La logica dello sterminio in Italia

cronachedauncampodabattagliadi Pasquale Cicalese

Una recensione di “Cronache da un campo di battaglia”, di Filippo Violi

Diciamolo subito, fin dalle prime battute, è l’urgenza del tempo che ce lo richiede: questo è un libro di denuncia sociale. 

Un romanzo che si allargherà di sicuro a macchia d’olio, come una lava incandescente che non potrà lasciare indifferenti, ma che creerà di sicuro, come lo stesso autore scrive, “ scoppi, sconquassi fin dentro l’animo del lettore, con lo stesso effetto di una pallottola vagante proveniente dalla canna del fucile”.

Scritto con raffinata leggerezza, con spigliato sarcasmo e con un’acutezza di pensiero che trascende ogni confine, l’autore con gioco d’astuzia è riuscito nell’arduo tentativo di mescolare nel romanzo l’arte della filosofia, della politica, dell’economia al fine di costruire un “sapere storico di lotta da consegnare alle future generazione”. 

Considerato un 1984 moderno, l’autore si fa cantore del disastro politico, economico e sociale che vive l’intero Paese e, più, specificamente un territorio periferico e marginale quale la Calabria, la sua amata terra. 

Il romanzo scritto in stile on the road, e portato a spasso con i tempi, in una sorta di danza immobile tra passato e presente, racconta le vicissitudini di un gruppo di lavoratori nella pubblica amministrazione che, nel loro procedere lavorativo e, quindi , nel loro divenire storico, si organizzano come piccolo esercito guerrigliero per combattere contro un codazzo di dirigenti, funzionari, politici e pletore di consulenti che continuano indisturbati nell’opera di saccheggio e di sperpero di denaro pubblico di provenienza comunitaria, mentre intorno tutto affonda. Si taglia la sanità, si taglia l’istruzione, si comprimono i salari, si smantellano i servizi e sembra non importare niente a questa gente, che si auto-perpetua con progetti e progettini, programmi formativi e prebende varie derivanti dal quel salvadanaio regionale conosciuto da tutti con il nome di POR Calabria.

Con un salto continuo nel tempo l’autore ci racconta gli effetti, delle politiche europee e dei governi nazionali che si sono succeduti nell’ultimo ventennio, su un territorio periferico e marginale quale il crotonese e la Calabria e del disastro attorno, dove gli enti, i territori, le città, spinti da patti di stabilità e vincoli di bilancio, stanno diventando dei veri campi di concentramento a cielo aperto.

Il finale è un avvento di luce e di bagliore, un ottimismo conquistato a morsi e attraverso un “lauta resistenza” condotta sul campo di battaglia. E nel procedere la filosofia della guerriglia che soggiace in tutto il peregrinare dell’opera, ci indica la strada da intraprendere per una presa di coscienza delle masse. Come dice l’autore “noi rappresentiamo i gialli pomeriggi di sole” contro il calcolo freddo, gelido e reazionario che incarna lo spirito tedesco”… 

Il sentiero è tracciato intorno a noi, saremo in grado di coglierne l’essenza dell’opera? 

I protagonisti nel loro peregrinare raggiungeranno la catarsi purificatrice di pensiero e l’opera teatrale racchiusa nell’appendice del libro ne è un esempio. Seguendo questo sentiero tracciato con lotta maniacale si cambieranno le carte in tavola, le regole assolute del gioco, che ci tengono imprigionati, avvolti nel grigiore della miseria, quelle stesse che ci stanno portando verso il solco storico chiamato medioevo. Il medioevo annunciato nel 1972 con il Piano Werner che stabiliva l’egemonia monetarista tedesca sull’intera Europa, fino ad arrivare al secondo Anschluss di questi ultimi anni, dopo quello della DDR e ora applicato alla periferia europea. Gli effetti ventennali dell’Anschluss tedesco su di un territorio periferico dell’Italia, qual è il crotonese, sono raccontati con precisione chirurgica. Dai fuochi del ’93 è una logica di sterminio che attraversa questo territorio con sperperi, clientelismo, tagli allo stato sociale, crescita di una borghesia parassitaria e truffe ultradecennali, nel mentre il proletariato scompariva e si ingrossavano le fila del sottoproletariato, ora ridotto alla miseria più nera, senza avere nemmeno quel sussidio di disoccupazione dei tedeschi dell’est. Sono gli effetti del secondo Anschluss, che portano alla fame più nera e alla devastazione morale di un’intera popolazione, nel mentre consulenti, dirigenti, politici e faccendieri si sbranano le poche risorse pubbliche che arrivano dai fondi europei, di cui non c’è traccia alcuna. Un mondo sommerso, privo di lotta, se non la guerra tra poveri, devastato e umiliato. I vent’anni delle politiche economiche deflazionistiche dei governi di centro-sinistra e centro-destra, secondo i dettami del monetarismo tedesco, raccontati da un piccolo ufficio di una pubblica amministrazione della periferia d’Italia. Ma potrebbe essere Torino e Bologna, gli effetti sarebbero gli stessi. Una sorte di terza guerra mondiale attraversa il territorio crotonese, tale per cui, parlando di Mezzogiorno, la Svimez arriva a dire di essere in presenza di un “genocidio sociale”. Se avete letto Anschluss di Vladimiro Giacché, leggete questo libro, i suoi effetti sociali ed economici sulla regione più povera e disgraziata d’Italia. Rimarrete stupefatti e la rabbia monterà, assieme a grasse risate. La tragedia umana del monetarismo tedesco. L’Anschluss in Italia. Buona lettura.

Filippo Violi, “Cronache da un campo di battaglia”, Imprimatur Editore, 2014, pagg. 216.