Recensione al libro “Continente Eurasiatico”di Marco Pondrelli

Pondrelli CONTINENTE EURASIATICO Interadi Giuseppe Amata

1. Inizio questa breve recensione al libro, in cui l’Autore attraverso un’analisi dettagliata delle multiformi realtà nazionali e statuali, ricomposte in un contesto unitario non statico ma dinamico, vale a dire un quadro d’insieme che tiene conto delle situazioni mutevoli che si determinano in seguito alle esplosioni delle tante contraddizioni del mosaico, correttamente esposte ed approfondite, ponendomi una domanda di fantapolitica: E se la Cina e la Federazione Russa, i due maggiori soggetti del continente eurasiatico, passassero dal partenariato strategico costruito nel corso degli ultimi vent’anni (a partire dalla creazione dell’Organizzazione per la Cooperazione Economica sancita a Shanghai) ad un’alleanza vera e propria come quella firmata nel 1950 a Mosca da Stalin e Mao con il Trattato di mutua assistenza, cosa accadrebbe al vasto continente che comprende Europa e Asia artificialmente separato dalla Guerra fredda con due locuzioni geografiche inappropriate sulle quali sono stati inventati un mito ideologico positivo “l,Occidente” foriero di democrazia, sviluppo e benessere, il quale comprende Paesi che geograficamente si trovano ad oriente (Giappone, Australia, Nuova Zelanda) e un generico Oriente, o meglio antiOccidente, il quale dopo il crollo dell’Unione Sovietica è contraddistinto come un coacervo negativo che comprende “dittature comuniste” (Cina, Corea del Nord, Vietnam, Laos e Cuba) o post comuniste (Russia, Bielorussia), “fondamentaliste” (Iran soprattutto) e Paesi in via di sviluppo non legati all’Occidente, definiti di volta in volta “tribali”, “primitivi”, “culturalmente arretrati” o in mano a “dinastie militari” sol perché hanno rifiutato di essere assoggettati politicamente, economicamente e militarmente all’Occidente?

2. Il libro di Marco Pondrelli offre un bel quadro di lettura per capire l’evoluzione del continente eurasiatico e per rispondere alle tante domande che detta evoluzione suscita, un quadro di lettura che non lascia nessuna fetta territoriale, seppur piccola, all’analisi. Un libro, quindi, ricco di informazioni,  puntiglioso nelle ricerche bibliografiche, che riporta pareri diversi, la cui disamina articolata ed approfondita permette di cogliere i bandoli delle diverse matasse, a volte aggrovigliate, e non smarrisce il filo conduttore del suo ragionamento. Che si può sintetizzare nella frase riportata nel primo capitolo: “L’egemonia mondiale del XXI secolo sarà garantita dal controllo dell’Eurasia ed è quindi su di essa che si addensano le tensioni” (p. 19) e come dicevo prima queste tensioni sono analizzate attentamente sia nel loro particolare che nel contesto generale. Perché in ultima analisi molte di queste sono scaturite dopo il 1989, quando gli Stati Uniti e la Nato, con l’appendice dell’Unione Europea “hanno ridisegnato il mondo secondo i propri interessi: Iraq, Jugoslavia, Afghanistan, ancora Iraq, Libia, Siria e Ucraina sono le tappe fondamentali non uniche di questo percorso” (p. 24). E di fronte a questo disegno imperialistico sta sviluppandosi giorno dopo giorno la contrapposizione di Cina (in seguito alla sua grande crescita economica e al maggior ruolo politico negli affari internazionali) e di Russia con la leadership di Putin dopo la “sbornia liberista di Eltsin” e il disastro che ha provocato.

3. Con il passare degli anni, quindi, e con il maggior ruolo di questi due Paesi, a cominciare dal continente eurasiatico, la cortina di ferro imposta dagli Usa verso quelli che considerano loro nemici, spiega Marco Pondrelli, è passata dal muro di Berlino e dall’Europa orientale verso gli oceani Indiano e Pacifico, laddove si deciderà per i prossimi decenni il rapporto di forza tra grandi potenze. La spiegazione è corredata con dettagliate analisi delle tendenze economiche, delle relazioni commerciali dei diversi Paesi interessati e  con le dislocazioni delle basi militari, quasi tutte americane, con previsioni sulle potenzialità future di queste tre grandi categorie e con l’aggiunta di una nuova categoria, la cyberguerra, per giungere alla conclusione che “dobbiamo abituarci ad una guerra combattuta quotidianamente sia con strumenti classici (come le spie e i sabotaggi), sia con nuovi strumenti (ad esempio le nuove tecnologie o la finanza)” e con il riconoscimento che “la fase che stiamo vivendo è una fase di passaggio: il vecchio ordine unipolare a guida statunitense è inefficace ma il nuovo ordine multipolare stenta a nascere” (pp. 167-168).

4. Condividendo quanto scritto nel libro, concludo ponendo tre interrogativi che possono sembrare di fantapolitica ma che a mio avviso potranno essere uno sviluppo delle principali tendenze e contraddizioni enunciate nel testo e si ricollegano alla domanda iniziale. Questi interrogativi sono i seguenti e possono far saltare l’attuale equilibrio geopolitico eurasiatico: 1) Cosa succederà nei prossimi due decenni in seguito alla politica cinese di riconversione ecologica e di innovazione scientifica e tecnologica che allenterà enormemente questo Paese dalla dipendenza energetica degli idro-carburi che oggi deve in gran parte importare, dato che la cui produzione nel proprio territorio è molto limitata rispetto al grande fabbisogno economico, pur considerando nel prossimo futuro eventuali estrazioni dagli isolotti del Mar Cinese meridionale rivendicati come parte del proprio territorio dopo l’occupazione imperialistica dalla fine dell’Ottocento fino ai nostri giorni con l’azione della Sesta flotta americana?; 2) Un futuro (non improbabile) governo di unità nazionale nella Federazione Russa con la cospicua presenza del Partito comunista, come risposta ai piani aggressivi della Nato ai suoi confini occidentali e meridionali che effetti determinerà nello scacchiere eurasiatico e nella nuova Cortina di ferro sui mari?; 3) Le grandi manifestazioni di massa che si sono svolte in India e la crisi economica e pandemica non risolte in questo Paese se muteranno gli equilibri interni come si ripercuoteranno al di fuori dei confini nazionali?