Trent’anni fa, nella notte tra il 3 e il 4 ottobre 1993, l’allora presidente Boris Eltsin diede l’ordine alle forze armate di aprire il fuoco contro la ‘Casa Bianca’, la sede del parlamento della federazione russa. In precedenza i sostenitori del parlamento erano stati massacrati anche vicino al centro televisivo di Ostankino. Il fattore scatenante del sanguinoso confronto era stato il decreto n. 1400 di Eltsin, firmato il 21 settembre, che scioglieva il Congresso dei deputati del popolo e il Consiglio supremo. La Corte costituzionale aveva riconosciuto l’incompatibilità del decreto con la Legge fondamentale. In risposta, il Congresso dei deputati del popolo aveva dichiarato Eltsin decaduto dalla carica di presidente.
Ecco come rievoca quei fatti il presidente del CC del PCFR, Gennady Zyuganov.
Traduzione a cura di Aginform
Il 3 ottobre Eltsin firmò un decreto che introduceva lo stato di emergenza a Mosca. Le divisioni Taman, Tula e Kantemirovfurono fatte affluire nella capitale. Alle 8 del mattino successivo, veicoli corazzati da trasporto truppe e veicoli da combattimento di fanteria, e poi carri armati, aprirono il fuoco sulla Casa Bianca e sui difensori del parlamento. All’assalto presero parte circa 1.700 agenti delle forze di sicurezza. A mezzogiorno, secondo la Direzione medica principale di Mosca, negli ospedali della capitale si contavano 192 vittime, 158 furono ricoverate in ospedale e altre 18 morirono. La sera del 4 ottobre i difensori della Camera dei Soviet iniziarono ad arrendersi.
“Con il decreto n. 1400, Eltsin aveva deciso di sciogliere il Consiglio supremo e il Congresso dei deputati del popolo – afferma Gennady Zyuganov – adesso in TV ci sono programmi sugli eventi del 1993, in cui si parla di scontro tra due gruppi: Eltsin e la sua camarilla da un lato, e il vicepresidente Rutskoi, il presidente del Consiglio supremo Khasbulatov, e i deputati del congresso dall’altro. Ma In realtà non si scontrarono solo due gruppi politici ma due visioni completamente opposte sul futuro del paese, quella filoamericana e quella patriottica di sinistra”.
Nel 1992, Eltsin aveva concluso il suo discorso al Congresso degli Stati Uniti con le parole “Dio benedica l’America!” Durante quel discorso, durato quasi un’ora, i deputati applaudirono entusiasticamente l’oratore per 16 volte. Chiedeva infatti benedizioni per la distruzione del suo stesso Paese, per la svendita dei beni demaniali per una miseria, per tutto ciò per cui i nostri avversari hanno distrutto lo Stato sovietico con l’aiuto di Gorbaciov e Eltsin.
Ma dopo i sei mesi di regno di Gaidar a capo del Governo, il Congresso dei Deputati del Popolo aveva finalmente capito: il Paese era abbandonato al massacro da parte del Consiglio dei Ministri, che agiva nell’interesse di coloro che cercavano di privare il nostro Paese della sovranità. I deputati cercarono di ribellarsi a questo sviluppo degli eventi. A loro volta, Eltsin e i suoi protettori americani si resero conto che finché non avessero affrontato il Congresso e non avessero disperso il potere sovietico, il capitale straniero e i nuovi ricchi locali non sarebbero stati in grado di ottenere un accesso diretto alle risorse russe.
Oggi è importante, riassumendo i risultati, inchinandosi alla memoria dei difensori del potere sovietico, dare una valutazione onesta degli “impetuosi anni ’90”. Altrimenti continueremo a vagare nel buio.
Come pensi che dovrebbe suonare questa valutazione onesta?
Il primo crimine della camarilla Eltsin fu quello di aver tradito il Paese. Eltsin ha tradito il Partito Comunista, lui e i suoi sostenitori hanno tradito gli ideali più alti per i quali la nostra Patria sovietica aveva combattuto nella lotta contro il fascismo e il nazismo. Questo è un tradimento senza termine di prescrizione; per esso non può esserci perdono. I traditori sono sempre stati i criminali più disprezzati della Rus’.
Il secondo crimine è che Eltsin, benedicendo l’America, ha dato mano libera alle forze più malvagie e senza principi. Intendo la quinta colonna, che ha fatto a pezzi il Paese, incurante di tutto.
Il terzo atto criminale è che Eltsin ha violato il referendum tenuto nel 1991 in tutta l’Unione sulla preservazione dell’URSS. Il 77,85% degli elettori si era detto favorevole a preservare il Paese come una rinnovata federazione di repubbliche eguali e sovrane. In sostanza, firmando gli accordi Belovezhskaya, Eltsin aveva calpestato la volontà del popolo, il che è assolutamente inaccettabile.
Alla fine fu Eltsin a dare l’ordine di sparare al parlamento. Abbiamo indagato attentamente su questo crimine. Furono impartiti ordini a tutte le forze di sicurezza. Inoltre, il Consiglio Supremo è stato trattato nel modo più disgustoso. L’esecuzione esemplare doveva servire da terrificante “lezione” per chiunque tentasse di resistere, di resistere alle forze distruttive.
A quei tempi ero stupito dagli operatori televisivi della CNN. Avevano posizionato le telecamere in anticipo, anche prima che iniziassero a sparare, nei punti migliori per le riprese. A quanto pare, erano consapevoli di ciò che sarebbe successo molto prima che il sangue fosse versato. E fin dai primi minuti trasmisero in diretta il massacro dei difensori del potere sovietico.
Nel corso della nostra indagine sono emerse informazioni secondo cui i colpi provocatori, che furono attribuiti ai difensori della Camera dei Soviet, sarebbero stati sparati da forze speciali della NATO. Faccio notare che abbiamo assistito a una provocazione simile durante l’Euromaidan a Kiev.
Poi, subito dopo il massacro, le autorità vararono una nuova Costituzione, scritta d’urgenza secondo i modelli delle costituzioni di USA, Francia e Austria. Ma intanto tutte le forme di controllo del popolo e dei deputati sul potere esecutivo furono sistematicamente rimosse dal testo della nuova Legge fondamentale. Il risultato fu una Costituzione di autocrazia, e autocrazia presidenziale. Tutto è stato fatto in modo che con i decreti presidenziali fosse possibile fare qualsiasi cosa, fino al completo saccheggio della ricchezza nazionale creata da molte generazioni e alla distruzione delle basi stesse del nostro Stato.
Contemporaneamente all’adozione del progetto di nuova Costituzione furono annunciate le elezioni per la Duma di Stato in prima convocazione e per il Consiglio della Federazione. Sotto dettatura degli americani, lo spazio politico venne ridisegnato. Il Cremlino fissò in anticipo il risultato elettorale: Gaidar rappresenterà il partito al potere, Shakhray le regioni, Yavlinsky è un partito di liberali filoamericani, Zhirinovsky è il liberale più rumoroso mascherato da patriota, Lakhova – il movimento delle donne russe.
La nostra partecipazione alle elezioni non era prevista. Le autorità in quei giorni bandirono sia il quotidiano Pravda che la Sovetskaya Rossiya. I sostenitori del Partito Comunista della Federazione Russa furono sottoposti a interrogatori e sottoposti a procedimenti penali. Ma agli americani non piaceva che si andasse troppo per le spicce? Il Partito Comunista della Federazione Russa aveva difeso il proprio diritto di esistere davanti alla Corte Costituzionale. I rappresentanti di Eltsin all’estero proposero una mossa gesuitica: darci il permesso di partecipare alle elezioni una settimana prima del voto. Si calcolava che il partito non avrebbe raccolto le 100mila firme necessarie in così poco tempo. Ma abbiamo raccolto 200mila firme – e in soli cinque giorni! Le persone si sono messe in fila per firmare. E dicevano che dietro gli spari dei carri armati avevano visto il ghigno fascista della democrazia liberale!
La decisione di partecipare alle elezioni fu molto difficile. Furono elezioni cruente. Ma insieme fu anche un’opportunità per utilizzare la piattaforma parlamentare, creare un gruppo parlamentare, ripristinare l’organizzazione e unire le forze patriottiche di sinistra. Era il nostro sacro dovere e l’abbiamo compiuto.
Quale considera il crimine più importante della squadra di Eltsin?
Saccheggiare il paese e derubare la gente. Lasciano che i risparmi dei cittadini vadano sprecati. Ho incontrato i minatori negli anni ’90. Un minatore diceva di aver lavorato in miniera per dieci anni. Pensava che i soldi guadagnati sarebbero stati sufficienti per un appartamento, un’auto o una dacia. Ma le riforme di Gaidar trasformarono i suoi risparmi in carta igienica: bastavano solo per un paio di scarpe. E furono decine di milioni coloro che all’improvviso si ritrovarono senza nulla, vilmente ingannati e spudoratamente derubati. Naturalmente, fu la camarilla di Eltsin a dare vita all’insaziabile e avida oligarchia. Alcuni oligarchi, i cui nomi furono ascoltati per la prima volta allora, oggi sono volti ben noti.
Che merito attribuisce al Partito Comunista della Federazione Russa nell’analizzare i risultati degli anni ’90?
Nel 1993 abbiamo salvato il Paese da una grande guerra civile. Tutto era appeso ad un filo. Poi abbiamo salvato il Paese nel 1996, quando Eltsin fece un nuovo tentativo di disperdere la Duma, arrestare l’opposizione e compiere un altro massacro. Infine, abbiamo salvato il Paese dopo il default del 1998 partecipando attivamente alla formazione del governo Primakov-Maslyukov-Gerashchenko.
E quando, sei mesi dopo, Eltsin sciolse il gabinetto di Primakov, cominciammo a spingere perchè venisse dichiarato decaduto. Avevamo preparato i documenti necessari da quasi due anni con le prove sugli episodi più importanti: la distruzione del paese a seguito della cospirazione Belovezhsky, la guerra in Cecenia, la vendita delle proprietà statali per una miseria, il genocidio del popolo russo. Ma Zhirinovsky e Yavlinsky al momento del voto decisivo si tirarono indietro e non fu possibile dichiararlo decaduto.
Oggi è estremamente importante insegnare la storia onestamente alle nuove generazioni. Dobbiamo ricordare il 1993: una terribile lezione di tradimento, tradimento e rapina. Nel trentesimo anniversario di quei tragici eventi, sarebbe giusto che la leadership del Paese bollasse quest’era di gangster come traditori e distruttori e ammettesse infine che il corso socioeconomico che da lì abbiamo ereditato deve essere completamente rivisto. Allora le cose andrebbero molto meglio per noi anche in campo militare e verrebbe sviluppata una politica coerente di innovazione tecnologica e di ripristino della sovranità economica. Allora inizierebbe una nuova era. Nel frattempo non ci siamo ancora completamente liberati dell’abominio e del tradimento degli anni ’90. Non hanno portato nulla di buono al Paese. Abbiamo ancora bisogno di un nuovo corso. Dobbiamo attuare il programma di vittoria che il Partito Comunista e le forze patriottiche di sinistra rappresentano oggi.
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