Israele. Geopolitica di una piccola, grande potenza. Giacomo Gabellini

di Marco Pondrelli

Sono poche le voci che si levano per confutare i luoghi comuni su Israele, presentato come l’unica democrazia regionale e come Stato aggredito. Il libro di Giacomo Gabellini è una di queste voce, la sua ricostruzione storica ci permette di cogliere le radici del sionismo che, come affermato in conclusione del libro, ‘è potuto germogliare soltanto inserendosi nella logica coloniale dei Paesi europei’ [pag. 338]. Fu Mackinder a osservare come la Palestina fosse la principale via d’accesso all’Heartland. Queste considerazioni spiegano perché l’Impero inglese sostenne l’afflusso della popolazione ebraica verso la ‘Terra Santa’, i numeri chiariscono questo processo: ‘se nel 1917 la proporzione della popolazione ebraica rispetto a quella araba era del 9,7%, nel 1925 era già passata al 16,8%, nel 1935 al 26,8% e nel 1945 al 35,1%. dal 1917 al 1947 la comunità ebraica era passata da 56.000 a 700.000 mila unità’ [pag. 33]. Ripercorrendo la storia precedente la nascita di Israele Gabellini ricorda un fatto spesso taciuto, ovverosia che dopo il 1933 ci fu un rapporto in Germania fra l’organizzazione Sionista e Hitler ‘per agevolare l’emigrazione ebraica verso le “Terra Santa”’ [pag. 26].

La storia che segna la nascita di Israele è spiegata in modo puntuale dall’Autore, che però ricostruisce anche le ingerenze che lo Stato ebraico ha esercitato verso altre nazioni, come ad esempio l’Italia a proposito della quale non piaceva la politica filo-araba di Mattei e Moro. Proprio in Italia sono documentati i tentativi del Mossad di infiltrare le Brigate Rosse, tentativi che a suo tempo furono denunciati da Mino Pecorelli.

Il libro di Gabellini è una miniera di informazioni che ci aiutano a ribaltare i luoghi comuni, gli arabi cattivi e gli israeliani buoni. Il fallimento dei negoziati di pace del 2000 è spesso e volentieri attribuito ad Arafat, il quale si rifiutò di firmare l’accordo con l’allora primo ministro israeliano Barak. Il mediatore di allora, l’ex Presidente statunitense Clinton, in realtà non aveva mediato tra le due parti limitandosi a rappresentare gli interessi israeliani, difatti ‘quello che Barak aveva proposto assomigliava a una specie di bantustan nello stile Boputhatswana sudafricano, il cui territorio avrebbe dovuto essere per soprammercato spezzettato, riservando a Israele il controllo assoluto del mare, del cielo e delle frontiere terrestri’ [pag. 102].

Il ruolo che Tel Aviv ha svolto e svolge all’estero, peraltro denunciato anche da Antony Loewenstein, dimostra quando fallace sia presentare Israele come democrazia, tanto meno legare la sua azione alla tutela dei diritti umani. Oltre a questo il ruolo che gli USA e Israele hanno avuto nelle primavere arabe e nella guerra in Siria, spazza via tutte le ipocrisie sull’Occidente democratico e portatore di una civiltà superiore. Per quanto le cosiddette primavere arabe avessero istanze genuine al loro interno, vennero usate per attaccare l’asse sciita (Iran, Siria e Libano) e per fare il lavoro sporco venne scelto l’Isis. Il tema siriano è emblematico della politica sionista e statunitense nell’area. L’obiettivo dell’intervento era la destabilizzazione, funzionale come scrive Gabellini anche a colpire la Via della Seta cinese [pag. 226]. La cifra della politica israeliana è questa, essa però deve fare in conti con uno stato d’eccezione permanente al proprio interno che non è facile da reggere a tempo indefinito.

Per concludere è interessante sottolineare due temi. La politica energetica è fondamentale per capire quello che sta succedendo oggi, scrive Gabellini: ‘nel 2007 l’ufficiale militare Moshe Ya’alon (che sarebbe poi asceso al rango di ministro della Difesa) avvertì che «il gas non può essere estratto senza un’operazione militare preliminare che sradichi il controllo di Hamas a Gaza»’ [pag. 293], a tal proposito ogni commento è superfluo.

L’analisi geopolitica che chiude il libro è molto interessante, dimostra come di fronte ad un ruolo degli Stati Uniti sempre più incerto altri soggetti, Turchia, Russia e Cina stiano avanzando. Se da una parte la perenne emergenza rischia di logorare la tenuta d’Israele, dall’altra gli USA avranno sempre meno risorse per esercitare il loro ruolo di arbitri mondiali.

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