Il ritorno degli imperi. Maurizio Molinari

di Marco Pondrelli

La prima, legittima, domanda che potrebbe essere fatta di fronte a questa recensione è perché occuparsi del libro di Molinari? Con tutto il rispetto per il direttore de ‘la Repubblica’ non sono queste le idee di Marx21. Il motivo è che da febbraio 2022 sono molti i libri pubblicati per attaccare le scelte della Russia, il libro di Molinari rappresenta meglio di altri (tutti comunque guidati più dal fervore ideologico che non dall’analisi rigorosa della storia e dei rapporti internazionali) le posizioni atlantiste più oltranziste, favorevoli allo scontro, anche militare, con Russia e Cina.

Nel libro di Molinari non mancano polemiche del tutto ideologiche e in parte contraddittorie oltre che singolari come quella che vede la Nato sorta come risposta al Patto di Varsavia (creato in realtà successivamente alla prima) [pag. 65]. La guerra viene riportata alla decisione del solo Putin, quando si legge ‘ciò che più sconvolge è come tutto dipenda alle decisioni di un uomo solo’ [pag. 9], si da voce a un leitmotiv molto diffuso nel mainstream italiano quella del tiranno impazzito che vuole conquistare il mondo. Questa teoria è pericolosa perché non può concepire il dialogo, con i pazzi non si può discutere e se ‘ridisegnare l’ordine mondiale’ è solo un desiderio di Putin e contro di lui che l’occidente deve combattere e in effetti il libro si chiude chiedendo l’incriminazione di Putin all’Aja (sull’esempio di Milošević che nelle carceri di quel tribunale è stato assassinato da innocente), per poi ricercare altri interlocutori in Russia a cominciare dall’espatriato Anatoly Chubais’ [pag. 99], il quale è tanto popolare nelle cancellerie europee e statunitense quanto poco amato dal popolo russo. La realtà è ben diversa, come scrisse Mackinder ‘i ministri passano le catene montuose restano’, difatti il tiranno impazzito è una tesi che lo stesso Autore smentisce quando afferma che Russia e Cina vogliono ridiscutere l’ordine mondiale.

Va dato atto a Molinari di tentare di inquadrare il problema da una prospettiva storica, portando le lancette indietro nel tempo alla caduta del muro di Berlino e alla fine dell’URSS, afferma l’Autore che nel 1989 ‘le democrazie rappresentative vincitrici della Guerra Fredda [avevano] l’opportunità di estendere regole e diritti del libero mercato sull’intero pianeta’ [pag. 10], è una citazione involontaria del ‘destino manifesto degli Stati Uniti’ che si considerano la nazione scelta da Dio per fare questo, parafrasando Charles Wilson ci viene detto che ‘ciò che è buono per gli Stati Uniti è buono per l’Italia e il mondo’. Purtroppo non è così! Non solo Molinari è incapace di concepire che esistano paesi che vogliono seguire altre strade ma non da risposte sul perché la democrazia liberale sia finita a Guantanamo, se il nostro modello è il migliore perché lo abbiamo dovuto esportare con le armi e la tortura? La realtà che sfugge all’Autore è che l’89 non ha rappresentato la diffusione della democrazia liberale (qualsiasi cosa essa sia) ma la fine del diritto internazionale con il sistematico ricorso alla guerra per riportare all’ordine i paesi non allineati.

Con questo premesse non stupisce che l’Autore veda un nemico ancora più insidioso nella Cina e nella nuova via della seta. Questa affermazione viene accompagnata alla speranza che Pechino condanni l’invasione russa e si unisca alla crociata occidentale, posizioni contraddittorie, allo stesso momento in cui si chiede aiuto alla Cina le si dice ‘i prossimi siete voi’. Quello che Molinari e in generale l’Occidente (politico e non geografico) non riesce a fare è osservare la realtà da una prospettiva diversa, tutto viene piegato alle proprie teorie arrivando così ad accusare Putin per la guerra in Georgia del 2008 (senza evidentemente conoscere le risultanze della commissione Tagliavini), arrivando a criticare anche ‘gli interventi «di pace» in Nagorno-Karabakh nel 2021’ [pag. 45] e l’intervento in Libia nel 2017 (sorvolando sul fatto che se la Libia è in preda a una sanguinosa guerra civile la colpa non è di Putin ma dell’Occidente).

Il libro di Molinari è emblematico di un Occidente incapace di riflettere sui propri errori, è davvero strano che la Russia (non Putin) voglia una fascia di sicurezza fra sé e la Nato? La Nato ha dato prova di essere un’alleanza pericolosa e di agire (come in Jugoslavia) in sfregio del diritto internazionale, Putin, con buona pace di Molinari e anche di Juri Colombo, non vuole ricostruire l’URSS ma sicuramente è interessato alla sorte dei russi che vivono in altri paesi che non ne riconoscono i diritti.

Non solo non si vogliono capire i crimini commessi dalla politica internazionale dell’Occidente ma non si vuole riflettere sulla crisi della nostra democrazia. Il malessere è ignorato, Molinari parla della necessità di una riforma interna della democrazia in Europa e Nordamerica [pag. 108] sembra però non capire le radici di questi problemi, troppo spesso le proteste sono presentate come manovrate da Putin che ieri aizzava i no-vax e oggi i filo-russi, non ci si chiede perché i partiti tradizionali sono in crisi, non si riflette sui milioni di poveri che non vedono tutelati i propri diritti. Ci continuiamo a crogiolare nell’autoconvinzione di essere i migliori e chi non se ne convince e non ci vuole imitare o è in cattiva fede o è uno stupido. Spiace che il mondo liberale che in passato aveva espresso avversari degni di questo nome oggi si sia ridotto così, ma la realtà ci dice che venuta meno l’ideologia al mondo liberale è rimasta solo la forza militare.

Unisciti al nostro canale telegram