Guendalina Anzolin e Simone Gasperin. 30+1 cifre che raccontano l’Italia

di Marco Pondrelli

Il libro di Guendalina Anzolin e Simone Gasperin è un’impietosa, ma realistica, fotografia dell’Italia. Come spiegato nell’introduzione il titolo ha molteplici significati fra cui il richiamo alla distanza che separa la stesura del manoscritto (2022) dal 1991 ‘anno in cui il nostro Paese raggiungeva forse il suo massimo livello di benessere relativo’ [pag. 9]. Quando arrivava in una nuova città Goethe era solito salire sul punto più alto per poterla ammirare dall’alto prima di iniziare a visitarla, è quello che fanno i due Autore che attraverso 30+1 capitoli ci raccontano le trasformazioni dell’Italia.

Questo testo è un’analisi della situazione economica e sociale del nostro Paese e contribuisce a sfatare alcuni miti dei quali rischiamo di divenire vittime. Il primo è quello della forza manifatturiera, è vero che occupiamo la seconda posizione europea come in questo settore ma ‘l’Italia rispetto a economie come quelle di Francia e Germania, si caratterizza per una manifattura più parcellizzata, a più basso valore aggiunto e concentrata su attività più tradizionali’ [pag. 16]. Questa è una costante del sistema produttivo italiano, negli ultimi 30 anni il nostro Paese si è de-industrializzato, la scelta di puntare sul turismo è rivelatrice di questo impoverimento, perché il turismo oltre ad essere un settore che vive su bassi salari tende a provocare nelle grandi città processi di ‘gentrificazione’ con l’aumento degli affitti provocati dalla scelta di collocare case su grandi piattaforme online per offrire pernottamenti ai turisti.

Rispetto al tema delle politiche abitative sarebbe stato interessante inserire un ulteriore capitolo sulla questione affitti, dall’abolizione dell’equo-canone quanto è aumentato l’affitto medio? È quanto esso incide sul reddito? È un tema che si collega all’ultimo capitolo (12%) che riguarda i lavoratori poveri (working poor), in Italia come negli Stati Uniti ci sono persone che pur avendo un lavoro vivono sotto la soglia di povertà. Gli accordi di luglio ’92-’93 andrebbero riletti sotto questa lente, chi oggi sogna il ritorno alla concertazione dovrebbe ricordarsi che dal 1990 al 2020 i salari italiani, unici nell’Unione europea, sono calati del 2,9% mentre gli stipendi dei manager sono 649 volte quelli di un operaio [pag. 191]. Quella che gli Autori descrivono è una redistribuzione della ricchezza, le politiche hanno tolto ai poveri per dare ai ricchi.

Questo politiche ‘redistributive’ hanno riguardato anche le scelte fiscali, dalle tasse di successione all’IRPEF sono stati favoriti i grandi patrimoni con aggravi maggiori che cadono sui redditi più bassi, che devono fare i conti anche con un welfare più debole. A questo proposito non si possono non citare i numeri del Sistema Sanitario Nazionale ‘in Italia la spesa sanitaria ha subito 37 miliardi di tagli dal 2010 al 2019. In dieci anni sono stati chiusi 173 ospedali e 837 strutture di assistenza specialistica ambulatoriale, tutti pubblici. Tagliare gli ospedali significa diminuire i posti letto. L’Italia ha solo 3,2 posti letto ogni 100.000 abitanti […] mentre se ne contano 13,1 in Giappone, 12,2 in Corea del Sud, 8 in Germania e Russia’ [pag. 140]. Questi tagli colpiscono un Paese con una popolazione che invecchia e che quindi avrebbe bisogno di più cure. Il tanto decantato PNRR riguarda le spese di investimento mentre, se si vuole rilanciare la sanità pubblica occorrono nuove assunzioni quindi spesa corrente.

A fronte di un simile quadro non stupisce che l’Italia sia nuovamente divenuto un Paese di migrazione, la cosa che dovrebbe fare riflettere e che non emigrano solo laureati o professionisti ma anche lavoratori poco qualificati, che vanno all’estero a fare lavori che in Italia sono pagati meno, e pensionati. Quando nel 2016 il governo italiano invitava a investire in Italia perché gli ingegneri sono i meno pagati [pag. 166] dava la chiara rappresentazione della povertà politica e intellettuale della nostra classe dirigente.

Quelle citate sono solo alcune delle interessanti analisi contenute nel libro del quale consigliamo un attenta e approfondita lettura.

Per concludere l’importanza di questo testo risiede negli strumenti critici che fornisce per valutare i risultati di 30 anni di politiche neoliberiste nel nostro Paese, ed è proprio questo che ci fa dire che è venuto il momento di cambiare.

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