DOPO IL PCI. Questioni storiche e di prospettiva

di Aginform

Questo è il titolo dell’ultimo volume uscito a cura di Aginform nella serie “Percorsi comunisti”1. Si tratta di 5 volumi che raccolgono la traiettoria con cui gli autori (Roberto Gabriele e Paolo Pioppi) hanno attraversato le esperienze fatte in un arco di tempo abbastanza lungo, che va dalla fine degli anni ’70 a oggi, partendo dall’OPR (Organizzazione Proletaria Romana), un’esperienza comunista e di classe che ha retto fino alla grande crisi degli anni ’902, passando poi alla necessità di esprimere un orientamento comunista nel deserto creato dal crollo dell’URSS3, all’apertura di una discussione sull’esperienza comunista in Italia prima della capitolazione4, e alla questione di chiarire, in vista di una possibile ripresa, il giudizio su Stalin5.

Il 5° volume6, uscito da pochi giorni, cerca di trarre le conclusioni di queste esperienze e considerazioni e intende rappresentare una base di discussione sulle prospettive dei comunisti in Italia, almeno per quelli che una riflessione la ritengono necessaria. Entrando nel merito, si tratta come avverte il sottotitolo di “questioni storiche e di prospettiva”.

Le questioni storiche sono trattate nella prima parte, che porta il titolo: “Il bambino e l’acqua sporca”. L’immagine si riferisce al fatto che la furia iconoclasta seguita alla liquidazione del PCI ha portato a un rifiuto globale dell’esperienza comunista italiana, dando spazio al nascere di gruppi e partitini alternativi che hanno inquadrato il percorso seguito da Gramsci, e soprattutto da Togliatti, come sostan­zial­men­te anomalo e in fondo revisionista. Nel caso di Gramsci, per l’esattezza, il trattamento è stato un po’ diverso. Nella vulgata neocomunista Gramsci è tenuto in considerazione più come simbolo intellettuale, senza vedere però che la sua teorizzazione delle forze motrici della rivoluzione e la sua pratica politica (si pensi al Gramsci del 1924, all’epoca dell’Aventino e del delitto Matteotti) anticipavano le analisi che Togliatti sviluppò dal 1926 in poi, che sono state alla base dell’azione del Partito comunista italiano che lo ha portato ai risultati ben noti e non va assoluta­mente confusa con la storia successiva al 1964, anno della sua morte, che nel libro non è oggetto di analisi specifica, ma è vista comunque a grandi linee come storia di decadenza e liquidazione di un grande passato. Quelli che hanno ‘gettato il bambino con l’acqua sporca’ non hanno tenuto conto, secondo gli autori, del fatto che l’esperienza comunista in Italia, prima della mutazione genetica, rappresentava un fattore d’importanza storica che, come il libro spiega, è ancora oggi la base di ogni possibile ricostruzione di un futuro per i comunisti.

In che cosa consiste questa esperienza storica e perchè gli autori del libro la ritengono la base della ricostruzione di un futuro di trasformazione sociale?

Se andiamo ad esaminare il rapporto tra il PCI e lo sviluppo della storia italiana a partire dagli anni ’20 fino agli anni ’60 del secolo scorso e se non si è vittime di quello schematismo ideologico inerte che a partire dal 1968 ha tenuto lontane dalla comprensione della realtà italiana alcune generazioni di compagni, ci si può facilmente rendere conto del fatto che il partito comunista in Italia non ha agito in maniera ideologica, cioè come setta, ma è stato capace di diventare protagonista essenziale degli avvenimenti del nostro paese per la sua capacità di interpretarli e di spingere le contraddizioni di classe, sociali e politiche nella direzione giusta, con una strategia unitaria. Questo è stato fatto nell’asse che va dalla Resistenza alla Repub­blica, la Costituente, la Costituzione e la ‘guerra di posizione’ contro la restaurazione democristiana. Questo ha portato il PCI a diventare quel grande partito di massa che è stato. Ma non si tratta ora di fare della retorica su un dato incontestabile, come qualche identitario continua a riproporre, quanto di capire le ragioni dei risultati conseguiti e il rapporto che esiste tra un passato glorioso e il presente.

Sulla questione storica il libro illustra le posizioni dei comunisti italiani nella fase di definizione della Costituzione e rapporta questo passaggio alla prospettiva socialista mettendo in evidenza la specificità delle scelte dell’epoca rispetto ai rapporti di forza e alla condizione storica. La lettura dei testi riportati nel libro, che spaziano dalla Costituente al rapporto tra riforme e rivoluzione, al ‘partito nuovo’ di Togliatti, è soprattutto una grande lezione di metodo che deve indurre i compagni a capire come i comunisti abbiano saputo operare politicamente nel contesto storico dato e guidare i processi reali. Niente politichese dunque, ma analisi concreta della situazione concreta. Non si tratta dunque di archeologia, nè di riportare indietro la ruota della storia, ma di una guida da riproporre per capire come muoversi nel presente.

Nella seconda parte del volume, intitolata “L’uovo di Colombo”, gli autori cercano perciò di mettere a fuoco l’importanza dell’esperienza storica dei comunisti italiani per affrontare un progetto di ripresa che a quella storia possa riconnettersi. Indagando su questo, e tenendo conto dei fallimenti delle esperienze politiche e delle rifondazioni registrati dopo il ’68, si arriva alla conclusione che il nodo strategico da affrontare è quello di riprendere l’impegno storico del comunisti per la realizzazione dei principi costituzionali come passaggio a un tipo di società non basata sull’ideolo­gia del profitto e sul liberismo. Su questo scenario di ricomposizione di un processo storico interrotto dalla degenerazione del PCI si può riprendere la marcia verso la trasformazione dei rapporti sociali e al tempo stesso si possono riagganciare i settori progressisti e popolari che a partire dal 1943 sono stati la base del cambiamento. L’alternativa a questa scelta sarebbe la sopravvivenza di quell’antagonismo velleita­rio, privo di progettualità politica, che da decenni anima un protagonismo ripetitivo di gruppi e gruppetti di tendenza anarco-sindacalista e neocomunista, che interpretano il presente come invocazione di ‘un altro mondo possibile’, senza definire i processi reali e la loro oggettiva potenzialità.

Nella ricerca di una via d’uscita da questa deriva è stata usata l’espressione dell’uovo di Colombo, come per dire che, se non si fosse buttato il bambino coll’acqua sporca, tenendo in debito conto la storia dei comunisti italiani avremmo avuto la possibilità di trovare la chiave di volta della ripresa possibile. Rimandiamo alla lettura del testo le motivazioni di questa impostazione, che gli autori ritengono nè più a destra né più a sinistra di quel chiacchiericcio ‘rivoluzionario’ degli ultimi decenni alimentato dalla cultura di cattivi maestri, bensì la riproposizione di una prospettiva storica concreta che è all’ordine del giorno, come lo scontro con Berlusconi, con Renzi e con Draghi ha ampiamente dimostrato in questi anni. Oggi che c’è la Meloni la musica non cambia, atlantismo e liberismo sono i nemici da battere.

Note:

1 Dopo il PCI. Questioni storiche e di prospettiva, 304 pagine, Aginform, novembre 2022

2 La storia di questa esperienza è descritta nel primo volume, La Zattera e la Corrente, 208 pagine,Aginform, settembre 2019.

3 Il volume che ne parla si intitola Lettere ai Compagni, 544 pagine, Aginform, giugno 2020.

4 Il ruolo di Togliatti. Da Salerno a Yalta, 336 pagine, Aginform, novembre 2020.

5 STALIN materiali per la discussione, 656 pagine, Aginform, aprile 2021.

6 Per ordinare il quinto volume e/o i precedenti, singoli o gruppi possono scrivere a [email protected] per ricevere tutte le informazioni su prezzi e modalità di pagamento.

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