sull’idea di Ucraina. Negli anni ’80 negli Stati Uniti e in Canada comparvero molti libri che volevano dimostrare non solo che l’Ucraina era stata oppressa dal potere comunista ma che il popolo ucraino era altro rispetto a quello russo, l’Ucraina doveva essere aiutata a conquistare la propria indipendenza. Orest Subtelny in un libro del 1988 ‘Ukraine. A History’ che pretendeva di dimostrare che in Galizia-Volina dopo la fine della Rus kiviana nacque l’idea di Ucraina, contrapposta alla Russia ‘mongola’. È una tesi che Lilin smonta con accuratezza, affermando che ‘sul territorio geografico conosciuto come Ucraina convivono realtà culturali molto diverse, per le quali il concetto di nazionalità ha significati differenti se non, come dimostrano i tragici avvenimenti del presente, opposti’ [pag. 12], se oggi esiste l’Ucraina fu per la volontà di Lenin e Stalin di riconoscere questa come Repubblica. Per l’Autore fu un errore da parte dei leader sovietici riconoscere un’identità ucraina che in realtà non era mai esistita.
Una tesi differente ma con alcuni punti di contatto è quella che esprime Davide Rossi, il quale afferma che l’errore nel 1939 fu di non fare delle due regioni Galizia e Lodomeria/Volina una repubblica staccata dal resto dell’Ucraina sovietica, secondo Rossi ‘se Galizia e Lodomeria/Volina fossero state una repubblica federativa, nel 1992 avrebbero lasciato l’Unione Sovietica e al pari dei baltici avrebbero percorso la strada dall’atlantismo, dell’europeismo e dell’anticomunismo […] ma nulla di tutto quello che è successo di spiacevole negli ultimi trent’anni in Ucraina avrebbe avuto seguito1‘.
Il punto su cui entrambe le tesi convergono è che i popoli che vivono dentro i confini ucraini sono molto diversi fra loro, solo l’ignorante saccenza di alcuni opinionisti può fare parlare di nazione oppressa già dall’Impero zarista.
La seconda parte nonostante l’Autore non sia un economista è un’analisi informata e dettagliata del sistema economico produttivo ucraino. L’Ucraina era uno stato in crisi già prima della guerra, il ‘peccato originale’ furono le privatizzazioni degli anni ’90, scrive l’Autore ‘se all’epoca del comunismo il sistema socialista garantiva che dei proventi di tali impianti beneficiassero tutti i cittadini, nell’epoca post-sovietica ad arricchirsi sono soltanto gli oligarchi ucraini’ [pag. 88], questo significa che il senso delle privatizzazioni fu il passaggio di ingenti ricchezza dal pubblico a pochi fortunati miliardari. L’Ucraina si è strutturata fin dalla sua nascita come una nazione povera con pochi ricchi, i quali molto spesso hanno iniziato a portare all’estero parte delle loro fortune.
Questo non è solo un sistema ingiusto ma anche inefficiente, perché non c’è interesse da parte dei nuovi proprietari delle imprese ex statali nell’ammodernare gli impianti e nell’investire sulla ricerca. Come l’industria metallurgia anche quella chimica è entrata in crisi, scrive l’Autore ‘la situazione in cui si trovavano le imprese chimiche ucraine prima della guerra era simile a quella degli impianti metallurgici. Secondo i risultati della prima metà del 2009, la produzione di ammoniaca, che costituisce la base dei fertilizzanti azotati, in Ucraina era diminuita del 43,8%. In particolare, la società “Stirol” ha ridotto la produzione di ammoniaca del 66%, l’associazione di Severodonetsk “Azot” del 54,1%, l’impianto portuale di Odessa del 53,2%, “Rovnoazot” del 37,7%. Per tutta la prima metà del 2009, gli impianti chimici domestici hanno operato con redditività negativa, e con il cambio di governo del 2014 la situazione è solo peggiorata’ [pag. 105].
Dopo avere analizzato le radici (o le non radici) della nazione ucraina e il sistema economico produttivo Lilin si occupa di sfatare un’altro mito, quello della democrazia ucraina. L’Autore ricorda i tanti confronti pubblici che ebbe con Giulietto Chiesa (molti dei quali sono reperibili online) nei quali entrambi aveva già capito quello che sarebbe successo, perché il progetto atlantista era chiaro, staccare l’Ucraina dalla Russia e farne anziché uno stato neutrale la pedina più avanzata dell’attacco alla Russia. Per fare questo il colpo di Stato del 2014 è stato il primo passo seguito da una feroce repressione ‘basti pensare che solo tra il 2014 e il 2015 sono stati ufficialmente accertati gli omicidi di settantacinque oppositori del regime di Kiev’ [pag. 133]. Tutto questo però è stato nascosto, oggi Zelensky è idolatrato in occidente e ‘sulla questione ucraina qui in Occidente è stato creato un mito propagandistico mai visto prima, che rinnega la storia dell’Ucraina, rappresentando gli eventi in modo palesemente univoco, addirittura negando l’esistenza dell’ideologia nazista integrata nel sistema statale ucraino, cancellando dalla storiografia i brutali crimini compiuti dai nazisti ucraini ai danni degli oppositori di sinistra’ [pag. 128-29].
Alcuni simpatici personaggi spesso presenti nei talk show italiani hanno affermato che essendo Zelensky ebreo non solo non può essere nazista ma che non può neanche avere mai dato spazio ai nazisti, come giustificare allora la sua frase, riportata nel libro, ‘in Ucraina ci sono persone che amano Stepan Bandera, questo è figo’ [pag. 26]? Andrebbe ricordata qualche frase presa a caso dal gergo banderista tipo questa ‘l’OUN combatte gli ebrei come sostegno del regime moscovita-bolscevico e allo stesso tempo rende le masse consapevoli del fatto che il principale nemico è Mosca2‘. Nessuno nega che Zelensky sia ebreo il problema è chi nega che Bandera fu un antisemita.
Note:
1Rossi Davide, Ucraina, conoscere la storia per comprendere il presente, in Pondrelli Marco, Ucraina tra Russia e Nato, Anteo Edizioni, Cavriago, 2022, pag. 7-8.
2Hale Christopher, Hitler’s Foreign Executioners, The History Press, Gloucestershire, 2011, pag. 269.
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