di Marco Pondrelli
Per comprendere il libro di Daniele Perra è opportuno riflettere con attenzione su quello che l’Autore scrive nell’introduzione ‘ci sono alcuni dati che molti “analisti”, giornalisti (o presunti tali) dimenticano (si per evidenti limiti cognitivi, sia per manifesta malafede) nell’osservazione della realtà storica a noi contemporanea: a) la storia non si riduce agli eventi degli ultimi sei mesi; b) la geografia non si può combattere con le sanzioni economiche’ [pag. 5]. In realtà questa frase aiuta a capire non solo il libro in questione ma anche il conflitto ucraino.
Russia e Ucraina hanno alle spalle una lunga storia che parte prima del 2022 ma anche prima del 2014. La Russia è da sempre divisa fra Oriente e Occidente, una parte degli stati europei l’hanno sempre considerata una minaccia vedendo in essa l’influsso mongolo, dall’altra parte la Russia al proprio interno è divisa tra una parte ‘occidentalista’ e una ‘slavofila’. L’Autore però chiarisce come la visione ‘slavofila’ o ‘orientalista’ della Russia sia un tentativo di creare una ‘costruzione occidentale dell’Oriente’ [pag. 16], in questa eleborazione un ruolo di rilievo lo ebbe Pushkin, ciò ha portato storicamente la Russia a guardare verso l’Europa. In questo rapporto fra Russia ed Europa l’Autore legge la crisi ucraina prodotta dagli Stati Uniti.
È indubbio che in Ucraina c’è una parte della popolazione sensibile al richiamo della russofobia. Perra analizza molto attentamente la storia dell’ultra-nazionalismo ucraino (termine che preferisce a nazismo) e in particolare la figura di Bandera. Dopo la guerra il ruolo del collaborazionismo ucraino fu sminuito, perché esso doveva essere riconvertito alla nuova crociata anticomunista, queste tesi hanno convinto coloro che oggi considerano gli azoviti semplicemente dei lettori di Kant ma come ricorda l’Autore ‘al 1941 risale un proclama “patriottico” dell’OUN-B che dichiarava: “Gente, sappiate che i vostri nemici sono i moscoviti, i polacchi, i magiari e gli ebrei. Distruggeteli”’ [pag. 84]. L’analisi prosegue con la breve storia della nazione ucraina, descrivendo la nascita dei cosiddetti oligarchi e le storture che questo ha portato nel sistema economico-sociale a partire da una corruzione che condanna il popolo alla povertà mentre permette a pochi ricchi di prosperare. Su quest’ultimo punto è giusto sottolineare come lo scandalo ‘Pandora Papers’ ha coinvolto anche il Presidente Zelensky e le sue dubbie fortune economiche [pag. 118].
La spiegazione del conflitto ucraino, come detto, è nel passato, dall’espansione della Nato ad est all’uscita unilaterale statunitense, voluta da Trump, dal trattato sull’Intermediate Range Nuclear Force, alla precedente denuncia del trattato ABM. La disgregazione della Jugoslavia e la guerra del ’99 furono parti integranti del progetto statunitense per colpire la Russia ma anche l’Europa attraverso, e qui l’Autore ha capito molto bene il senso delle riflessioni di Qiao Liang, il deflusso di capitali conseguenze delle guerre e delle crisi.
L’operazione militare speciale è stata preceduta, ma questo in pochi lo dicono, da tre esercitazioni congiunte Nato-Ucraina condotte tra giugno e settembre 2021 e dalla scelta del governo di Kiev di ammassare 150 mila soldati ai confini con il Donbass [pag. 137]. Osservando questi avvenimenti l’avvio dell’operazione militare speciale appare sotto una luce diversa. Allo stesso tempo anche questa guerra appare sotto una luce diversa se ci si concentra sull’ultimo vertice dello SCO di Samarcanda e sulle affermazioni del Presidente Xi Jinping. Sempre più si sta rafforzando l’asse fra Russia, Cina e anche Iran che si unisce al nuovo protagonismo di India e Turchia. L’Europa è oramai caduta della rete statunitense, con un ruolo polacco che sarà sempre più forte e con quella che Rumsfeld definì la ‘vecchia Europa’ sempre più ingabbiata e incapace di perseguire una propria politica autonoma, condannata ad un periodo che economicamente e socialmente sarà molto difficile.
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