Geopolitica e conflitto di classe: la contrapposizione oriente/occidente. Recensione a Ernst Jünger – Carl Schmitt, Il nodo di Gordio, Milano, Adelphi, 2023, pp. 238, euro 14,00

di Francesco Galofaro, università IULM

Lo si poteva prevedere: dal dibattito politico al chiacchiericcio giornalistico, l’abuso ubiquitario del termine “geopolitica” ha fortunatamente riportato in libreria molti interessanti volumi sull’argomento. Tra gli altri, Il nodo di Gordio, Adelphi, 2023, ripropone un interessante dibattito tra Ernst Jünger e Carl Schmitt sulla contrapposizione tra Oriente e Occidente. Il saggio di Jünger e la risposta di Schmitt risalgono ai primi anni della guerra fredda; purtroppo ritornano d’attualità a causa del conflitto ucraino. Jünger e Schmitt rappresentano due esiti della crisi della “rivoluzione conservatrice” che tra le due guerre si oppose alla repubblica di Weimar. Nel 1933, a differenza di Jünger, Schmitt aderì al nazismo. Conclusasi la catastrofica vicenda bellica e culturale tedesca, negli anni ’50 della guerra fredda, Jünger auspicò l’avvento di un’unica repubblica mondiale cosmopolita. Al contrario, nel suo saggio, Schmitt espresse una lucida critica a quest’opzione, lamentando la perdita di diversità, di articolazione culturale e di libertà comportata dall’egemonia globale del liberalismo USA. In quest’ottica, l’Europa dovrebbe rappresentare, tra mille difficoltà, un’alternativa alla contrapposizione binaria e manichea tra est ed ovest.

Acquista il libro

Che le opposte conclusioni suonino convincenti o meno, è interessante riprendere il ragionamento di Schmitt perché molte delle sue critiche al misticismo di Jünger, condotte su un piano scientifico, suonano tuttora valide. La stessa opposizione tra “occidente” e “oriente” non presenta un carattere scientifico perché è priva di sostanza: chiunque può essere più a ovest o più a est di qualcun altro. Infatti, ancor oggi si fanno passare per “occidentali” culture che fino a ieri erano catalogate come “blocco dell’est”, come la Polonia e perfino l’Ucraina di recente tradizione statuale e liberale. A proposito della tendenza politica contemporanea che considera “amici” i nemici del proprio nemico, Schmitt racconta una favola iugoslava su due topi, acerrimi avversari. Quando un gatto mangia il primo, il secondo va a ringraziare il felino per l’insperato supporto, solo per venirne divorato a sua volta.

Al di là di come si autorappresentino, in opposizione reciproca, le parti in causa, la categoria polare “est/ovest”, spesso spia di un intento propagandistico, non spiega nulla sotto un profilo scientifico. Ad essa andrebbe sostituita – scrive Schmitt – quella storico-dialettica tra terra e mare. Con Schmitt, la geopolitica esce dall’empirismo praticone dei suoi fondatori (Sir Halford Mackinder, Karl Haushofer e tanti altri) per divenire filosofia della Storia. Infatti, la partita a tre tra le talassocrazie che dominano i mari (ad esempio: gli USA) e gli Stati che possiedono materie prime (come la Russia) o grandi distretti produttivi (come la Cina) lascia intravvedere, più in profondità, due distinte culture e sistemi giuridici. Schmitt trova nella Filosofia del diritto di Hegel il fondamento dialettico che muove il sistema.

Acquista il libro

Infatti, già Hegel aveva notato come lo sviluppo della tecnica e la rivoluzione industriale avessero causato, in Inghilterra, sia grandi diseguaglianze sia un surplus di ricchezze e mezzi. Questa contraddizione ha spinto la società civile inglese a cercare al di fuori di sé tanto i mezzi di sussistenza quanto i mercati in cui esportare la propria sovrapproduzione. Schmitt nota che, se questa intuizione hegeliana trova nel marxismo un rigoglioso sviluppo teoretico, non altrettanto avviene con una seconda intuizione che fa seguito alla prima: “come pel principio della vita familiare è condizione la terra, base e terreno stabile, così, per l’industria, l’elemento naturale, che la anima all’esterno, è il mare”. Il rapporto tra le due è – di conseguenza – di carattere dialettico. Non è storico: i fatti della storia, scrive Schmitt più volte, sono veri una sola volta. Se è comprensibile, per risolvere i problemi del presente, ricercare soluzioni già rivelatesi efficaci nel passato, non è affatto detto che tali soluzioni valgano ancora e in ogni caso. L’opposizione terra/mare non si ritrova in ogni conflitto tra Stati, ma caratterizza, ad esempio, il conflitto tra borghesia produttiva e commerciale interno alle talassocrazie: così fu a Cartagine e a Venezia, così è pure, in versione aggiornata, nella politica USA che contrappone la rusty belt alla globalizzazione, l’economia reale a quella finanziaria, il mercato interno a quello estero. L’opposizione tra culture di terra e di mare si legge perfino nella teologia e nel mito, nel timore religioso del mare espresso nel libro della Genesi e nell’Odissea, prototipo dei romanzi sulla pirateria.

Il conservatore Schmitt lancia un’interessante provocazione al marxismo. Da un lato, Marx seppe cogliere i drammatici mutamenti della tecnica e i conflitti di classe che avrebbero caratterizzato il suo avvenire; dall’altro, generalizzò questi fatti al punto di farne una legge sempiterna. In seguito, il marxismo trasformò la scienza economica liberale della propria epoca in un’arma nelle mani di una élite di rivoluzionari, che la utilizzarono per liquidare un potere non più all’altezza dei tempi e trasformare un impero agricolo obsoleto, facile preda di economie industriali, nella seconda potenza mondiale. Un modello di sviluppo, si può dire. Credo infatti che si tratti di un punto di vista valido anche per quanto riguarda il marxismo cinese attuale, considerando il suo carattere contro-coloniale. Ma, nota Schmitt, la radice del marxismo rimane ancorata alla dialettica hegeliana di cui ho scritto sopra. La sfida, che Schmitt lancia al lettore, è sviluppare la dialettica hegeliana tra terra e mare almeno quanto il marxismo ha saputo sviluppare quella tra sovrabbondanza e povertà create allo stesso tempo dallo sviluppo capitalista. Se da tempo alcuni hanno subordinato l’analisi economica a considerazioni geopolitiche, senza coglierne il carattere dialettico, al marxismo spetta il compito di legare l’analisi strutturale del conflitto di classe alle dinamiche osservabili nelle relazioni internazionali contemporanee.

Facile a dirsi…

Acquista il libro

Unisciti al nostro canale telegram