“Don’t look up”: quando il cinema mette in discussione il nostro rapporto con la scienza

di Jonathan Chenal (Climatologo)

da https://revue-progressistes.org

Traduzione di Lorenzo Battisti

“Don’t look up” (Adam McKay, 2021) solleva la questione del rapporto tra scienza e società quando la prima annuncia una minaccia esistenziale alla seconda (in questo caso una cometa diretta verso la Terra), e la seconda rivela tutta la sua assurdità ignorando questo avvertimento, deridendolo o cercando di trasformarlo in un’opportunità. Il film ritrae un malinteso reciproco: gli scienziati non capiscono che il resto della società non prende sul serio i loro avvertimenti (in questo caso sul cambiamento climatico) a causa di una mancanza di cultura scientifica, e la società non capisce la scienza a causa di un mancato riconoscimento del suo posto nella cultura generale. Va oltre, evidenziando la negazione della realtà: Come per il riscaldamento globale o la pandemia di COVID, o, molto prima, Galileo che si scontra con le autorità che rifiutano di ammettere ciò che vedono (i satelliti di Giove che ha appena scoperto), il film mostra il cinismo politico che arriva al punto di ingiungere alla parte della popolazione che è ideologicamente acquisita da loro di “non guardare in alto” (per usare il titolo del film), di rifiutare questa realtà che sarebbe solo un’invenzione destinata a mettere in discussione l’ordine politico che li beneficia.

Ma il film è anche sottile su un certo discorso pseudo-progressista che non nega la minaccia, ma la trasforma in un’opportunità; in questo momento, mostra che questa tentazione porta a incoraggiare la fiducia nella visione di un uomo solo (l’uomo d’affari che promette molto) rispetto al lavoro collettivo e verificato di molte persone molto più qualificate di lui; Questo è anche il caso del cambiamento climatico, dove alcune persone pensano di poter approfittare della scomparsa della banchisa o del permafrost per risparmiare giorni di navigazione o per coltivare terreni che una volta erano permanentemente congelati. Queste pseudo-soluzioni si rivelano disastrose perché portano all’abbandono di soluzioni credibili per evitare il disastro, senza realizzare le speranze suscitate. E alla fine il disastro avviene, perché la società nel suo insieme, piena di contraddizioni, non si è dimostrata all’altezza dell’evento.

Il film, tuttavia, solleva la questione del perché la società insegna la scienza e finanzia la ricerca: per trarre opportunisticamente profitto quando qualche ignorante pensa che sia un modo per fare soldi? per tenere occupate alcune grandi menti? per sentirsi bene con la propria grandezza? La follia generale del mondo (poteri, media, mercati, reti sociali, ecc.) mi porta a pensare che sì, per tutte e tre le ragioni; gli scienziati sono considerati solo se annunciano solo buone notizie o se si limitano al ruolo inoffensivo di “professore matto”, che è mezzo sogno, mezzo divertimento. Ma il film mostra chiaramente che gli scienziati non sono immuni da diverse insidie: il disprezzo di fronte a questo delirio collettivo, che può portare alla depressione, alla rabbia e alla rottura con la società che pretendono di illuminare; o la corruzione, essendo assorbiti dal sistema, sacrificando l’esigenza dell’etica scientifica agli imperativi extra-scientifici (del potere, dei media, ecc.), che hanno mezzi molto sviluppati per influenzare il pubblico. ) che hanno mezzi molto sviluppati per comprare scienziati (ci sono stati quelli che hanno sostenuto che le sigarette erano innocue per la salute, o altri che, come membri dell’Accademia delle Scienze, hanno negato completamente il riscaldamento globale…). Da qui la domanda: perché fare lo scienziato individualmente? Per piacere, naturalmente! Ma, per quanto riguarda la società, per dimostrare che l’umanità non è completamente sprofondata nell’irrazionalità?

Questa è una visione un po’ pessimista; il film è effettivamente pessimista ma, se è davvero una metafora della ricezione del messaggio degli scienziati sulla questione del clima, è realistico. La scienza, nonostante tutto, contribuisce al miglioramento del benessere quando scopre cose che migliorano la condizione umana; ma è vero che quando certifica cattive notizie, purtroppo viene ignorata, che è il modo più sicuro per non cercare, e tanto meno trovare, modi per rispondere ai problemi che solleva. Ci sono naturalmente delle eccezioni (il buco nell’ozono, con il protocollo di Montreal, che è applicato globalmente) ma si ha il diritto di rimanere insoddisfatti delle misure prese, in generale, in risposta agli avvertimenti lanciati per decenni dagli scienziati su vari argomenti. Il film si conclude con questo salutare promemoria: non esiste un pianeta alternativo.

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