La lunga marcia del Partito Comunista Cinese. Storia del PCC a 100 anni dalla sua fondazione

di Marco Pondrelli

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Quando nel luglio del 1921 tredici delegati comunisti si riunirono al numero 106 di Wangzhi Road (oggi Xinggye Road) per fondare il Partito Comunista Cinese, essi rappresentavano circa 50 militanti. Oggi il PCC conta oltre 95 milioni di iscritti e governa la seconda potenza economica mondiale (la prima considerando il PIL a parità di potere d’acquisto). Questo libro scritto dal Comitato editoriale incaricato dal Partito, tradotto e pubblicato da MarxVentuno Edizioni ripercorre i primi 100 anni di questa grande storia. Come ha detto l’ambasciatore cinese in Italia Jia Guide in occasione della presentazione del volume, la storia del PCC è la storia della Cina. In un secolo il Partito è cresciuto e si è rafforzato, mentre la Cina prima si liberava dall’oppressione imperialista (prima giapponese poi statunitense), poi costruiva un benessere diffuso.

Sarebbe ingenuo sperare di trovare dentro le quasi 600 pagine del volume una soluzione ai problemi italiani, si può e si deve però studiare e capire la storia dei comunisti cinesi. Il primo elemento che va messo in luce, che segna la storia del PCC è il suo radicamento. Un partito può essere numericamente circoscritto ma, permettetemi l’eretica citazione, come diceva Enrico Cuccia le azioni non si contano si pesano. I comunisti cinesi avevano un radicamento sociale e questo li rendeva protagonisti dei conflitti operai e contadini. Come in Russia, in Italia e nel resto del mondo, non erano l’unica organizzazione che si batteva per il socialismo, la storia del PCC è anche una lotta per l’egemonia a sinistra.

In questo contesto la figura e la teorizzazione di Mao Zedong è fondamentale, non si trattava per il Grande Timoniere di riportare pedissequamente le idee sovietiche in Cina occorreva una sinizzazione del marxismo, a partire dal ruolo dei contadini al quale Mao nel 1927 dedicò una grande e approfondita inchiesta durata 32 giorni [pag. 42]. Per capire quello che ancora oggi viene definito socialismo con caratteristiche cinesi occorre cogliere queste riflessioni sviluppate prima che il PCC arrivasse al potere.

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Assieme al radicamento operaio e contadino, assieme all’apertura di nuovo strade nella teorizzazione di un marxismo adattato alla realtà cinese, un altro elemento va sottolineato ed è la capacità dei comunisti cinesi di correggere i propri errori, questo libro non è la consacrazione di una storia perfetta e senza errori è anche la constatazione che errori sono stati compiuti, ma, come diceva Lenin, l’importante non è non sbagliare ma commettere errori a cui si possa porre rimedio e di conseguenza correggersi. Il pensiero di Mao è parte integrante del PCC, così come quello di Deng Xiaoping, di Jiang Zemin, di Hu Jintao e di Xi Jinping, questo non vuole dire che Mao Zedong non abbia commesso errori ma essi non possono oscurare i meriti storici e politici che egli ha avuto.

Nelle conclusioni si legge: ‘la storia del PCC è una storia di lotta instancabile, di scoperte teoriche e di automiglioramento. Negli ultimi cento anni, ha adempiuto fedelmente alla sua missione missione, ha perseverato attraverso le difficoltà e ha compiuto progressi pionieristici verso un futuro glorioso’ [pag. 582].

Come detto la crescita della Cina non può essere scissa dalla storia del Partito. Chi pensava, o continua a pensare, alla Cina come al Paese del turbocapitalismo che ha abbandonato la strada del socialismo per abbracciare le idee neoliberiste non conosce il peso e il ruolo che ha il Partito in Cina. Lo stesso Deng quando ha avviato la grande stagione delle riforme lo ha fatto grazie al Partito e non contro di esso, così come oggi Xi Jinping vuole che il PCC dedichi grandi energie all’approfondimento teorico, alla formazione e alla lotta alla corruzione. La Cina ha imparato molto dalla lezione del 1917 nel bene ma anche nel male. Così come il 1917 è stata una cesura fondamentale anche per la rivoluzione cinese, alla dirigenze del PCC sono chiari gli errori che vennero commessi in Unione Sovietica e una presenza forte e radicata del Partito aiuterà a non ripeterli. Nel XIX Congresso del 2017 il Partito si è dato due obiettivi per i due centenari: il primo portare a termine la costruzione di una società moderatamente prospera entro il 2021 e il secondo trasformare la Repubblica Popolare Cinese in un grande Paese socialista moderno, prospero, forte, democratico, culturalmente avanzato, armonioso e bello entro il 2049. Il primo risultato è stato raggiungo, non solo sconfiggendo la povertà (obiettivo che la ‘grande liberaldemocrazia’ non riesce a raggiungere) ma anche elevando il benessere medio della popolazione. Il secondo obiettivo viene costantemente perseguito e questo può contribuire a cambiare non solo la storia cinese ma anche quella mondiale.

I punti toccati e le riflessioni che questo libro apre sono immensi, a partire della questioni internazionali con il multilateralismo che diventa lo strumento per la costruzione di ‘una comunità umana dal futuro condiviso’, fino alle tematiche ambientali, passando per le politiche culturali e la lotta contro il Covid (che ha mostrato tutti i limiti del sistema liberale). Sono tutti elementi discussi e approfonditi che rendono la lettura di questo libro un appuntamento fondamentale per chi vuole capire i comunisti cinesi e la Cina.

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