
di Antonino Massara
In questo suo primo libro, edito da ANTEO EDIZIONI nel 2021, l’autore Marco Pondrelli, direttore del sito MARX21, importante riferimento di politica e cultura comunista, affronta il tema della complessità degli attuali equilibri geopolitici mondiali. Il testo, che gode di una brillante prefazione di Aberto Bradanini, è incentrato sull’importanza strategica e sui possibili sviluppi di un’aria geografica denominata Eurasia che da sempre, interconnette i diversi interessi economico-politici tra oriente, occidente e continente africano. L’autore inquadra le contraddizioni tipiche di un mosaico complesso e dinamico, strutturando il libro in capitoli dedicati ad aree geografiche specifiche che, comunque, non vanno pensati come compartimenti stagno, piuttosto come unicum socio-politico, visto in un contesto di analisi delle ragioni storiche che hanno portato alla situazione attuale e prospettando scenari di un futuro imminente che appaiono già sullo sfondo di una complessità in divenire. Gli argomenti sono trattati in modo dialettico e supportati da una bibliografia scientifica molto vasta, frutto di anni di ricerca e lettura di testi che abbracciano diverse tematiche, dalla storia contemporanea all’economia.
1) Il primo punto si focalizza su cosa sia Eurasia ( Heartland) e i rapporti di questa con le aree che la circondano (Rimland) e come si sviluppa, nella sua complessità storica, questo concetto: “il primo a parlare di Eurasia in termini geopolitici fu Mackinder, il quale individuò il pivot della politica mondiale (heartland) nella zona che va da Lisbona a Vladivostok” (pag 19). Il passo successivo è capire come si introduce la relazione tra heartland e rimland attraverso gli studi di Spykman “il rimland è la zona che circonda l’heartland ed è proiettato sul mare e funziona da mediazione tra Stati Uniti ed Unione Sovietica” (pag 19). “Se i rimland dell’Europa e dell’Asia fossero stati dominati da una o più potenze imperiali ostili, le implicazioni per la sicurezza degli Stati Uniti sarebbero state disastrose” (pag 20).
L’individuazione di un’area cosi estesa, abitata da popoli con lingue e culture differenti, è propedeutica alla comprensione dei rapporti che si sono sviluppati tra questi popoli, soprattutto dal punto di vista economico ed energetico, nel corso delle stratificazioni storiche. L’analisi dei temi economici relativi a ciascuna area geografica è supportata da dati precisi, come dimostrato dallo studio del sistema cinese: “le aziende possedute o controllate dallo Stato, sono di gran lunga più di quelle del resto del mondo 51.341, valutate 20.200 miliardi di dollari con 20,2 milioni di dipendenti. Un settore enorme tendenzialmente guidato dalla politica industriale dettata dal Partito Comunista di Pechino e delle provincie”. (pag 28). O ancora, parlando del debito americano “l’America sovraconsuma, ovvero si indebita, a causa sia di una politica monetaria da qualche decennio ormai troppo accomodante, sia per una gestione fiscale tendenzialmente lassista, che genera disavanzi nei conti pubblici. Per questo tende ad importare più di quanto farebbe con un deficit fiscale azzerato e tassi in linea con quelli naturali” (pag 162).
2) quando ci si lascia trasportare dalla piacevole e scorrevole lettura, ci si accorge subito del fatto che le criticità, che oggi stanno sorgendo in ogni angolo del mondo sono legate alla reazione del più grande sistema imperialistico mai esistito: gli Stati Uniti. La fine della loro interpretazione di monopolio mondiale è ormai alle porte. Si sta affermando un mondo multipolare con Cina, Russia, Iran, Turchia che giocheranno sempre più un ruolo da protagonista, portando cosi Washington ad una maggiore assertività che di certo non avrà scrupoli ad utilizzare il fondamentalismo islamico come arma preziosa, o la retorica dei diritti umani per attaccare le nuove potenze. Entrambe queste armi sono state ampiamente utilizzate sia in Siria che nel Caucaso; “dove si sta però in maniera preoccupante radicalizzando sempre di più il Wahhabismo che arriva dall’Arabia Saudita e che in Cecenia e nel Daghestan si è fatto conoscere anche per l’efferatezza delle sue azioni terroristiche. Le prese di posizioni occidentali, a partire da quelle statunitensi, simpatetiche verso la lotta nazionale cecena, sono nei fatti attestati di sostegno al terrorismo, il messaggio, come scrive Guy Mettan, è stato quello di promuovere l’immagine di una Russia barbara; negare il legame tra i ribelli di Cecenia e il terrorismo islamico”. (pag 54)
“Il terrorismo svolge un ruolo complementare alle scelte geostrategiche della monarchia saudita come rivelato nelle mail rese pubbliche da wikileaks nelle quali la Clinton e Podestà parlano del governo del Qatar e dell’Arabia Saudita che stanno fornendo un sostegno logistico e finanziario all’ISIS”. ( pag 76)
L’imperialismo statunitense si trova tra le mani anche armi apparentemente meno violente, ma egualmente penetranti, come quella dei diritti umani. Oggi ci troviamo di fronte tutta la retorica del “caso Naval’nyj” e degli Iuiguri ma questo potenzile bellico fu provato qualche decennio prima in Jugoslavia, quando gli Stati Uniti “hanno collaborato con le organizzazioni non governative ( ONG ) finanziate dal magnate George Soros che operavano allo scopo di marginalizzare i media serbi, collocati su posizioni filo-nazionaliste e promuovere quelle liberali che puntavano a spezzare la solida alleanza tra i serbo-bosniaci e la Repubblica di Serbia.” (pag 135)
“nella disgregazione della Jugoslavia pesa il ruolo delle ONG cosi come quello del terrorismo islamico, lo stesso che abbiamo trovato nel Medio Oriente nel Caucaso e nello Xinjiang cinese. Assieme a questi due autori il ruolo rilevante fu occupato dal FMI (fondo monetario internazionale). Quello che la maggior parte delle analisi sulla dissoluzione della Jugoslavia non ricorda è che fattori quali il declino economico e il debito con l’estero furono utilizzati per strumentalizzare ed esacerbare i contrasti etnici e sociali, promuovendo il secessionismo”. (pag 136)
3) In conclusione, trovo che il lavoro del compagno Pondrelli sia un’opera brillante di storia dialettica geostrategica che ci sottolinea l’importanza dell’Eurasia negli equilibri mondiali, anche se oggi il ruolo di “pivot” è giocato dell’Indo-pacifico, ma non solo. Per noi comunisti infatti quest’opera è particolarmente utile perché ci consente di capire come si sviluppa la geopolitica mondiale e quali implicazioni questa può avere sulla vita di ogni Stato, di ogni popolo e di ogni lavoratore. La parte finale del libro, infatti getta una luce sui nuovi scenari di guerra rappresentati non più dai confini di un territorio, ma dalle telecomunicazioni (5G), dallo Spazio, dalla finanza “classica” e “virtuale” (bitcoin). La fine del secolo americano è un dato di fatto, accertato dalle stesse scelte geostrategiche di Washington che guarda ad un multilateralismo interno al suo impero, fino a qualche decennio fa inimmaginabile. L’America infatti ha cambiato linguaggio con i suoi alleati europei e, per mantenere il suo obbiettivo di una Europa divisa, è disposta a concedere maggiore libertà di azione ai sempre fedelissimi alleati che, tuttavia, si dovranno muore nel solco di un’alleanza atlantica diversa da quella disegnata dal Piano Marshall. Sotto questo aspetto sono rilevanti il caso brexit inglese ma anche la questione dei sommergibili francesi e soprattutto il fatto che la NATO chieda sempre maggiori spese agli alleati, come a dire che la sua protezione non è più a “basso costo” ma che dobbiamo pagare di più per averla. Il multilateralismo americano è diverso da quello che la Russia e soprattutto la Cina intendono costruire. Il progetto russo-cinese è comunque in una fase primaria, pertanto, in questo quadro, si evidenziano aree di profonda instabilità che potrebbero far nascere situazioni di gravi e ripudianti conflitti. Per questo, se si vuole sviluppare una coscienza di classe moderna, fondata sull’Intellettuale Collettivo Gramsciano non si deve rimanere poveri di certe verità. Non conoscere nel profondo il ruolo e lo sviluppo di paesi come Cina, Russia, Iran, Turchia e penisola coreana, espone al rischio di analisi sbagliate del quadro internazionale che possono portare il movimento comunista su posizioni funzionali al gioco imperialista ( Iuiguri, Naval’nyj, 5G…). Al contrario, acquisire questi stessi elementi nel modo corretto, mette nelle condizioni tutti i comunisti che vogliono uscire dagli steccati ideologici del passato e guardare con oggettività lo scenario mondiale, di essere pronti alla nuova, ma sempre antica, resistenza all’imperialismo, favorendo la creazione di condizioni necessarie per lo sviluppo di un sano multilateralismo.
Perché l’Ideale comunista si affermi è quantomai necessario leggere e capire le mosse di chi ci vorrebbe cancellati, per questo è opportuno studiare gli scenari riportati nel : CONTINENTE EURASIATICO: TRA UNA NUOVA GUERRA FREDDA E PROSPETTIVE DI INTEGRAZIONE.