di Andrea Genovali | da www.oltre-confine.it
Ricordare Chris Hani a diciannove anni dal suo assassinio.
Cosa resta delle sue idee nell’attuale Sudafrica?
Nell’aprile di diciannove anni fa veniva assassinato Chris Hani, segretario del Partito Comunista del Sudafrica (Sacp). Il Sacp lo ha ricordato con una serie di manifestazioni e un lungo scritto nel quale si ripercorre la sua storia di militante e di dirigente comunista al servizio della libertà contro l’abominio dell’apartheid e del capitalismo.
Hani nasceva nel 1942 in uno sperduto villaggio chiamato kuSabalele, quinto di sei figli. La sua lotta rivoluzionaria inizia da giovanissimo, a 15 anni, quando, aderendo alla Lega giovanile del Sacp, prende parte alle lotte contro il Bantù Educational Act, che comprendeva molte delle leggi razziste che hanno caratterizzato il regime segregazionista di Pretoria. In particolare, quella legge stabiliva la separazione razziale nel corso di studi.
Nel 1950 il governo razzista promulgava anche la legge 44 chiamata: “Soppressione del comunismo” con la quale veniva reso illegale il Sacp e passibili di incarcerazione i suoi aderenti. La motivazione? Banalmente drammatica: perché comunisti! Le ultime disposizioni di questa nefasta legge vennero cancellate definitivamente solo nel 1993, proprio l’anno dell’assassinio di Hani. Ma proprio a causa di questa legge Hani venne dapprima imprigionato e poi riuscendo a fuggire se ne andò in esilio in Lesotho. Rimase ufficialmente lontano dal Sudafrica fino a metà degli anni Settanta, quando decise di rientrare e nel 1991 divenne segretario del Sacp subentrando a Joe Slobo. Hani fu il capo del braccio militare dell’ANC (MK), e in questo ruolo acquistò grande notorietà e grande stima dentro l’ANC e fra il popolo nero in lotta, soprattutto dopo l’arresto di Mandela e di altri combattenti del MK. All’epoca queste persone, che oggi sono additate come eroi del loro popolo e combattenti per la libertà, con Mandela premio Nobel per la pace, erano accusati di terrorismo anche da vari paesi europei che, volutamente, scambiavano come terrorismo la lotta di un popolo che cercava di costruire il proprio futuro in modo libero e democratico. La stessa malafede che anima i nostrani paladini della libertà nei confronti di paesi, prima indipendenti e non allineati all’imperialismo e per questo dichiarate dittature crudeli a prescindere, e che, dopo sanguinose guerre, false rivoluzioni e golpe militari, sono diventati liberi e democratici. E questo perché semplicemente adesso sono stati fantoccio sostenuti e eterodiretti dagli Usa. Ma come si sa la storia non la si può imbrigliare con volgari bugie e alla fine essa emerge sempre con la sua realtà e la sua verità. Proprio come è accaduto in Sudafrica.
Hani ripeteva soventemente che occorreva studiare e conoscere il passato, analizzare con grande lucidità e scientificità il presente e alla luce di queste conoscenze agire per creare una strategia vincente per le classi popolari e i lavoratori del Sudafrica. Chris Hani ha vissuto con grande intensità gli anni e i decenni della durissima lotta contro il regime segregazionista bianco lavorando in clandestinità dentro e fuori il Sudafrica. Ha subito una miriade di attentati dai quali è sempre riuscito a sfuggire anche se i nemici erano potenti. Hani era molto amato da chi si batteva per la libertà; aveva idee forti, radicali, ma teneva sempre lucidamente la bussola orientata verso una libertà nazionale democratica e socialista. Ebbe momenti di contrasto anche dentro l’ANC, quando nel 1969, insieme ad altri compagni in esilio, denunciò in un documento la scarsa preparazione di alcuni quadri in esilio e la loro poca determinazione per raggiungere gli scopi che ci si era prefissi. La risposta del gruppo dirigente di allora della ANC fu dura e profondamente errata e Hani venne sospeso dall’ANC. Hani non fece azioni di critica e di organizzazione del dissenso dentro l’ANC ma rimase sulle sue posizioni fino a quando la stessa ANC riconobbe il proprio errore e la giustezze delle critiche sollevate in modo aperto e trasparente da Hani e dagli altri compagni. E così Hani fu reintegrato nel movimento.
Hani proseguì nella sua lotta instancabile dentro e fuori il Sudafrica ma sempre con la bussola delle sue idee e delle sue analisi. E per questo fu lo stesso Hani agli inizi degli anni Novanta (quando il regime razzista fu costretto dalla grande determinazione e dalla lotta armata dell’ANC a riconoscere la legittimità delle rivendicazioni dell’Africa National Congress), attraverso un’analisi lucida e concreta affermò che era giunto il momento di lasciare la lotta armata e iniziare un nuovo percorso di lotta attraverso la trattativa per stabilire i termini di un negoziato che cancellasse il regime dell’apartheid. Fu una decisione forte, anche contrastata dentro l’ANC, specialmente dai più giovani che non credevano nella possibilità di proseguire verso la vittoria senza le armi. Ma Hani con grande capacità e analisi politica non arretrò dalla sua scelta che era resa ancor più forte perché posta in essere dal più importante quadro politico del braccio militare dell’ANC.
Cosa resta, dunque, della lezione di Chris Hani oggi in Sudafrica? Sicuramente molto. Resta, in primo luogo, l’esempio della sua vita di combattente comunista che rimane fresco e attuale anche nei giovani militanti sudafricani che non lo hanno conosciuto direttamente. Resta la sua idea di coniugare il potere democratico dello stato con il potere che i lavoratori hanno conquistato per far avanzare sempre più la rivoluzione democratica e socialista. Rimane il valore dell’unità fra tutti i rivoluzionari sudafricani siano essi democratici, comunisti e non comunisti. Rimane l’idea di una trasformazione profonda dell’economia del Sudafrica inserendola in un percorso di crescita che la ponga fuori dalle ricette capitalistiche del FMI e della Banca Mondiale. E l’adesione al BRICS è sicuramente un passaggio fondamentale per il Sudafrica per dare gambe e concretezza alle idee di Hani. Per i rivoluzionari sudafricani resta fondamentale saper analizzare, come ha insegnato Hani, il passato e la condizione presente per costruire strategie efficaci per il futuro. E allora non è possibile non difendere e sostenere le grandi conquiste che il popolo e il governo sudafricano hanno compiuto in questi anni da quel lontano 1994 in cui conquistarono la libertà. Il governo di Zuma sta lavorando efficacemente per un sistema sanitario nazionale gratuito per tutti; per una riforma agraria capace di ridare slancio alla produttività in agricoltura; per risolvere la crisi abitativa e per un trasporto pubblico all’altezza delle necessità del popolo sudafricano. Questi sono alcune delle issues fondamentali per il Sudafrica del domani. Ci sono ancora molte, tante, sfide da vincere, e di questo i comunisti sudafricani ne sono perfettamente coscienti, e per questo anche in onore di Chris Hani il Sacp proseguirà nella sua azione contro la precarizzazione del lavoro, per un salario sociale dignitoso, per un’istruzione pubblica degna di questo nome per tutti, anche e soprattutto per i ceti sociali più poveri ed emarginati…insomma per il Sacp la lotta per il pieno successo della rivoluzione democratica e socialista prosegue e l’ormai prossimo congresso nazionale del partito ne segnerà sicuramente un nuovo strategico passaggio.
Chris Hani venne assassinato il 10 aprile del 1993 da un polacco di estrema destra armato da un membro del partito conservatore. Un complotto della destra sudafricana razzista che voleva far fallire il processo di pace e di democratizzazione del paese. Ma l’assassinio del dirigente comunista segnò definitivamente anche la svolta nella storia del paese. Quel barbaro omicidio diede la rappresentazione definitiva che il popolo sudafricano non avrebbe permesso a nessuno, all’interno o dall’esterno del paese, di riportare indietro le lancette di quella storia che infiniti martiri sudafricani, comunisti e non, avevano conquistato con il loro sacrificio e con le loro vite per rendere finalmente liberi milioni di esseri umani. Chris Hani, a cui il Sacp ha intitolato il suo più importante centro studi, quando fu ucciso era il più famoso leader de Sudafrica dopo Mandela e, ancor oggi, a 19 anni dalla sua morte resta nel cuore dei militanti comunisti e non sudafricani.