
di Marco Pondrelli
Dopo avere raccontato la Cina attraverso gli occhi di Nenni, Alberto Bradanini torna ad occuparsi di un Paese che conosce molto bene essendo stato ambasciatore italiano a Pechino dal 2013 al 2015. Il libro è diviso in quattro capitoli che affrontano l’argomento inquadrandolo da diverse prospettive.
La prima parte analizza il ‘socialismo con caratteristiche cinesi’, è una questione centrale se si vuole capire cosa è oggi la Cina cogliendo le cause alla base di quella che l’Autore nel sottotitolo del libro definisce ‘irresistibile ascesa’. Scrive Bradanini ‘l’omertà che circonda il successo dell’ascesa cinese da parte di organizzazioni e media internazionali controllati dall’Occidente è figlia della narrazione ideologica capitalista che non ha interesse a promuovere l’emancipazione dei paesi poveri che continua a sfruttare e depredare’ [pag. 32]. Per capire il perché di questo sviluppo vanno colte le peculiarità cinesi, a partire dalla presenza dello Stato nei settori fondamentali dell’economia, per arrivare al ruolo del Partito e della sovranità [pag. 30]. Una crescita come quella cinese che ha portato, ma è solo un esempio, il PIL pro-capite da 165 dollari del 1976 a 11.891 del 2021 può essere colta solo comprendendo la specificità e la complessità del sistema cinese. Troppo spesso il dibattito italiano è annegato da banalità di scarso spessore come il furto dei brevetti o la concorrenza sleale, sono argomenti che possono servire (forse) a guadagnare qualche voto ma che non spiegano nulla.
Più interessanti sono i riferimenti che l’Autore dedica alla NEP, sono riflessioni che in parte ha svolto anche Vladimiro Giacché nella prefazione del libro da lui curato ‘Economia della rivoluzione’, libro nel quale attraverso gli scritti di Lenin si gettava uno sguardo anche alla Cina contemporanea. Fare crescere l’economia è condizione essenziale per costruire il socialismo, la redistribuzione ha un senso se si crea ricchezza altrimenti si redistribuisce la povertà. La Cina oggi può porsi obiettivi di ‘qualità’ investendo sui servizi, sull’innovazione e sull’istruzione [pag. 69] perché è riuscita a sradicare la povertà estrema e può quindi guardare ad una nuova fase dello sviluppo.
La seconda parte è forse quella di maggiore interesse (ma questo è un giudizio soggettivo) perché si occupa delle relazioni internazionali. Parlando della Cina si parla del mondo, dall’ingresso nel WTO la Cina è cresciuta ed il discorso di Xi Jinping a Davos nel 2017 sancì l’idea di uno Stato pronto a commerciare e a rapportarsi con il resto del mondo ma anche attento al tema delle diseguaglianze, il tutto mentre gli Stati Uniti trumpiani erano immersi in contraddizioni dalle quali non sono ancora usciti. Il rapporto con gli Stati Uniti è centrale in questo capitolo, come nota Bradanini ‘di fronte a un mondo recalcitrante, e alle prese con una forte frustrazione per il crescente numero di paesi che non intendono più piegarsi al loro dominio, già da alcuni decenni gli Stati Uniti hanno alzato il livello di violenza esercitato nel mondo’ [pag. 133], usando una formulazione gramsciana possiamo dire che venuta meno l’egemonia gli USA hanno spostato la loro politica sul piano militare. Il Pivot to Asia di Obama, impostato da Bush jr, si è trasformato nel QUAD trumpiano confermato da Biden, tutto ciò chiarisce che la politica statunitense vede nella Cina la principale minaccia alla propria egemonia. La politica statunitense, ed anche italiana, accusa la Cina di tutti i mali, questo le permette di non fare i conti con i propri ritardi. Come osserva Bradanini il disavanzo che oggi gli USA hanno accumulato con la Cina è pari alla ‘somma dei disavanzi che Washington accumulava sino agli anni Novanta con tutti i paese dell’Asia Pacifico’ [pag. 142], questo dimostra che il problema non è la Cina ma la struttura industriale-economica americana, gli USA consumano più di quello che producono e la colpa non è dei cinesi.
L’attacco che gli USA hanno portato alla Russia unito alla loro paura verso la Cina ha portato queste due potenze a riavvicinarsi, scrive l’Autore: ‘la crisi ucraina del 2014 offre l’occasione per un salto di qualità nel processo di riavvicinamento. Fabbricata a tavolino dagli Usa in funzione antirussa, la cosiddetta primavera ucraina dischiude per Pechino inattesi spazi di agibilità [pag. 155], così come nel marzo 2014 la Cina trovò la formula per non sostenere la Russia nell’annessione della Crimea senza venire meno al suo principio rispetto all’integrità territoriale, oggi nello scontro con l’Ucraina Pechino continua ad essere al fianco di Mosca. Il rafforzamento dell’asse Cina-Russia si completerebbe con un rapporto forte con l’Europa, l’unità del continente euroasiatico cambierebbe gli equilibri mondiali ma qui l’Autore suo malgrado deve introdurre le note più dolenti perché la Ue si sta rivelando incapace di costruire una propria autonomia dagli Stati Uniti, questa eventualità è ‘un’ipotesi accademica, poiché tale creatura non esiste in natura, non è prevista dai Trattati e verrebbe comunque osteggiata dalle nazioni che contano e dalle oligarchie finanziarie europee’ [pag. 166]. Se la dirigenze di Pechino è scettica sui rapporti con la Ue possiamo definirla sconsolata per quanto riguarda l’Italia considerato uno Stato a sovranità limitata.
È molto interessante il passaggio sull’Africa rispetto alla quale vengono smitizzati, dati alla mano, le narrazioni di una Cina neocoloniale che sta strangolando gli Stati africani con il debito.
Completano il libro due capitoli molto interessanti che affrontano l’analisi della politica cinese, del ruolo del marxismo e del suo sviluppo futuro alla luce della crescita economica di questi anni. Un tema molto importante, la Cina si è dimostrata capace di gestire le crescita economia, di evitare bolle e di combattere la povertà saprà gestire le conseguenze politiche di questa impetuosa crescita? La risposta a questa domande determinerà non solo il futuro della Cina ma anche il nostro.
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