
di Marco Pondrelli
Recentemente è uscito un interessante libro che porta la firma di due autori: Dimitri Daliolanes e Leonardo Palmisano. È un breve dialogo fra i due autori nel quale vengono affrontatati temi di grande attualità e di grande importanza. Sono tre i capitoli che compongono il volume: la crisi del debito, la crisi dei migranti e la crisi politica oltre ad una breve conclusione nella quale gli Autori affrontano il tema della guerra.
La prima parte è interessante perché oramai la Grecia è scomparsa dai radar italiani ed europei, non se ne parla più, ma a distanza di un decennio dalla gravissima crisi che la colpì qualche considerazione vale la pena farla. Le politiche europee in Grecia, quello che Mario Monti definì il più grande successo dell’Euro, non hanno smesso di provocare dei danni, come scrive Dimitri Daliolanes il surplus primario ‘non deve scendere sotto il 3,5% del Pil fino all’anno prossimo e del 2,2% fino al 2060’ [pag. 42], questo vuole dire che per altri 40 anni la Grecia sarà obbligata ha chiedere ai propri cittadini più di quando potrà dargli indietro in termini di servizi e welfare. Il perché di queste scelte lo spiegò Schäble quando affermò che i ‘governi non devono essere espressione degli elettori ma dei “mercati”’ [pag. 11]. Palmisano a proposito delle conseguenze che queste politiche hanno provocato parla di ‘degiovanimento’, con una forte migrazione soprattutto di neolaureati e, come sottolinea Daliolanes, qui si raggiunge il paradosso perché essendo l’Università greca gratuita ‘il contribuente greco paga per istruire medici e ingegneri che una volta laureati se ne vanno in Germania’ [pag. 19].
Qualche anno fa c’era la corsa di una parte della politica italiana per andare ad Atene, quando venne indetto il referendum sulla proposta di accordo europeo si sprecarono gli speciali televisivi, ora tutto tace mentre sarebbe il momento per denunciare la follia delle politiche europee.
Sul tema dell’immigrazione i due Autori hanno il merito di inquadrare, seppur nel breve spazio che dedicano all’argomento, la questione in modo più articolato di come spesso si sente fare nel dibattito politico italiano. Quando su ‘il fatto quotidiano’ del 5 settembre il candidato pd Carlo Cottarelli ha definito ‘poverelli’ gli elettori che si lamentavano dell’immigrazione, ha mostrato non solo tutto il disprezzo che certi politici nutrono per il popolo ma anche l’incapacità della politica, non degli elettori, di governare e di comprendere questi fenomeni. Lo spopolamento della Penisola ha portato già dalla seconda metà degli anni Ottanta ad un’afflusso di manodopera straniera ‘in condizioni salariali e di diritto inferiore a quella degli italiani’ [pag. 57], oggi la battaglia non deve essere contro gli immigrati ma per i salari. Per dare risposte occorrerebbero politiche espansive, invece l’unica risposta che arriva è quella della contrazione salariale, che di conseguenza causa la compressione della domanda. Come l’Italia e l’Europa affrontano questo problema? L’analisi dei due Autori è impietosa ‘l’approccio che ha l’Ue nei confronti dei migranti è sostanzialmente di guerra’ [pag. 67], il caso libico è emblematico e su questo mi permetto di osservare che mentre una certa sinistra si è indignata (giustamente) per le politiche di Salvini sui respingimenti, poco ha detto sulle politiche enormemente peggiori di Minniti.
Il terzo capitolo è dedicato alla crisi politica. La cifra dell’Italia ed in generale dell’Occidente è che la forza del capitale finanziario blocca l’autonomia delle scelte politiche, è un tema che molto bene ha sviscerato Alfredo D’Attore, secondo il quale l’ordoliberismo ha come obiettivo quello della spoliticizzazione, evitare che la politica modifichi le leggi economiche che sono leggi di natura rispetto alla quali nulla può essere mutato. Come afferma Daliolanes ‘i politici oramai servono gli interessi dell’élite economica e per fare questo non servono certo politici capaci e coraggiosi’ [pag. 85].
In quest’ottica andrebbe approfondito maggiormente il tema dell’antifascismo, perché è giusto condannare l’assalto alla sede della CGIL da parte di militanti di estrema destra, ma va colto il nesso fra fascismo e finanza la quale è responsabile delle gravi limitazioni democratiche del nostro Paese. Gli episodi pericolosi non sono solo limitati alle azioni di piccoli gruppi squadristi, recentemente sono stati arrestati alcuni sindacalisti (ordinanza poi annullata dal Tribunale del riesame) per estorsione, un fatto gravissimo che confonde l’arricchimento personale con la battaglia sindacale per i diritti e il salario.
La parte finale sul conflitto ucraino mette in evidenze tutti gli errori delle politiche occidentali, non solo il sostegno acritico dato ad un Presidente, Zelensky, che nel messaggio al Parlamento greco ‘ha ringraziato includendo due nazisti del Battaglione Azov’ [pag. 94], ma anche l’incapacità di prospettare una via di pace fino ad arrivare all’assurdo di attaccare o censurare le parole del Papa. Questa crisi porta con sé un’altra conseguenza, la marginalizzazione del mediterraneo. Come scrive Palmisano ‘il provincialismo della politica italiana ha escluso dal dibattito mediatico il Mediterraneo’ [96], l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato sposterà ancora di più le politiche dell’alleanza atlantica su posizioni antirusse marginalizzando gli interessi italiani. Ma si sa, l’adesione alla Nato non è materia di confronto democratico.
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