C’era una volta l’URSS. Storia di un amore. Laura Salmon

di Marco Pondrelli

Il libro di Laura Salmon pubblicato da Sandro Teti Editore non è un saggio di analisi politica, non indaga le cause della crisi dell’Unione Sovietica. Questo libro è qualcosa di più, è un atto d’amore verso l’URSS e il suo popolo. L’Autrice oltre ad essere una slavista e ad insegnare Teoria delle traduzioni all’Università di Genova è anche la traduttrice italiana di Dovlatov che nel testo è citato molte volte. Potrebbe apparire strana la scelta di citare un autore dissidente che lasciò l’URSS per gli Stati Uniti, in realtà nei libri di Dovlatov rimane l’amore per il suo popolo con il quale lui, dissidente anche negli Stati Uniti, continuò a identificarsi.

Conoscendo i russi si rimane stupiti dal grande senso ironico di questo popolo, in Italia la Russia è entrata nella cultura popolare non tanto per i grandi personaggi delle letteratura ma per Ivan Drago di Rocky IV, è quindi normale rimanere spiazzati. Un esempio su tutti, l’Autrice ricorda un aneddoto sui sei gradi paradossi del socialismo: ‘non c’è disoccupazione, ma nessuno lavora. Nessuno lavora, ma il piano quinquennale va in porto. Il piano quinquennale va in porto, ma nei negozi non c’è niente. Nei negozi non c’è niente, ma i frigoriferi sono strapieni. I frigoriferi sono strapieni, ma nessuno è soddisfatto. Nessuno è soddisfatto ma tutti votano a favore‘. Questo libro è anche uno strumento per conoscere una realtà tanto lontana da noi, scrive Laura Salmon: ‘è impossibile per un italiano immaginare quanto gli stereotipi sulla Russia – per lo più ideati e diffusi da chi non la conosce affatto, da chi la teme o la detesta – siano sistematicamente l’esatto contrario di ciò che sa chiunque la conosca e di ciò che la Russia è per i russi stessi‘.

Nel libro l’Autrice non omette di sottolineare i problemi dell’Unione sovietica degli anni ’80, allo stesso tempo ciò che emerge è la serenità e l’amore dei russi per il proprio Paese. Questo bellissimo racconto, che è la storia personale vissuta dall’Autrice, è spesso accompagnato dalle citazione dei grandi poeti, letterati, filosofi e artisti russi che sono un patrimonio vissuto da tutto il popolo, personalmente ricordo Giulietto Chiesa raccontare come in Russia era normale portare l’auto dal meccanico è sentirsi citare Pushkin.

Alle bellissime pagine che raccontano la vita quotidiana in Unione Sovietica si accompagnano quelle tristi del suo dissolvimento. Pur non essendo un libro storico-politico c’è una critica non solo per come l’Unione Sovietica è stata liquidata ma anche di denuncia per quello che era divenuta la Russia di quegli anni. Non si troveranno pagine che incensano Gorbacëv e El’cin, al contrario l’Autrice sostiene che entrambi ‘erano preoccupati sopratutto di compiacere gli Stati Uniti‘. Si coglie il dolore personale che ha vissuto Laura Salmon nel vedere scomparire quel mondo che tanto aveva amato. Lo stesso capovolgimento rispetto alle letture ‘mainstream’ si ha nello sguardo che viene rivolto alla Russia contemporanea, se gli anni ’90 sono stati la decadenza oggi c’è una ripresa prima ancora che politica ed economica sociale e culturale: ‘la Russia si è svegliata dal suo lungo e venefico letargo, ha deciso di difendere la propria civiltà, la propria dignità, e di restituire un’alternativa al mondo‘.

Sono affermazione coraggiose in un periodo in cui anche il mondo accademico soffre di un preoccupante conformismo, è quindi molto importante il contributo di Laura Salmon e anche il suo post scriptum, laddove l’Autrice di origine ebraica scrive: ‘non riesco neppure a descrivere il dolore che ho provato nel vedere un nazista, un assassino di ebrei, applaudito con fervore dal Parlamento canadese’. Purtroppo la riscrittura della storia è avvenuta grazie anche alla compiacenza di chi ha dimenticato qual è il ruolo degli intellettuali, vendendosi per un po’ di finta gloria.

In conclusione l’Autrice ringrazia i suoi studenti, ragazze e ragazzi che continuano, nonostante il martellamento mass-mediatico, a volere conoscere la Russia, la sua lingua e la sua cultura, è questa la speranza a cui aggrapparci e che ci fa pensare (forse con un eccesso di ottimismo) che gli odiatori seriali sono più un fenomeno televisivo che non sociale.

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