La Nato in guerra. Dal patto di difesa alla frenesia bellica. Fabio Mini

di Marco Pondrelli

La nuova collana; Orwell, della Casa editrice Dedalo curata da Luciano Canfora promette di regalarci libri molto interessanti. Questo del generale Fabio Mini ne è la prima conferma. Come sempre nel dibattito italiano la questioni anche serie, si trasformano in farsa. La Nato non è un’organizzazione militare ma un atto di fede e quindi come tale non sottoposto al vaglio del voto e del controllo democratico. Nel momento in cui, come scrive Luciano Canfora nella prefazione, ci troviamo di fronte ad un ‘grande impazzimento’ che ricorda quello descritto da Thomas Mann ne ‘la montagna incantata’, tentare di capire e di andare oltre i dogmi fideistici è essenziale.

Fabio Mini ha il merito di riportare la Nato all’ambito dei fatti terreni e per fare questo inizia raccontando la genesi di questa alleanza. È necessario conoscere il Trattato che istituisce la Nato per vedere come oramai l’alleanza sia divenuta altro, scrive l’Autore: ‘con l’intervento nei Balcani [la Nato N.d.A.] ha riportato la guerra in Europa e violato il diritto internazionale e i princìpi del suo stesso Trattato’, la guerra oggi ‘è sempre pretesto di sé stessa’ [pag. 11]. Di un’alleanza militare si iniziò a riflettere dopo la presa del potere da parte del Partito Comunista in Cecoslovacchia. Era stata Jalta a mettere ordine nel quadro internazionale, laddove come ben scrive Mini ‘americani e inglesi uscirono con un respiro di sollievo: Stalin non aveva approfittato della propria posizione di forza sul terreno in Europa’ [pag. 19].

I prodromi della futura alleanza atlantica si ritrovano nel Trattato di Dunkerque firmato da Francia e Regno Unito il 4 marzo 1947, pensato però in funzione della possibilità di una nuova aggressione tedesca. Dopo la guerra il nemico viene individuato ad est, in particolare nell’Unione Sovietica (pur se mai menzionata nei 14 articoli del Trattato). Il vero cambiamento arriva con l’ingresso degli Stati Uniti, il Regno Unito accetta di non essere più lo Stato guida di quest’alleanza e gli USA abbandonano quello che rimaneva dell’ideologia wilsoniana. Come ricorda molto bene l’Autore 8 dei 14 firmatari del Trattato istitutivo dell’alleanza areno stati coloniali, in particolare oggi è significativo ricordare che fino agli anni cinquanta la Groenlandia era una colonia danese, sarebbe importante dire che essa ha diritti di decidere in autonomia il proprio futuro.

Analizzando e spiegando i 14 articoli che compongono in Trattato, Mini afferma in modo chiaro come lo stesso articolo 5 non è un automatismo come invece oggi cercano di farci credere. Inoltre leggendo il Trattato ci si rende conto di come l’espansione della Nato sia contraria ad esso. Portare l’alleanza ai confini russi non è stato solo un errore politico ma ha anche aumentato l’insicurezza europea.

La Nato rappresenta quindi l’impossibilità della nascita di una forza di difesa europea, cosa coerente con l’atavica paura dell’anglo-sfera che un’Europa unita e autonoma possa diventare un partner della Russia. Come spiega Mini nel 1943 per il comandante il capo delle forze statunitensi, Eisenhower, i comandi a lui subordinati erano ‘alleati’, questa atteggiamento alimentò in De Gaulle l’idea che più che di alleanza bisognava parlare di sudditanza.

Nonostante i tanti tentativi che si sono susseguiti dall’implosione dell’URSS per dare una nuova mission all’alleanza essa rimane orientata in chiave anti-russa. Ci sono 343 in Europa a cui se ne aggiungo 70 in Nord Africa, nel Caucaso, in Medio Oriente, nel Golfo Persico e in Asia centrale. Dal 2022 alla Russia è stata aggiunta la Cina, in un conflitto che viene portato avanti anche con la disinformazione. L’Autore demistifica i miti su cui si basa l’alleanza, presentata come pacifica e difensiva, come spiegare d’altronde (ma è solo un esempio) la presenza dell’attuale generale comandante Nato impegnato a Kiev, prima del 2022, nell’organizzazione del riarmo ucraino?

Rispetto agli avvenimenti ucraini il libro è molto chiaro e non regala spazio alle mistificazioni occidentali vi si può leggere a proposito del 2014 che ‘il colpo di Stato è organizzato dagli Stati Uniti, che dal 2004 hanno investito oltre cinque miliardi di dollari nel progetto di inserimento dell’Ucraina nell’Unione Europea e nella Nato, come surrogati della dipendenza diretta da Washington’ [pag. 117]. Il periodo immediatamente successivo è descritto in modo più che condivisibile con la presenza dei neonazisti di Svoboda (forti di circa l’1% dei consensi) nei gangli decisivi del governo. La Russia è stata provocata e l’intervento del febbraio 2022, che formalmente fu la risposta di aiuto alle regioni russofone, ne è stata la conseguenza voluta.

La parte finale del volume è dedicata agli ultimi avvenimenti. Anche in questo caso Mini si discosta dalle letture volutamente superficiali che vedrebbero nel dialogo Trump-Putin un asse fra le autocrazie. Scrive l’Autore: ‘a prescindere dagli interessi di Trump e dal limite del suo mandato, gli Stati Uniti si sono resi conto che l’impegno in Europa distoglie attenzione e risorse dall’Asia e dal resto del mondo. In più, finché dura il conflitto, si rafforza l’asse Mosca-Pechino e mentre è difficile spezzarlo con la guerra in corso è facile facendola finire’ [pag. 153]. Questo non vuole dire che gli Stati Uniti rinunceranno alla loro presenza nel vecchio continente, l’autonomia strategica dell’Europa non è prevista da Washington.

In questo quadro la risposta europea sembra essere quella militare, ‘in sostanza, non bisogna prepararsi a una guerra futura, bisogna agire come in guerra e avere subito le forze per sostenere una guerra’ [pag. 141], se gli Stati Uniti allentano il sostegno all’Ucraina l’Unione Europea si candida a sostituirli. Questo è un errore che per uno Stato come l’Italia piegato dai debiti e dalla scarsa crescita peserà ancora di più, purtroppo come afferma Mini ‘la NATO e l’Unione Europea sono le uniche organizzazioni internazionali che si preparano alla guerra’ [pag. 165].

Ci sarebbero altre strade? Come sempre la risposta è positiva, un riassetto continentale potrebbe basarsi sulla riduzione degli armamenti, in un dialogo win-win con la Russia. Dobbiamo invece tristemente constatare che a proposito di NATO e UE siamo in presenza di uomini e donne che non sanno governare e questa è una conclusione che descrive un futuro preoccupante.

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