di Marco Pondrelli
Per riassumere la figura di Simón Bolívar basterebbero le parole del Ministro del Potere Popolare per la Cultura della Repubblica del Venezuela Ernesto Villegas Poljak, che firma la prefazione del libro, ‘Bolívar fece la guerra con le armi e con le parole, ma fece anche la pace’ [pag. 3].
Simon Bolívar rappresenta assieme ad altri grandi figure, come José Martí, Ernesto ‘Che’ Guevara e Hugo Chávez, una vita spesa combattendo per il panamericanismo. Il libro, curato da Giulio Chinappi, ne ripercorre la storia attraverso i suoi discorsi che vennero pubblicati da Blanco Fombona. Sul letto di morte il Libertador dell’America meridionale ‘chiede all’ultimo dei suoi fedelissimi, il generale di origine irlandese Daniel Florence O’Leary, di bruciare tutto l’archivio dei suoi scritti, lettere e discorsi. Per nostra fortuna, O’Leary non seguì queste indicazioni’ [pag. 194].
Grazie a questi scritti possiamo ricostruire le sue vicende personali ma anche un pezzo di storia del continente latino americano. Bolívar nacque a Caracas nel 1783 e morì a Santa Marta nel 1830, nonostante i due secoli che ci separano dai suoi discorsi gli stessi mantengono una forte modernità e parlano anche all’America latina contemporanea.
Nei discorsi del Libertador la lotta agli spagnoli si accompagna alla battaglia per la democrazia, infatti dopo avere sconfitto gli spagnoli e ripreso il controllo delle Province Unite della Nuova Grenada Bolívar il 2 gennaio 1814 affermò: ‘non sono io il sovrano. I vostri rappresentanti devono fare le vostre leggi: il tesoro nazionale nazionale non appartiene a chi vi governa’ [pag. 33]. La figura di Bolívar rappresenta bene il rivoluzionario che non si limita a combattere contro un potere ma ne fonda uno nuovo e lo dice chiaramente quando afferma che l’obiettivo è ‘espellere gli spagnoli e fondare un governo libero’ [pag. 67].
Fra le due battaglie, cacciare i colonialisti e costruire un nuovo ordine, c’è un denominatore comune, quando il Libertador disse ‘il soldato che espone la sua vita per difendere la vita e la libertà dei suoi concittadini merita una gratitudine generale; e le sue mancanze sono un giusto motivo per condividere con lui ciò che abbiamo di superfluo’ [pag. 47], la lotta di liberazione deve avere un forte sostegno popolare, non si può non pensare a von Clausewitz per il quale l’esercito più forte è quello che combatte per la propria Patria con il sostegno popolare. Quando il 10 novembre del 1817 ad Angostura si stabilì il Consiglio di Stato Bolívar affermò: ‘la considerazione popolare, che il Consiglio di Stato saprà ispirare, sarà lo scudo più forte del Governo’ [pag. 78]. A differenza di quello che molto spesso sarebbe successo in America latina l’obiettivo non era solo sostituire un governo con un altro ma cambiare un sistema di sfruttamento ed oppressione.
La storia di Bolívar non è solo lotta contro gli spagnoli per l’istituzione di un nuovo ordine ma è anche il tentativo di evitare le divisioni nel Continente, è l’obiettivo che in tempi e contesti diversi seguiranno altri grandi personaggi come José Martí, ‘Che’ Guevara, Fidel Castro, Hugo Chávez e tanti altri.
La storia di Simón Bolívar insegna che ‘non c’è perfezione nella servitù, né morale nel letargo delle facoltà attive dell’umanità’ [pag. 170] ed a chi dice che i cambiamenti richiedono pazienza egli risponde domandandosi se ‘trecento anni di calma non bastano? Ne vogliamo ancora altri trecento?’ [pag. 15]. Così come in passato si è combattuto il nemico principale, gli spagnoli, oggi il Continente latino americano alla luce della mai abbandonata dottrina Monroe deve lottare contro l’oppressione degli Stati Uniti che continuano considerare questa parte di mondo come il proprio giardino di casa.