Il follemente corretto. L’inclusione che esclude e l’ascesa della nuova nuova élite. Luca Ricolfi

di Marco Pondrelli

L’ultimo libro di Luca Ricolfi si lega al precedente, La mutazione, che analizzava la sinistra e il suo essersi persa nel politicamente corretto, portando all’estremo il suo studio oggi viene dato alle stampa questo interessante lavoro.

L’Autore non appartiene al campo marxista ma le sue analisi in parte collimano con molti pensatore che si richiamano a queste idee, è lui stesso a sottolineare che ‘se soldi, energie, personale, sforzi di comunicazione vengono spesi per togliere dalla circolazione espressioni come jack maschio, jack femmina, architettura master-slave, non stupisce che buona parte dei marxisti e tante femministe considerino le ossessioni linguistiche del politicamente corretto come un’arma di distrazione di massa, che permette all’establishment capitalista di distogliere l’attenzione della gente dalle vere diseguaglianze e dalle reali discriminazioni che ancora affliggono il nostro mondo‘ [pag. 21]. Il linguaggio definito follemente corretto, incide sulla realtà sociale è paradossalmente pur essendo nato coltivando il sogno dell’inclusione si è capovolto nel suo opposto, nuove parole o nuove forme ortografiche isolano sempre di più un’élite colta, istruita e ricca del resto del popolo.

La prima parte del libro è una raccolta di fatti che potrebbero indurre al riso (la Carmen di Bizet che nel maggio fiorentino viene rappresentata con un finale diverso per non mettere in scena un femminicidio) ma che in realtà sono spesso eventi drammatici con, ad esempio, docenti che non hanno ottenuto il rinnovo del contratto per la loro mancanza di sensibilità verso questi temi.

Questa ideologia ha sostituito ai diritti l’inclusione, scrive Ricolfi: ‘Non si sottolineerà mai abbastanza quanto cruciale – anzi esiziale! – sia stata, per la sinistra, la sostituzione dell’ideale dell’eguaglianza con quello dell’inclusione. È da questa operazione teorico-ideologica (caldeggiata dal sociologo Alessandro Pizzorno, e severamente criticata da Bobbio) che è iniziato, intorno alla metà degli anni novanta, il lungo processo storico di sostituzione dei diritti sociali con i diritti civili. Un processo che ha condotto a mettere sempre più in ombra le (costose) istanze di eguaglianza dei ceti popolari, per puntare tutte le carte sui (ben meno costosi) diritti di inclusione di gruppi particolari, a partire dalle minoranze sessuali‘ [pag. 193]. Le grandi battaglie degli anni passati, quelle del movimento operaio e femminista, sono relegate in soffitta perché ora si parcellizza sempre di più il conflitto, ci sono solo individui e non più classi o gruppi sociali.

Quali sono le cause di questo mutamento? Un ruolo fondamentale per l’Autore è stato quello dei nuovi social perché ‘ogni mezzo di comunicazione, indipendentemente e al di là dei contenuti che veicola, favorisce specifici modi di pensare e di sentire‘ [pag. 157], questi nuovi strumenti ci hanno cambiato in profondità, quasi un mutamento antropologico di fronte al quale non si vede un’alternativa chiara. Se analizziamo il dibattito politico notiamo come l’alternativa al ‘follemente corretto’ sia Vannacci che gioca sulla provocazione opposta ma che non tocca il problema alla radice.

Di fronte ad un mondo in cui anche le multinazionali si fanno portatrici del capitalismo woke secondo l’Autore quello che possiamo fare è organizzarci, ‘prendere posizione nel modo giusto è l’unico mezzo che abbiamo per provare la nostra innocenza‘ [pag. 123], personalmente ho una visione più pessimistica ben rappresentata dalla prefazione che Carlo Galli ha scritto per ‘Capitalismo Woke‘ di Carl Rhodes: ‘il capitalismo woke è un capitalismo intelligente e sofisticato che, a differenza di quello conservatore anti-woke, si preoccupa del medio termini: e non vuole lasciare spazio a nulla al di fuori di sé‘. Sposare cause che molto spesso sono condivise e capite solo da una ristretta minoranza, non aumenta i guadagni ma trasforma le multinazionali in Stato, a loro è demandata la scelta del linguaggio, la vita sessuale oltre che la politica economica e militare.

Purtroppo è stata ed è la sinistra a farsi portatrice di questi valori, è quindi indicato citare quello che scrive Ricolfi in chiusura del suo libro quando si chiede perché essa non tenti ti tornare alle sue origini, rispondendo che ‘se la sinistra provasse a farlo, dovrebbe trovare le risorse economiche necessarie, e sarebbe costretta a scontentare interessi consolidati, o a imporre anni di sacrifici. Meglio allora puntare su battaglie di principio – unioni civili, diritto alla genitorialità, leggi sull’omotransfobia, salvataggi in mare – che hanno costi modesti, e consolidano il senso di superiorità etica‘ [pag. 199].

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