L’arco dell’impero. Con la Cina e gli Stati Uniti alle estremità. Qiao Liang

di Marco Pondrelli

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Recentemente il generale Fabio Mini ha curato l’edizione italiana dell’importante libro di Qiao Liang, ‘L’arco dell’impero’. La prefazione di Mini da sola rappresenta un libro nel libro, per la profondità e l’articolazione dell’analisi, oltre a mettere a fuoco gli assi fondamentali del pensiero del generale cinese spiega accuratamente chi è Qiao Liang, perché per comprendere il suo lavoro è importante conoscere il ruolo politico che ricopre nell’esercito cinese in cui ogni comandante è affiancato da un ufficiale del Dipartimento Politico. Von Clausewitz scrisse che la guerra e la prosecuzione della politica con altri mezzi, questo vuole dire che la guerra continua ad essere politica, gli obiettivi strategici di una guerra sono politici, quando Georges Clemenceau affermò che ‘la guerra è una cosa troppo seria per lasciarla in mano ai militari’ afferrava l’importanza della politica, ecco perché la figura ‘politica’ di Qiao Liang è rilevante.

Alla luce di questa breve premessa si può capire il peso e l’importanza che ha questo scritto. Gli Stati Uniti sono in una fase declinante della loro storia e come afferma l’Autore ‘il declino degli imperi è un’inevitabilità storica’ [pag. 66], ma quando si parla di USA di che impero si parla? Non di un impero coloniale in senso classico, gli Stati Uniti sono un impero ‘finanziario costruito sul dollaro’ [pag. 67]. L’anno zero di questa storia è il 15 agosto 1971, quando gli Stati Uniti bloccarono la convertibilità del dollaro con l’oro ponendo fine agli Accordi di Bretton Woods. Da quel giorno il dollaro è diventato solo un pezzo di carta che deve essere accettato in tutto il mondo, due anni dopo in conseguenza della guerra del Yom Kippur, gli USA completarono il lavoro legando la loro moneta al petrolio. Questo privilegio venne criticato già dell’ex Presidente cinese Hu Jintao il quale affermò che “l’attuale sistema valutario è un prodotto del passato” per poi spingersi oltre e criticare la Federal reserve sostenendo che “la politica monetaria americana ha un forte effetto sulla liquidità globale dunque la liquidità americana dovrebbe essere tenuta su livelli ragionevoli e stabili1”. La parte finale del ragionamento di Hu Jintao è riassumibile nella formula nota come il ‘Dilemma di Triffin’ che coglie l’inconciliabilità delle politiche che presiedono i due ruoli diversi del dollaro, nazionale e mondiale.

Ponendo alla base del proprio ragionamento questo concetto l’Autore arriva a delineare la guerra moderna come una guerra finanziaria, gli Stati Uniti hanno bisogno di fare affluire capitali e ‘questo è il vero motivo per cui, negli ultimi venti anni, gli Stati Uniti hanno combattuto le guerre in Iraq e Kosovo una dietro l’altra e per cui si sono precipitati a prendere parte a quella dell’Afghanistan in nome della lotta al terrorismo’ [pag. 113]. La guerra si spiega alla luce di queste considerazioni occorre fare affluire capitali negli USA e per farlo occorre creare destabilizzazione, può sembrare una teoria complottista spinta all’estremo ma le conseguenze della guerra in Kosovo furono che 400 miliardi di dollari si spostarono dall’Europa agli Stati Uniti, sono gli stessi meccanismi che presiedono alla guerra in Ucraina, che è una guerra contro l’Europa.

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Ho toccato i temi elaborati da Qiao Liang, in termini molto più modesti di come ha fatto lui, nel mio libro Continente Euroasiatico. In questo volume individuavo questa come la nuova frontiera dello scontro globale. Il caso di scuola fu quello russo del ’98, un default che venne guidato politicamente ma si potrebbe citare il Libano e molti altri casi.

Per seguire questa strada gli Stati Uniti hanno avviato una massiccia de-industrializzazione del Paese, si racconta che quando l’allora Presidente Obama chiese a Steve Jobs cosa avrebbero potuto fare gli USA per riportare in Patria i posti di lavoro della Foxconn, la risposta del Chef di Apple fu lapidaria, questi posti di lavoro non torneranno mai. Se guardiamo alla storia statunitense degli ultimi anni ci accorgiamo che i tentativi di Obama, Trump ed anche del confuso Biden sono stati di re-industrializzare il Paese. Questi tentativi sono falliti perché per raggiungere questo scopo occorre accettare lavori con salari più bassi, la conclusione è che dalla finanziarizzazione è difficile uscire con le proprie gambe. La crisi degli USA è la crisi di un enorme e statuale ‘schema Ponzi’ che è arrivato al limite della sostenibilità [pag. 160].

Il declino dell’impero americano prepara la nascita del nuovo mondo multipolare, in questo due sono i temi che meritano di essere colti. Il primo è la diffusione di internet che per l’Autore mette in crisi il modello di democrazia occidentale, distruggendo l’impero e contribuendo a ‘decentralizzare’ il potere [pag. 166], il secondo elemento è la nuova via della seta. La Cina non vuole essere il nuovo impero mondiale vuole contribuire ad un nuovo mondo multipolare, per farlo la prospettiva è di lunga durata, Qiao Liang lo definisce ‘un obiettivo di cent’anni’ [pag. 239], chiarisce infatti che ‘se c’è solo una ferrovia per l’Europa, allora non ha scampo. Qualsiasi Paese lungo la strada si sentirà in diritto di chiedere soldi. Ma se ci sono molte strade aperte, allora qualsiasi altro Paese capirà che tagliare le ferrovie della Cina significa privarsi di una sola via di sostentamento, perciò sarà meno incline a farlo’ [pag. 239].

concludendo si può affermare che siamo in un periodo di passaggio, è difficile capire oggi quale sarà il nuovo mondo quello che possiamo dire è che il mondo multipolare statunitense è finito ed un nuovo ordine multipolare potrebbe aiutare una ripresa delle forze democratiche e progressiste anche in Italia.

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Note:

1Platero, Mario; Hu: il dollaro al tramonto; il sole 24 ore, 18 gennaio 2011

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