La questione di Taiwan e la riunificazione pacifica della Cina. M. Costa A. Turi S. Vernole

di Marco Pondrelli

Gli opinionisti mainstream sembrano avere già individuato la prossima crisi internazionale: Taiwan. Si sono sentiti professori universitari e giornalisti (di cui taciamo il nome) affermare che Taiwan è uno Stato indipendente che va difeso dall’imminente invasione cinese. Come spesso succede quando all’ignoranza si somma il fervore ideologico i risultati sono preoccupanti, ci sono persone che invocano la guerra probabilmente senza neanche capire il significato delle proprie parole.

Per affrontare la questione di Taiwan consiglio la lettura di questo libro appena uscito che è impreziosito dalla prefazione del Console Generale cinese di Milano Liu Kan. I tre autori ricostruiscono la lunga storia dell’isola, evidenziando la presenza cinese da tempi molto antichi. Scrive Marco Costa ‘ormai quella cinese era ampiamente la prima comunità etnica sull’isola: nel 1777 la popolazione han era arrivata a 800 mila abitanti, mentre nel 1824 avrebbe raggiunto la cifra di 1,8 milioni [pag. 15]. Successivamente e fino al 1949 molte nazioni tentarono di conquistare l’isola per poterne sfruttare la rilevante posizione strategica.

La fine della Seconda Guerra mondiale con la definitiva sconfitta del Giappone apre lo scontro interno alla Cina, le armate di Mao, come ammette anche Kissinger nel suo libro ‘Cina’, erano non solo meglio organizzate e più forti ma avevano anche un rapporto organico con il mondo contadino, si potrebbe affermare che i comunisti erano già Stato. Il sostegno che gli Stati Uniti diedero al Kuomintang fu un errore sotto tutti i punti di vista, a fronte di quella che Costa definisce una sollevazione popolare ‘a nulla valse l’appoggio americano alle truppe nazionaliste e nemmeno l’uso strumentale dei giapponesi’ [pag. 26]. Le armate del Kuomintang fuggirono a Taiwan e da quel momento si presentarono come legittimi rappresentanti della Cina, riconosciuti dall’ONU fino al 1972. La RPC continua a considerare Taiwan una provincia ribelle e, in forza di un consenso internazionale ribadito dalla ‘Dichiarazione del Cairo” del 1° dicembre 1943 e dal ‘Trattato di Postdam’ del 26 luglio 1945, ritiene questa una questione interna.

Dopo avere analizzato le difficoltà attuali attraverso il saggio di Vernole, il libro si chiude con l’analisi di Turi che ripercorre le posizione della dirigenza cinese da Deng Xioping a Xi Jinping. Ad oggi la Cina considera fondamentale la riunificazione con la ‘provincia ribelle’, sostiene però che questa riunificazione debba avvenire pacificamente e consensualmente. L’uso della forza viene preso in considerazione solo nel caso in cui dovessero emergere posizioni indipendentiste. È questo il vero pericolo per la pace, se gli Stati Uniti spingessero Taiwan a dichiarare la propria indipendenza si assumerebbero la responsabilità del conflitto. Quando Carter, pur non senza ambiguità, riconobbe la RPC come unica rappresentante della Cina definì chiaramente la posizione di Washington che oggi alcuni vorrebbero modificare.

La Cina non ha alcun interesse a scatenare una guerra contro gli stessi cinesi che vivono a Taiwan, guerra che produrrebbe grandi tensioni a livello mondiale. La stessa economia dell’isola risentirebbe gravemente del venire meno del proprio primo partner commerciale [pag. 45]. Non c’è all’orizzonte l’ipotesi di un’invasione cinese, le esercitazioni militari avvengono sempre in risposta alle provocazioni statunitensi (che spesso e volentieri la stampa italiana sottovaluta), come la visita di Nancy Pelosi.

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