Il potere segreto. Perché vogliono distruggere Julian Assange e Wikileaks. Stefania Maurizi

di Marco Pondrelli

Nel commentare la (bellissima) puntata che Riccardo Iacona ha dedicato a Julian Assange, Aldo Grasso sul corriere della sera ha scritto: ‘gli Usa hanno emesso una richiesta di estradizione per cospirazione nella violazione di un sistema informatico del governo americano: l’accusa è riferita al 2010, quando Chelsea Manning chiese aiuto ad Assange per violare la password di un computer del dipartimento della Difesa. L’hackeraggio è grande giornalismo?’. Premesso che c’è differenza fra un’accusa ed una condanna, in realtà Stefania Maurizi spiega che ‘le autorità americane sostenevano che prima che Assange avesse accettato di aiutarla, Manning avesse già fornito a WikiLeaks centinaia di migliaia di file segreti, tra cui quelli sulla guerra in Iraq e in Afghanistan. Non sostenevano che i due fossero riusciti a craccare quella password, ma piuttosto che, se Chelsea Manning ci fosse riuscita, sarebbe potuta entrare in quei computer con uno username che non le apparteneva, rendendo così più difficile individuare la fonte di WikiLeaks’ [pag. 260]. Siamo quindi di fronte ad un processo alle intenzioni. Domandiamoci ora cosa avrebbe scritto Aldo Grasso se in galera ci fosse un giornalista ‘colpevole’ di avere pubblicato prove di torture e di assassini illegali commessi da Russia o Cina. La verità è che quella contro Assange è una persecuzione, che deve servire ad esempio per chiunque pensi di denunciare le attività illegali del governo statunitense. La battaglia in sua difesa è quindi una battaglia che riguarda tutti perché è una battaglia per la democrazia e la libertà. La democrazia non può essere quella di cui parla Michele Serra, che prese le distanze dalla difesa di Assange in quanto le sue rivelazioni avevano colpito la Clinton favorendo Trump, personalmente sono interessato a sapere (lo sarei ancora di più se fossi un elettore statunitense) che la Clinton in privato scriveva sull’ISIS cose molto diverse da quelle che diceva in pubblico. È per questo che Daniel Ellsberg responsabile dei famosi Papers che sconfessavano le bugie sul Vietnam (e che danneggiavano sia i repubblicani che i democratici), oggi difende Assange.

Il libro della Maurizi, giornalista che ha collaborato con WikiLeaks, raccontando e spiegando cos’è stato il lavoro di Assange ha il merito di presentare la realtà del potere statunitense, fatto di torture, rapimenti, uccisioni illegittime e attività di spionaggio indiscriminato. Le denunce non si limitano agli USA, dai materiali di WikiLeaks l’Italia emerge come uno Stato vassallo più che alleato, il rapimento illegale di Abu Omar sul suolo italiano fu eseguito dai servizi segreti americani (con la complicità di quelli italiani) e nessuno degli agenti ha scontato un solo giorno di prigione. La politica, la stampa e l’opinione pubblica avrebbero dovuto indignarsi di fronte a tutto questo, invece come chiosa l’Autrice ‘peggio dei crimini della Cia, c’era solo l’apatia pubblica italiana’ [pag. 118].

WikiLeaks ha dimostrato come non vi siano differenza fra democratici e repubblicani negli USA e come la stampa che dovrebbe controllare spesso e volentieri è parte del sistema. Assange è stato accusato di non essere un giornalista perché le notizie sono pubblicate senza controlli, questa è, come spiega Stefania Maurizi, un’affermazione falsa ma contiene un elemento ancora più pericoloso della menzogna. È il potere che decide chi è giornalista e chi no, quindi è il potere stesso che sceglie chi ha il compito di controllarlo. Ecco perché la battaglia per la libertà di Assange riguarda le basi della democrazia.

Il processo contro il fondatore di WikiLeaks costituisce la seconda parte del libro, intrecciata e mischiata con la prima. L’Autrice dimostra che più che ad un processo ci troviamo di fronte ad una persecuzione, denunciata anche dall’inviato dell’ONU contro la tortura. Nella ricostruzione processuale Stefania Maurizi denuncia che molti documenti sono andati persi, che ci sono state omissioni, per arrivare infine al paradosso della giustizia inglese che consiglia alla procuratrice svedese come operare.

Auguro al libro della Maurizi grande successo perché esso svela gli orrori che hanno segnato la storia degli ultimi 20 anni. Quando pubblicamente si parlava di ‘esportare la democrazia’ o di ‘difendere i diritti delle donne’, sul campo si uccidevano civili innocenti, nelle prigioni si torturava e nei paesi ‘amici’ si rapivano presunti terroristi. Edward Abbey scrisse ‘un patriota deve sempre essere pronto a difendere il suo paese dal suo governo’, proprio per questo con buona pace dei vari Michele Serra o Aldo Grasso la liberazione di Assange riguarda tutti, anche loro.

Le citazioni delle pagine si riferiscono all’edizione e-book.