di Marco Pondrelli
Il libro di Leonid Savin è una raccolta di articoli che svariano su più temi di interessante attualità. Centrale in questo lavoro è il tema della guerra, che è tornato ad occupare il dibattito politico, l’Autore riporta le dichiarazioni di Martin Dempsey secondo il quale ‘oggi, la probabilità che gli Stati Uniti partecipino a una guerra tra Stati contro una potenza importante è valutata come bassa ma in aumento’ [pag. 98]. Cosa aumenta i rischi di guerra? Per Savin è il ruolo sempre più importanti di quelli che gli USA definiscono gli ‘Stati revisionisti’ (Russia, Cina, Iran e Corea del nord), i quali minacciano il ruolo unipolare degli Stati Uniti.
Il libro si concentra sugli strumenti con cui questa guerra può essere combattuta a partire dal concetto di cybergeopolitica. La formazione filosofica dell’Autore lo porta a rintracciare le radici del significato di ‘cibernetica’ in Platone che ne ‘le Leggi’ definisce questa come ‘l’arte del timoniere’, successivamente André-Marie Ampere scrisse che il governo ‘deve scegliere costantemente tra le varie misure, quella più adeguata al raggiungimento dell’obiettivo’ [pag. 106]. Possiamo definire la cibernetica come la capacità di gestire informazioni e prendere decisioni coerenti con gli obiettivi che ci si è dati. A causa dello sviluppo delle nuove tecnologie questo concetto si è rafforzato e trasformato e secondo Daniel Coelho va diviso in tre elementi ‘primo, rete di comunicazione, secondo il messaggio contenuto e terzo il concetto dell’effetto ottenuto a partire dal messaggio’ [pag. 108]. La forza delle reti, la disparità mondiale delle stesse e la loro ‘appartenenza’ nazionale spiega il senso della cybergeopolitica. Le grandi piattaforme mondiali (google, facebook, twitter…) non rappresentano un potere neutro ma politicamente orientato da uno Stato e da chi lo governa, basti pensare al ruolo, sottolineato da Savin, che questi strumenti hanno nelle cosiddette rivoluzioni colorate [169]. Alla luce di queste riflessioni acquista ancora più significato il ragionamento che Francesco Galofaro ha svolto sulla ‘sovranità algoritmica‘.
Le nuove tecnologie informatiche aprono la strada a quella che il generale Fabio Mini nel suo libro ‘che guerra sarà’ definisce la ‘guerra nel cyberspazio’ destinata a cambiare il concetto di guerra. Scrive Fabio Mini ‘il campo di battaglia sarà popolato da un minor numero di umani ma questi avranno capacità fisiche e mentali migliorate in grado di percepire l’ambiente e dargli un senso'[1].
Il tema della guerra si lega al ruolo degli ‘Stati revisionisti’ ma più in generale per Savin all’Eurasia. L’assedio all’Eurasia è mantenuto con quella che l’Autore definisce la guerra di idee, il soft power, [pag. 178] ma anche con l’hard power. L’asse Europa-Russia in grado di guardare verso la Cina, tema affrontato anche da Alberto Bradanini nel suo libro, è stato messo in crisi dall’intervento statunitense in Ucraina, laddove non ci si è fatto problema ad utilizzare la peggiore marmaglia nazista per condurre il colpo di Stato e la successiva politica anti-russa del governo proprio per bloccare l’asse russo-europeo (meglio ancora tedesco).
L’analisi dell’Eurasia diviene quindi centrale. Oltre ad una riflessione geopolitica ne va fatta però anche una politica ed è l’apprezzamento verso Dugin a lasciare perplessi. Non perché il filosofo russo non riconosca il ruolo importante all’asse Russia- Iran – India – Cina in chiava antistatunitense ma perché il suo antioccidentalismo sconfina nell’anti-illuminismo arrivando ad affermare ‘le società tradizionali, che considero più armoniose, riconoscevano apertamente le gerarchie, le caste'[2]. È una posizione che in Russia ha una sua tradizione, la contrapposizione fra occidentalisti e slavofili può essere riassunta nei due personaggi dell’Eugenio Onegin di Puškin, dove al personaggio sensibile ai valori occidentali, Onegin, si contrappone Tatiana che diventa il simbolo della Russia tradizionale. Il rifiuto dell’Occidente è divenuto un rifiuto dell’illuminismo, per la parte più conservatrice il compito della Russia è difendere quelle radici che l’Europa sta recidendo. Sono gli stessi che considerano la Rivoluzione del ’17 il tentativo di occidentalizzare la Russia.
Di fronte ad un capitalismo occidentale quanto mai aggressivo all’interno della Russia gli ‘occidentalisti’ sono una lobby liberale molto pericolosa [pag. 114], di conseguenza parte dell’opposizione a queste posizione di incardina su posizioni conservatrici (se non addirittura reazionarie). Di diverso spessore le posizioni, che l’Autore riporta, di Primakov il quale ha speso la sua vita politica a costruire un asse con la Cina ma lo ha fatto, anche nella sua breve esperienza come Primo Ministro, su posizione progressiste e di rafforzamento del contesto democratico. Come è stato ben argomentato il sovranismo, per quanto questa definizione sia molto vaga ed altrettanto poco chiara, non può essere slegato dal tema della lotta di classe.
Note:
1. Mini Fabio, Che guerra sarà, il Mulino, Bologna, 2017, pag. 142.
2. Benoist Alain e Dugin Aleksandr, Eurasia. Vladimir Putin e la grande politica, controcorrente, Napoli, 2014, pag. 105.