di Marco Pondrelli
La questione meridionale rientra nel dibattito politico e accademico sono in modo macchietistico, basti pensare alla scena patetica consumatasi in Parlamento quando è stata votata l’autonomia differenziata, con i deputati di FdI costretti a votare un testo per loro indigeribile e il Pd, primo responsabile della riforma del Titolo V, convertito alla difesa dell’unità nazionale e pronto ad intonare l’inno di Mameli. Se questo è il livello della politica italiana c’è da preoccuparsi o da rassegnarsi…
Il libro di Angelo Calemme è un contributo importante alla conoscenza di quello che rimane un nodo irrisolto della politica italiana. Nell’introduzione l’Autore chiarisce i tre pilastri su cui costruisce la sua riflessione: il primo è quello del proletariato esterno che riguarda le regioni o le nazioni escluse dallo sviluppo, il secondo è lo studio del progetto di trasformazione e infine un’analisi che riguarda l’intersezione di due piani quello italiano e quello europeo.
La prima parte del libro ripercorre la storia del meridione pre-unitario, sfatando il mito di una regione arretrata e povera, lo sviluppo di un proto-capitalismo era figlio anche di una profonda riflessione di importanti figure come quella di Antonio Genovesi che nel Settecento affermava: ‘se le questioni dell’arretratezza culturale ed economica, o sociale e politica, del Regno non possono ricondursi al suolo o al clima, lo stesso vale anche per le insinuazioni sulla poltroneria, lusso, costumi decadenti dei meridionali, mancanza di una fede per la sfera pubblica e privata, tratti questi da ascrivere soltanto alla povertà estesa, all’ineguaglianza della distribuzione delle fortune, al parassitismo dei ceti privilegiati’ [pag. 47]. Sono parole che avrebbe dovuto conoscere chi ai tempi della crisi greca, contrapponeva il lassismo meridionale alla laboriosità del nord, dando voce ai peggiori preconcetti razzisti.
Il ‘riformismo borbonico’ che si tentò di sviluppare fu il tentativo di dare un’applicazione concreta agli ‘insegnamenti galileiano-newtoniani’ [pag. 49]. Nel testo di Calemme c’è una approfondita analisi storica dello sviluppo economico-industriale del mezzogiorno prima dell’Unità nazionale, a tal proposito è interessante riportare nella sua interessa la citazione che l’Autore fa di un testo di Francesco Saverio Nitti: ‘nel 1860 la situazione del Regno delle Due Sicilie, di fronte agli altri stati della Penisola era [tutto sommato] la seguente, data la sua ricchezza e il numero dei suoi abitanti: 1. le imposte era inferiori a quelle degli altri stati. 2. I beni demaniali ed i beni ecclesiastici rappresentavano una ricchezza enorme, e, nel loro insieme, superavano i beni, della stessa natura, posseduti dagli altri stati. 3. Il debito pubblico, tenuissimo, era quattro volte inferiore a quello del Piemonte, e di molto, inferiore a quello della Toscana. 4. Il numero degli impiegati, calcolando sulla base delle pensioni del 1860, era di metà che in Toscana e di quasi metà che nel Regno di Sardegna. 5. Le quantità di moneta metallica circolante, ritirata più tardi dalla circolazione dello Stato, era in cifra assoluta due volte superiore a quella di tutti gli altri stati della Penisola uniti insieme’ [pag. 137].
L’Unità italiana porta ad una crisi del mezzogiorno che diventa il mezzo che garantisce il fine, ovverosia lo sviluppo del settentrione che drena risorse dal sud per sostenere la sua industrializzazione. La nascita di quello che Marx definiva il lumpenproletariat si accompagna, secondo Calemme, alla nascita di una lumpenborghesia. Il meridione è stato distrutto impedendo la sua industrilizzazione, in questo senso per l’Autore l’errore di Gramsci e di Togliatti fu non capire che l’unità della classe operaia del nord con le masse proletarie del sud non era possibile. La nascita dell’Unione europea peggiora questa situazione, in questo senso l’analisi di Calemme ricorda quella che Vladimiro Giacché espone nel suo Anschluss, ‘il Trattato di Maastricht non promuove realmente l’integrazione, ma la disintegrazione’ [pag. 216], la successiva nascita dell’Euro ha poi sostituito la svalutazione della moneta con quella del lavoro.
Le analisi qui brevemente riassunte meritano un’attenta lettura perché molte più complesse ed esaustive di come le si possa riassumere. Lo stesso interesse è da rivolgere alle conclusioni, con il recupero dell’elaborazione teorica di Nicola Zitara con la sua analisi sulla colonizzazione del sud d’Italia, si può dissentire sulla proposta di ‘separatismo rivoluzionario’ ma occorre prendere atto che le soluzioni dei problemi del mezzogiorno al momento non si discostano molto dalle politiche giolittiane. Anche fra i comunisti il dibattito sulla questione meridionale ha perso peso, ecco perché il libro di Angelo Calemme merita un attento studio.
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