
di Marco Pondrelli
In conclusione del suo pregevole lavoro Antonella Beccaria citando il militare spagnolo José Dìaz de Villegras scrive che ‘affinché un’idea, per quanto inverosimile, diventi patrimonio fittizio delle masse, occorre che sia ripetuta senza requie, nonostante la sua confutabilità a fronte di oggettivi dati di fatto’ [pag. 355], è quella che il militare in questione chiamava ‘logica dell’insistenza’, che era alla base anche della propaganda nazista, che guida anche la moderna comunicazione. Sarebbero tanti gli esempi per avvalorare questa affermazione ma il libro di Antonella Beccaria sviscera la storia italiana da una prospettiva particolare, quella delle trame golpiste che hanno accompagnato la nostra storia repubblicana.
Secondo l’Autrice ‘l’obiettivo ultimo, quello cullato ai vertici più elevati, insomma, era non la distruzione della democrazia, perché era «sufficiente blindarla»’ [pag. 22], è un’affermazione che ricorda quella di Pier Paolo Pasolini quando nel suo famoso scritto corsaro ‘io so’ scrisse: ‘Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato “golpe” (e che in realtà è una serie di “golpe” istituitasi a sistema di protezione del potere)‘. Quella che descrive Antonella Beccaria è una storia parallela a quella ufficiale, che aveva l’obiettivo di controllare la democrazia italiana, di evitare non solo lo scivolamento ad est del nostro Paese ma anche la possibilità di rimettere in discussione i rapporti sociali del Paese.
Le trame oscure partono già prima del ’45, perché già durante la guerra Stati Uniti e Inghilterra si convincono che l’Unione Sovietica e il comunismo sono alleati pericolosi, nel clima da caccia alle streghe degli anni ’50 Mario Scelba dichiarò: ‘dobbiamo partire dalla constatazione che il Partito Comunista opera contro la democrazia servendosi dell’appoggio di una potenza straniera. Se si accetta questa impostazione, ogni provvedimento diventa possibile’ [pag. 36]. Alle parole del dirigente democristiano si da seguito riciclando i fascisti nella nuova crociata anti-comunista, la mafia e i grandi gruppi industriali (compresa Confindustria) sostengono questa battaglia, che viene diretta da potenze straniere, in primis gli Stati Uniti d’America. La stessa Nato non nasce solo con funzione di difesa dal nemico esterno ma anche, o meglio sopratutto, per difendere la stabilità interna del Paese, ovverosia per bloccare qualsiasi ipotesi cambiamento sociale.
L’Italia è stata, e rimane, un Paese a sovranità limitata, nel quale gli apparati di sicurezza hanno sempre svolto un ruolo che ad essere benevoli si può definire ambiguo. Enrico Mattei, come scrive Filippo Bovo nel suo pregevole libro, secondo un informativa spedita al Foreign Office da un misterioso Mr. Searight, disse: ‘ci ho messo sette anni per condurre il governo italiano verso un’apertura a sinistra. E posso dire che ce ne vorranno di meno per far uscire l’Italia dalla NATO e metterla alla testa dei Paesi neutrali», ovvero dei Non Allineati, nati dopo la Conferenza di Bandung del 1956 e tendenzialmente inclini verso il blocco sovietico’.
Il maggiore interesse del libro sta nella capacità dell’Autrice di seguire le trasformazioni che le trame golpiste e stragiste hanno avuto, accompagnando la trasformazione del Paese. Questa impostazione porta Antonella Beccaria a cogliere le differenze che vi furono fra i vari progetti eversivi, non tutti di matrice fascista, emblematico il caso di Edgardo Sogno, molto ammirato dal nostro attuale Ministro della cultura, il quale da partigiano organizzò la fuga di Mattei dal carcere ma che dopo la guerra trovo la sua nuova causa nella lotta al comunismo, arrivando anche a sostenere il colpo di Stato cileno [pag. 246].
L’ultima parte del libro è dedicata agli anni ’80 e ’90 alle stragi mafiose che si inserivano in una strategia molto complessa, che portò l’allora Presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi il 27 luglio 1993 a temere l’attuazione di un colpo di Stato. La lettura di questo libro è importante non solo da un punto di vista storico, ma anche ‘civico’, perché solo conoscendo la nostra storia possiamo capire il nostro presente. È sulle tante pagine oscure del nostro Paese che è stato costruito il nostro presente e solo conoscendo e denunciando quello che è successo potremmo cambiare la realtà in cui viviamo.
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