
di Marco Pondrelli
Conosciamo Sara Reginella per il suo ottimo lavoro di denuncia dei crimini ucraini nel Donbass ed anche questo nuovo libro è un ottimo contributo per capire la realtà che ci circonda. Dopo il febbraio 2022 i mass media hanno assunto un ruolo fondamentale per legittimare la guerra, questo isterismo si è rafforzato dopo il litigio in diretta mondiale fra Trump e Zelensky, come scrive Luciano Canfora nella prefazione siamo tornati a Ezio Maria Gray, che in un suo scritto del 1943 ‘il fascismo e l’Europa’ sostenne che quest’ultima aveva due nemici Russia e America. Proprio per questi ultimi avvenimenti il libro di Sara Reginella è ancora più importante.
L’Occidente si è impegnato in questa guerra con il supporto dei mass media, che hanno presentato gli evento del febbraio 2022 come un fulmine a ciel sereno, prima non c’era nulla e l’avvio dell’operazione speciale è stato l’anno zero della storia. Per mistificare questa narrazione Sara Reginella riavvolge il nastro e parte riportando l’articolo della rivista tedesca der Spiegel, nel quale si afferma che in una riunione dei dirigenti politici dei Ministeri degli esteri degli Stati Uniti, del regno Unito, della Francia e della Germania, Raymond Seitz rappresentante USA affermò che ‘la NATO non si espanderà verso est né formalmente né informalmente’ [pag. 14]. Il tradimento di questa promessa è alla base delle tensioni cresciute in questi anni, come rivelò lo stesso Stoltenberg Putin cercava un impegno della NATO a non espandersi ad est, cosa che ovviamente non gli venne concessa.
L’espansione statunitense è stata formale ma anche informale, sebbene l’Ucraina non sia un Paese NATO già dal 2014 l’alleanza era presente e operativa sul suo territorio. Questa presenza si è accompagnata ad un’azione destabilizzante da parte di politici e diplomatici, a tal proposito non si può che condividere l’osservazione dell’Autrice la quale evidenzia come sarebbe impossibile vedere diplomatici cinesi o russi partecipare a manifestazioni contro i governi occidentali. Questa pratica di destabilizzazione non è nata in Ucraina nel 2014 ma nel 1983 con Reagan nacque il National Endowment for Democracy (NED) [pag. 22], che ha negli anni finanziato movimenti volte a rovesciare governo in giro per il mondo. L’Autrice ricorda giustamente il ruolo di Otpor! (che godeva di grade simpatia di una certa sinistra) finanziata dalla NED. Ricordiamo che Otpor! lavorò contro Slobodan Milošević a sostegno dell’azione statunitense. La lista degli interventi statunitensi è lunga, come giustamente sottolinea l’Autrice non si tratta di disconoscere le giuste motivazioni di chi protesta ma il sostegno straniero a queste iniziative svolge un ruolo oggettivamente destabilizzante.
Così come le proteste contro un governo devono godere di attrazione verso le masse anche le guerre devono avere consenso. È impossibile chiedere sacrifici umani ed economici a un popolo con argomenti di carattere geostrategico, per convincerlo serve altro. Sara Reginella parla di ‘terrorismo emozionale’ [pag. 36] quindi non si tratta di portare la NATO ad est si tratta di difendere la democrazia, come ebbe a dire la von der Leyen nel salotto occidentalista di Fabio Fazio. È la stessa logica che presenta Israele come una democrazia attenta ai diritti LGBTQ contrapposta all’oscurantismo islamico, è quindi normale e rassicurante mostrare la foto di un soldato che prima di entrare a Gaza si fa fotografare con la bandiera arcobaleno. Il messaggio che si vorrebbe fare passare è che Israele commette (forse) qualche errore ma è dalla parte giusta.
Lo stesso copione è stato presentato in Russia anche se questa volta a parti invertite, le pussy riot si sono appropriate di una simbologia ‘rivoluzionaria’ sfoggiando magliette con la scritta ‘no pasaràn’ ma sostenendo la candidatura di Chodorkovskij alle elezioni, oppure dando supporto al battaglione Azov [pag. 50], lo stesso può dirsi delle Femen accomunate alle pussy riot anche del loro silenzio sulla Palestina.
Per convincere un popolo a combattere una guerra si costruisce una narrazione di guerra, che non solo definisce l’alleato come sempre vincente e il nemico in rotta (Istituto Luce docet!) ma mistifica anche la storia. Jacob Burkhardt diceva che la storia sono quelle nozioni che una civiltà ritiene rilevanti in un’altra civiltà, questo vuole dire che non solo la storia parla ‘al’ presente ma anche ‘del’ presente. Questo travisamento porta a disconoscere il ruolo dell’Unione Sovietica nella lotta al nazismo, quindi si può non invitare la Russia all’anniversario della liberazione di Auschwitz-Birkenau, nello stesso momento in cui si ‘pulisce’ la storia dell’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN) dall’antisemitismo o mentre si recupera la figura del collaborazionista Bandera.
Non mancano in questa carrellata le immagini iconiche, essendo questo un libro sulla guerra in generale e non solo su quella combattuta in Ucraina, Sara Reginella inizia ricordando la fotografia del cormorano durante l’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq, un falso (al pari della storia dei soldati iracheni che toglievano i neonati dalle incubatrici) che serviva a convincere l’opinione pubblica che la guerra fosse giusta. Si possono citare molti episodi simili, in quella che l’Autrice definisce ‘pornografia del dolore’ [pag. 90]. Siamo in presenza di una manipolazione emozionale, immagini iconiche, slogan e parole d’ordine semplici (e false) e mistificazione della storia devono giustificare la guerra.
Il ruolo del giornalismo e della agenzie stampa è quindi fondamentale, come la Rendon Group che vanta contatti con la CIA ed ebbe un ruolo determinante nella prima guerra del golfo (con la sopracitata fotografia del cormorano) e nella seconda con la costruzione della teoria delle armi di distruzione di massa. Assieme a queste realtà ci sono molti giornalisti che sostengono convintamente questa disinformazione, basti pensare alla prima pagina de ‘la Stampa’ sul missile lanciato su Donesk che veniva implicitamente attribuito a russi o alla fesseria dei forni crematori ambulanti. Di fronte a questo ci sono giornalisti che nell’indifferenza occidentale, muoiono in Palestina e che in Ucraina sono intimiditi o uccisi perché denunciano i comportamenti criminali del governo. La nota positiva e che però l’opinione pubblica, anche italiana, è sempre meno sensibile e condizionabile dalla bugie di guerra, il mondo dei salotti televisivi e sempre più staccato dalla realtà, parla a pochi intimi già convinti mentre il mondo va in un altra direzione.
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