di Marco Pondrelli
In un momento storico in cui si è decretata la fine delle ideologie il libro di Carlo Galli ci aiuta a cogliere il significato di una parola molto spesso usata in senso negativo ma della quale raramente si spiega il significato. L’ideologia ‘è un pensiero che vuole essere pratico’ [pag. 16], un ‘veicolo della prassi’ [pag. 17], perché essa unisce economia, politica, passioni e a volte violenza.
Il primo capitolo del libro è una storia dell’ideologia e di come questa parola è stata interpretata da molti pensatori in modi diversi. Il primo a cercare ‘di fare scienza delle idee, appunto «ideo-logia»’ [pag. 26] fu Antonie-Louis-Claude Destutt de Tracy, secondo il quale occorreva ‘stabilire il dominio sociale e politico della ragione come scienza delle idee’ [pag. 27]. Diverso è il giudizio che Marx ed Engels danno dell’ideologia, l’Autore, pur non essendo marxista, approfondisce in modo chiaro e lineare il pensiero che i due rivoluzionari esposero ne ‘L’ideologia tedesca’ per i quali l’ideologia è parte integrante della classe dominante per cui ‘lottare contro l’ideologia significa lottare non contro le bizzarrie di un gruppo di intellettuali ma contro l’autocomprensione di un’epoca nel suo punto più alto e più contraddittorio’ [pag. 30].
L’Autore grazie ad una prosa chiara, allo stesso tempo sintetica e approfondita passa in rassegna altri pensatori che hanno ragionato sul tema da Mosca e Pareto a Mannheim, per arrivare poi al Novecento con Heidegger, Hannah Arendt, Voegelin e Carl Schmitt. In chiusura di capitolo viene ripreso il filone marxista con Gramsci, Adorno e Althusser.
Se questa è l’ideologia vista con gli occhi dei grandi pensatori dell’Ottocento e del Novecento successivamente Carlo Galli focalizza l’attenzione sulla genealogia dell’ideologia. Perché nasce l’ideologia? Essa è un concetto prettamente moderno, le radici sono piantate nelle guerre di religione che sconvolgono l’Europa e che portano Hobbes alla stesura del ‘Leviatano’, diventa chiaro che la religione cristiana non è più fonte di legittimazione per il potere, essa stessa diventa ideologia parziale, non più universale. Potremmo dire che le ideologie sono il telo che viene posto sul buco della modernità. Il post-’89 non ha cambiato la parzialità delle ideologia ma ne ha trasformato quella che oggi si chiama narrazione, difatti ‘eliminata la sinistra, la questione dell’ideologia è chiusa: resta il confronto fra realtà e delirio’ [pag. 119], questa è la cifra della nostra epoca non ci sono ideologie perché è rimasta solo la Verità, che è in realtà una verità parziale presentata come universale. In quest’ottica ‘il «sistema» politico-economico-valoriale dell’Occidente pare anch’esso un’ideologia, con connotati largamente totalitari’ [pag. 122], per quanto la stessa nozione di ‘totalitarismo’ andrebbe chiarita meglio, l’analisi del falso pluralismo che caratterizza la ‘democrazia liberale’ (spiacevole ossimoro secondo chi scrive) andrebbe approfondita maggiormente, a partire dal contesto accademico. Carlo Galli chiosa il suo ragionamento affermando ‘si è trattato della vittoria di una rivoluzione: la quarta del XX secolo, dopo quella comunista, quella fascista, quella «socialdemocratica» e dopo lo Stato sociale del secondo dopoguerra: la rivoluzione del capitale, il neoliberismo, la globalizzazione’ [pag. 127].
Il libro si chiude con una rapida panoramica su le nuove ideologie che sono nate in questi anni, che in alcuni casi che personalmente giudico funzionali al sistema dominante. Il politicamente corretto, analizzato anche da Ricolfi nel suo ultimo libro, è indubbiamente come nota l’Autore ‘una produzione legislativa che amplia la sfera dei diritti’ [pag. 149] ma che può rappresentare anche ‘l’eccesso’ [pag. 150].
Nel dibattito politico contemporaneo sentiamo spesso parlare di ‘populismo’ e ‘sovranismo’ concetti vaghi, raramente definiti che sono divenuti il contenitore nel quale mettere dentro tutte le opposizioni al sistema neoliberista, Galli tenta di chiarire i confini di queste categorie ragionando in conclusione del testo sulla quella che è la crisi della democrazia contemporanea, basti pensare che i cosiddetti populisti e sovranisti sono accusati di minare quella democrazia, che loro affermano invece di volere difendere. Questo porta l’Autore a concludere che non è vero che non esistono più le ideologie, esistono ‘quasi-ideologie’ [pag. 162], e assieme a quelle comunemente definite ‘populismo’ o ‘sovranismo’ c’è l’ideologia ‘dell’establishment’, ma ‘mentre le ideologie di governo devono virare verso istituzioni e paradigmi sempre meni liberal, quelle di opposizioni non paiono capaci di attivare conflitto ed energia morfogenetica, ovvero di orientare le dinamiche del presente con una prassi non episodica ma progettuale, e con una narrazione non balbettante’ [pag. 163].
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