Operazione austerità. Come gli economisti hanno aperto la strada al fascismo. Clara E. Mattei

di Marco Pondrelli

Il libro di Clara Mattei è un libro che va letto. Negli ultimi anni l’austerità è passata di moda, anche quei politici o quegli economisti che alcuni anni fa ne elogiavano gli effetti benefici sulla crescita si sono riconverti prima alla virologia, per poi divenire esperti di relazioni internazionali. Verrebbe da pensare che le idee espresse in questo libro non siano più ‘eretiche’, in realtà ciò non è vero perché quello che rende ‘Operazione austerità’ rilevante è la radicalità della sua critica.

L’Autrice affronta il tema economico in una prospettiva storica, esamina il periodo che va dalla fine della Grande Guerra agli anni Venti. Lo sguardo rivolto al passato illumina il presente, se è vero, come diceva Gramsci, che la storia è maestra ma non ha scolari l’opera di Clara Mattei dimostra come tante di quelle che oggi consideriamo novità non siano in realtà tali.

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La ricerca che l’Autrice ha compiuto, molto lunga e accurata, parte dalla Prima Guerra mondiale. Nella sua drammaticità questo evento rappresentò anche un forte cambiamento, come disse David Lloyd George durante la campagna elettorale del novembre 1918 ‘non possiamo tornare alle vecchie condizioni […]. La guerra è come il vomere e l’erpice dell’aratro. Ha rivoltato e frantumato il suolo d’Europa. Non possiamo tornare indietro’ [pag. 59], analogamente Giovanni Giolitti in Italia sosteneva che la Grande Guerra pesasse come 100 anni di vita politica.

Sono due gli elementi che determinano la fine del vecchio mondo, da una parte il ruolo svolto dalle masse, sia al fronte che nelle fabbriche dove anche le donne ebbero un ruolo fondamentale (e questo determinerà la loro partecipazione in massa alle battaglie del primo dopoguerra), dall’altra parte cambiò il ruolo dello Stato, come scrive l’Autrice ‘la pratica del laissez-faire dovette essere sospesa per permettere alle nazioni di sopravvivere al conflitto’ [pag. 40]. Il nuovo protagonismo dello Stato trasformò quest’ultimo nel datore di lavoro, sostituendosi ‘ai capitalisti privati quale primo garante della disciplina sui posti di lavoro’ [pag. 49].

La fine delle guerra produsse però da parte del mondo del lavoro la richiesta di migliori condizioni di vita, il sacrificio fatto durante la guerra andava ricompensato e non si poteva più appellarsi ad un non meglio precisato ‘diritto naturale’ in base al quale i rapporti di produzione non erano materia di discussione. Alfredo D’Attorre parla a tal proposito di ‘politico’ ovverosia dell’intervento della politica nei rapporti sociali, come scrisse Domenico Losurdo nella prefazione de ‘Il manifesto del Partito Comunista’ edito da Laterza questo è l’insegnamento più importante di Karl Marx. Scrive in modo illuminante Clara Mattei ‘i lavoratori – che durante la guerra avevano visto crescere il potere contrattuale die loro sindacati – potevano ora sferrare attacchi pesanti chiedendo nuovi diritti sociali o addirittura modi diversi di organizzare la produzione’ [pag. 65].

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La ricostruzione di questo passaggio storico avviene attraverso la ricostruzione storica degli avvenimenti e del dibattito politico in due paesi: la Gran Bretagna e l’Italia. Per quanto riguarda il nostro Paese l’Autrice ritiene centrale le analisi dell’Ordine Nuovo per capire questo delicato passaggio storico. Dopo la guerra pur nelle differenze fra le due nazioni si possono riscontrare analogie, il nuovo protagonismo delle masse operaie portò lo Stato a porsi in una posizione interventista, controllando i prezzi, avviando interventi di edilizia pubblica, costruendo politiche per la sanità, l’istruzione e la tutela del lavoro.

In questo delicato passaggio storico alle rivendicazioni di trasformazione sociale e politica che arrivano dal mondo del lavoro si affianca l’opera dei ‘ricostruzionisti’ che cercando la riconciliazione sociale [pag. 67], ma rafforzando il ruolo di intervento diretto dello Stato, rafforzavano anche lo spirito rivoluzionario dei lavoratori. Questa idea di trasformazione venne sconfitta e questa sconfitta fu figlia di una reazione della classe borghese, la ‘depressione economica non fu un «disastro naturale» ma il risultato di una politica ben precisa’ [pag. 105]. L’austerità va quindi vista nel contesto politico in cui si manifestò, per quanto riguarda l’Italia ‘il regime fascista di Mussolini fu ben più di un regime a «manganello e olio di ricino», come recitava: fu un fascismo «di austerità»’ [pag. 143]. In questa visione l’austerità diventa lo strumento per impedire il cambiamento, per raggiungere questo obiettivo è necessario ‘spoliticizzare’ l’economia. Il ruolo della Banca centrale, ora come allora, diventa fondamentale, essa è presentata come custode del pensiero economico, come organismo che garantisce la ‘tecnicalità’ delle decisioni che non sono né di destra né di sinistra sono neutre.

La storia della Gran Bretagna e dell’Italia sono diverse (noi abbiamo conosciuto il fascismo) ma entrambe sono segnate dall’austerità, dal taglio dei salari e del calo degli scioperi e della conflittualità sociale. In un’economia integrata la Gran Bretagna era interessata e condizionava le scelte del governo italiano (oggi si direbbe che ‘invitava’ il governo a fare le riforme), la considerazione vagamente razzista era che il governo Mussolini lavorava bene ma ovviamente andava bene per un nazione come l’Italia mentre il Regno Unito poteva raggiungere gli stessi risultati in altro modo.

Nel dibattito italiano va anche ricordato il ruolo degli economisti, fra questi Luigi Einaudi che, come nota anche lo storico Franzinelli, fu all’inizio degli anni venti un fervente sostenitore del fascismo e delle sue politiche economiche.

Molti altri sono gli spunti interessanti contenuti nel libro, che finisce guardando all’oggi, all’austerità e al ruolo della tecnocrazia che ha segnato la storia italiana degli ultimi anni. Queste politiche hanno fortemente limitato la democrazia italiana, nel 1992 Danilo Zolo ne ‘il principato democratico’ denunciava la crisi della democrazia che in società sempre più complesse veniva fortemente limitata. Lo stesso si vide negli Stati Uniti di inizio Novecento quando durante la cosiddetta era progressista si colpì la partecipazione popolare. La lotta contro l’austerità è quindi una battaglia democratica e il libro di Clara Mattei offre le armi per condurre questa lotta.

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