Internazionalismo e lotta ideologica per l’affermazione di una via rivoluzionaria

lenin e rivoluzionedi José Reinaldo Carvalho*

da resistencia.cc

Traduzione di Mauro Gemma

A Daniel Ilirian Carvalho, che ha vissuto nell’attesa di commemorare il centenario della Rivoluzione d’Ottobre

La Rivoluzione, il cui centenario è motivo di celebrazione da parte delle forze vive del movimento operaio, rivoluzionario e comunista per tutto l’anno 2017, la Grande Rivoluzione Sovietica, diretta dal Partito Bolscevico guidato da Lenin, è stata il più grande evento politico-sociale della storia dell’umanità. Per la prima volta, il proletariato, unito con gli altri ceti popolari, soprattutto i contadini, ha conquistato il potere politico e ha iniziato la costruzione del potere dei lavoratori e della società socialista.

Il trionfo, 100 anni fa, della Rivoluzione d’Ottobre in Russia segna l’inizio di una grande epoca nella storia dell’umanità, l’epoca del passaggio dal capitalismo al socialismo.

Con questo evento il capitalismo ha cessato di essere l’unico sistema mondiale. Come conseguenza della vittoria della Rivoluzione d’Ottobre e dell’instaurazione del potere rivoluzionario, è sorto il nuovo sistema socialista, il primo paese con il proletariato emancipato ad esercitare il potere. Un sostegno colossale ai lavoratori in tutto il mondo.

La Rivoluzione russa del 1917 ha confermato la tesi di Marx e Engels, basata sull’analisi scientifica della società, che il capitalismo è un sistema economico-sociale e politico storicamente condannato. Sotto l’influenza di insanabili contraddizioni antagoniste, a un certo punto lo sviluppo economico e la lotta politica di classe presentano inevitabilmente acuti dilemmi e si verificano situazioni rivoluzionarie, che, nel quadro della maturazione di condizioni oggettive e soggettive, portano alla vittoria della rivoluzione.

La rivoluzione del 1917 è stata la forza trainante del progresso sociale. Partendo da una base economica arretrata, in pochi decenni l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche si è trasformata in uno dei paesi più prosperi e socialmente più avanzati del mondo. Sulle rovine del vecchio regime, è sorta una nuova civiltà umana, un’economia sviluppata, si è realizzato un immenso progresso materiale e spirituale, si è conquistata la giustizia, l’uguaglianza, è nato un popolo colto e dignitoso. Sono incomparabili le conquiste sociali, le riforme strutturali, i progressi civili operati dal nuovo ordinamento politico dello Stato proletario basato sull’alleanza tra operai e contadini.

La vittoria della rivoluzione russa, nelle condizioni particolari dell’inizio del secolo scorso, ha confermato la tesi di Lenin, secondo cui, con il passaggio del capitalismo alla fase imperialista, si sarebbe aperta l’epoca della rivoluzione socialista. Ciò diventa più chiaro quando si analizza lo scenario segnato dalle contraddizioni generali che definiscono il carattere dell’epoca.

La rivoluzione vittoriosa nel 1917, con la conseguente instaurazione del regime socialista e l’inizio della costruzione della società socialista, ha portato sulla scena dei conflitti sociali e geopolitici la contraddizione tra i due sistemi opposti, socialista e capitalista.

Lo sviluppo del sistema capitalista, già su scala globale, ha aggravato la contraddizione tra lavoro e capitale.

A cavallo tra il 19° e il 20° secolo, c’è stato un salto di qualità nel sistema capitalista, che ha raggiunto la sua fase imperialista, dando luogo all’antagonismo tra questo sistema e i popoli e nazioni oppressi dei paesi coloniali e dipendenti.

Tale quadro è completato dalle contraddizioni tra le potenze imperialiste, in lotta per il dominio del mondo, per i mercati, le materie prime e la divisione geopolitica del pianeta, che si potrebbe solo realizzare mediante la guerra. Queste contraddizioni si sono manifestate in modo evidente e si sono acutizzate nello scenario della Prima Guerra Mondiale e della Rivoluzione Sovietica.

Il trionfo delle classi oppresse nel 1917 in Russia ha dimostrato che solamente la rivoluzione può aprire la strada alla conquista dell’emancipazione nazionale e sociale, alle trasformazioni sociali e politiche progressiste. La rivoluzione russa ha seppellito la collaborazione di classe come strategia del movimento operaio e popolare.

Dimensione internazionale della Rivoluzione sovietica

Nessun altro evento politico-sociale ha concretizzato in tale dimensione la parola d’ordine lanciata sei decenni prima da Marx: “Proletari di tutti i paesi, unitevi!”. Sebbene non abbia portato alla rivoluzione proletaria mondiale – questa era l’aspettativa dei bolscevichi e di tutto il movimento rivoluzionario all’epoca –, la rivoluzione socialista del 1917 ha avuto uno straordinario impatto internazionale, ha esercitato un’influenza diretta sugli eventi successivi, ha cambiato il volto del mondo e ha lasciato un segno indelebile in tutto il 20° secolo.

La Rivoluzione Socialista d’Ottobre e la fondazione dello Stato sovietico hanno esercitato un’enorme influenza sul movimento rivoluzionario mondiale. Hanno mostrato alle masse lavoratrici di tutto il mondo la via da seguire, le hanno ispirate con il loro esempio, hanno dato una spinta poderosa al movimento operaio e di liberazione nazionale. La Rivoluzione d’Ottobre ha colpito duramente il sistema capitalistico sia nelle metropoli che nelle colonie e nei paesi dipendenti e ha approfondito ulteriormente la crisi generale del sistema capitalistico, iniziata con la Prima Guerra Mondiale.

Cambiava il volto del mondo, si apriva una nuova epoca nella storia dell’umanità. Realizzata al culmine della guerra tra grandi potenze che rivaleggiavano per dominare il pianeta, la Rivoluzione russa ha rappresentato il contrappunto essenziale al sistema capitalistico. Da allora, il confronto tra il capitalismo (imperialista) e il socialismo è diventato una delle contraddizioni fondamentali dell’epoca. Gli scontri politici, le guerre e le rivoluzioni nazionali-di liberazione e socialiste del 20° secolo sono esplose e e si sono sviluppate avendo questi antagonismi come fattori oggettivi di condizionamento.

Il potere statale socialista che è emerso nel 1917, internazionalista per sua natura, è diventato il vettore trainante nella lotta per la pace mondiale e il progresso sociale, un fattore essenziale per neutralizzare gli effetti dell’aggressività dell’imperialismo e influenzare positivamente le lotte dei lavoratori e dei popoli.

Dopo la rivoluzione sovietica del 1917 e sotto la sua diretta influenza, si sono formati partiti comunisti in diversi paesi, in particolare Argentina, Finlandia, Brasile, Uruguay, Austria, Ungheria, Estonia, Polonia, Germania, Grecia, Cina, Portogallo, Francia, Italia, Spagna, Australia, Lussemburgo, Nuova Zelanda, Romania, Svizzera, Cecoslovacchia, Mongolia, Canada, Stati Uniti, Indonesia, Iraq, India, Vietnam, Cuba , Corea, Sudafrica, tra gli altri.

La rivoluzione sovietica ha prodotto un impatto sulla mobilitazione del movimento comunista rivoluzionario internazionale e dei popoli delle colonie e semi-colonie. Scioperi e manifestazioni in solidarietà con il potere sovietico si sono verificati in quasi tutta l’Europa, negli Stati Uniti, in Giappone e America Latina. Il movimento di liberazione nazionale ha acquisito slancio in paesi coloniali e semicoloniali, come in Cina, Corea, India e Indocina.

La creazione delle repubbliche sovietiche nel 1919 in Ungheria e in Baviera (Germania), hanno segnato il momento culminante dei movimenti rivoluzionari in Europa in conseguenza della Rivoluzione russa, sebbene siano state sconfitte.

La Grande Rivoluzione Socialista Sovietica ha creato condizioni propizie all’apparizione dell’Internazionale Comunista, la Terza Internazionale, dopo la bancarotta della Seconda Internazionale, provocata da un gretto nazionalismo, dalla collaborazione di classe e dall’opportunismo di destra. Questa rivoluzione ha esercitato grande influenza nel movimento operaio, nell’espansione e nel compattamento di gruppi di sinistra e nella sua separazione dall’influenza socialdemocratica. Come partito al potere, spetta al partito di Lenin, l’iniziativa di riunire nell’ambito della nuova organizzazione internazionale le forze di sinistra, comuniste, rivoluzionarie, separate dalle forze centriste e opportuniste di destra. La creazione della Terza Internazionale nel 1919 è stato un evento di grande rilievo per il movimento operaio internazionale. Il suo merito è stato di avere assimilato in tempo i frutti della lotta rivoluzionaria del proletariato russo, come base per il percorso che si apriva nella lotta per il socialismo su scala mondiale.

Alla vigilia della Prima Guerra Mondiale e durante il conflitto, la maggioranza dei dirigenti della Seconda Internazionale aveva tradito la classe operaia. Invece di seguire la politica dell’unità internazionalista dei lavoratori contro la borghesia, si sono trasformati in propagandisti della conciliazione di classe e sostenitori dello spargimento di sangue dei lavoratori dei paesi belligeranti a favore degli interessi della borghesia. I partiti della Seconda Internazionale sono caduti in posizioni riformiste e social-scioviniste. Di conseguenza, la Seconda Internazionale ha fatto bancarotta. In queste circostanze storiche è stata lanciata la sfida a rompere con i partiti socialdemocratici e a spezzare i legami con l’opportunismo di destra, come qualcosa di indispensabile a proseguire il corso della lotta politica di classe.

Nel contesto della preparazione della guerra, in cui erano affannosamente impegnate le borghesie dei paesi imperialisti, con la complicità di settori della socialdemocrazia, il Partito Bolscevico ha lanciato la parola d’ordine di trasformare la guerra imperialista in guerra civile. Nel quadro di questa lotta, sono sorti gruppi di sinistra e rivoluzionari in seno ai partiti socialdemocratici. Lenin ha apprezzato l’emergere di questi gruppi e ha dedicato a loro attenzione, partecipando alla Conferenza internazionale dei socialisti a Zimmerwald (1915), dove li ha aiutati a combattere gli opportunisti e a rompere con costoro nei campi ideologico, politico e organizzativo. Questa iniziativa ha rappresentato un passo importante verso la creazione della Terza Internazionale Comunista e il ristabilimento dell’unità rivoluzionaria del proletariato internazionale.

In questo processo, la sinistra si è separata organizzativamente dagli opportunisti. Di conseguenza, è cresciuto il numero dei partiti di sinistra e su tale base sono stati creati partiti comunisti in molti paesi. All’inizio del 1919, i rappresentanti di questi partiti, riuniti a Pietrogrado, decisero di convocare il congresso internazionalista. Le condizioni per la partecipazione erano: primo, i partiti e le organizzazioni si sarebbero dovute collocare alla direzione della lotta rivoluzionaria del proletariato per il rovesciamento dal potere della borghesia; secondo, sostenere la Rivoluzione d’Ottobre e il potere sovietico in Russia.

Il primo Congresso della Terza Internazionale Comunista si svolse a Mosca il 2 marzo 1919, con la partecipazione di delegati di 30 paesi, tra i quali, per la prima volta, rappresentanti del proletariato di paesi coloniali e dipendenti. Il Congresso approvò la creazione della Terza Internazionale come centro del movimento comunista internazionale.

Tra i temi in discussione, il carattere dello Stato, opponendosi nel dibattito concetti come democrazia borghese e dittatura del proletariato. Il riferimento era il rapporto di Lenin “Sulla democrazia borghese e la dittatura del proletariato”. Lenin sostenne che la rivoluzione è la legge generale delle trasformazioni sociali e politiche, a cui aspira il proletariato e che per costruire conseguentemente il socialismo è necessario rovesciare lo Stato borghese, sostituendolo con il potere politico dei lavoratori. Egli sottolineava che gli opportunisti di destra, insorgendo contro i metodi rivoluzionari e lottando per la “democrazia pura” e predicando il passaggio al socialismo attraverso il parlamento borghese, cercavano di evitare l’abbattimento del regime capitalistico.

L’Internazionale Comunista negli anni dell’impeto rivoluzionario (1920-1923)

La creazione dei partiti comunisti ha rivestito grande importanza. Partiti di classe ideologicamente e teoricamente consistenti, bene orientati politicamente, legati alle masse, rappresentano un fattore decisivo nella rivoluzione politico-sociale, in presenza di condizioni oggettive favorevoli. Nel periodo immediatamente successivo alla vittoria della rivoluzione socialista sovietica, i partiti comunisti sono stati creati come organizzazioni rivoluzionarie, protagoniste della lotta ideologica contro la corrente opportunista di destra, il nemico ideologico principale da combattere.

Lenin non ha lasciato neppure da parte la lotta contro l’opportunismo “di sinistra”, che si è manifestato nei partiti comunisti della Germania e dell’Inghilterra, scrivendo anche a proposito l’opera “Estremismo, malattia infantile del comunismo”. I “sinistri” non comprendevano la necessità di combinare la lotta legale e l’utilizzo di diverse forme di legame del partito con le masse. L’opportunismo “di sinistra” costituiva un pericolo perché conduceva all’allontanamento del partito dalle masse.

Il secondo congresso dell’Internazionale Comunista ha sottolineato l’importanza dell’alleanza tra operai e contadini e l’insieme delle masse oppresse. Il congresso ha indirizzato i partiti comunisti a legarsi strettamente alle masse lavoratrici, a dirigere le organizzazioni popolari e a lanciarsi nella lotta ideologica, politica e organizzativa.

Un documento importantissimo approvato dal secondo congresso è quello relativo alle condizioni per l’accettazione nell’Internazionale Comunista, che sono passate alla storia come le 21 condizioni leniniste. L’obiettivo del movimento comunista internazionale, con l’approvazione di tali condizioni, era quello di creare una barriera alla penetrazione dell’opportunismo nei partiti comunisti e nella Terza Internazionale.

Lenin riteneva che “senza combattere l’opportunismo, non si può combattere l’imperialismo”. Considerava l’opportunismo come base di appoggio al capitalismo, una corrente controrivoluzionaria, antisocialista, anti-internazionalista.

L’Internazionale Comunista negli anni 1921-1924

Negli anni 1921-1924 ebbe inizio la prima crisi economica del dopoguerra. Con l’aiuto dei dirigenti socialdemocratici la borghesia fece di tutto per dividere, minare e reprimere il movimento operaio rivoluzionario. I dirigenti di questi partiti crearono nuove organizzazioni come la “Internazionale 2,5”, intervennero contro gli scioperi ed espulsero i comunisti dai sindacati. In tali condizioni era necessario che i partiti comunisti elaborassero ulteriormente la loro linea tattica. Fu a questo scopo che si convocò il terzo congresso dell’Internazionale Comunista, nel 1921, con la parola d’ordine sulla lotta di massa. Il compito dei comunisti era organizzare, dalla base, il fronte unico dei lavoratori nella lotta, per assicurare la realizzazione delle richieste antimperialiste e democratiche. I partiti comunisti diressero le manifestazioni del 1° maggio 1922, in cui le richieste economiche erano collegate alle parole d’ordine politiche per la democrazia e il riconoscimento della Russia Sovietica. A causa del tradimento dei socialdemocratici, la borghesia dell’Europa Occidentale riuscì ad impedire l’unità della classe operaia, togliendole i pochi diritti democratici che aveva conquistato dopo la guerra. In Ungheria, Polonia, Austria e Bulgaria crebbe il pericolo del fascismo, mentre in Italia il regime fascista veniva instaurato nel 1922.

Anche il 4° congresso dell’Internazionale Comunista sottolineò che per combattere la minaccia fascista era indispensabile rafforzare i legami dei partiti comunisti con le masse. Nell’analizzare la questione del movimento rivoluzionario nei paesi coloniali e dipendenti, il congresso rilevò la necessità di creare un fronte unito con tutte le forze antimperialiste, notando che il proletariato sarebbe dovuto stare alla guida di questo fronte, come la classe più interessata di qualsiasi altra a portare a compimento la rivoluzione democratica e antimperialista. Avrebbe svolto tale ruolo per mezzo del suo partito, che avrebbe dovuto sempre mantenere la propria indipendenza organizzativa e politica nell’ambito del fronte unito antimperialista.

Nel 1923, per schiacciare il movimento rivoluzionario, la reazione polacca e quella bulgara instaurarono la dittatura fascista. La borghesia tedesca represse il movimento rivoluzionario con l’aiuto dei socialdemocratici. Schiacciando il movimento rivoluzionario degli anni 1920-1923, la borghesia rafforzò il suo dominio nei principali paesi capitalisti del mondo.

Questo rafforzamento segnò l’inizio della stabilizzazione temporanea e parziale del capitalismo e influenzò il manifestarsi di posizioni opportuniste di destra in seno ai partiti comunisti, con la negazione della possibilità di una nuova marea rivoluzionaria, mentre i “sinistri” negavano il  rilusso temporaneo di questa marea.

Dopo il 5° congresso dell’Internazionale Comunista, ci fu una dura lotta in diversi partiti comunisti tra queste due ali, che sfociò nell’esclusione degli elementi opportunisti che avevano ricoperto importanti ruoli negli organi di direzione.

I partiti comunisti, ancora nella fase iniziale della loro esistenza, non avevano accumulato sufficiente forza per affrontare la borghesia e l’imperialismo, né una sufficiente maturazione politica, ideologica e organizzativa. Si stava vivendo una fase iniziale dell’evoluzione e della maturazione di questi partiti per diventare partiti comunisti di tipo nuovo, di avanguardia, rivoluzionari e di massa.

La vittoria della rivoluzione sovietica nel 1917 ha segnato una profonda svolta nella storia delle lotte di emancipazione dei popoli, nella lotta della classe operaia internazionale e ha posto nuove questioni teoriche e pratiche, metodologiche e organizzative, nuove sfide all’organizzazione della lotta della classe operaia in tutto il mondo. E’ in tale prospettiva che devono essere inquadrati l’esistenza e lo sviluppo della Terza Internazionale nel contesto dell’epoca immediatamente posteriore al trionfo della Rivoluzione socialista in Russia.

Influenza in Brasile

In Brasile, il movimento operaio, ancora agli inizi, sorto con i primi segnali di industrializzazione del paese tra la fine del secolo 19° e l’inizio del 20°, attuava le sue prime azioni, sotto l’influenza dell’anarco-sindacalismo, ed è stato scenario dell’apparizione dei primi giornali di agitazione politico-ideologica socialista e della creazione di nuclei operai e socialisti.

Nel luglio 1917, si svolse il primo sciopero generale nel paese, ampia e poderosa affermazione del movimento operaio, il suo battesimo del fuoco, che ebbe forte ripercussione e esercitò impatto sociale e politico. Questo sciopero è stato la pietra miliare del nascente movimento operaio brasiliano. Tra il 1917 e l’inizio del decennio del 1920 il paese fu teatro di scioperi e movimenti sociali, sempre repressi e trasformati in scontri violenti con le forze di polizia. Sorsero i primi nuclei comunisti, già sotto l’influenza degli eventi rivoluzionari in Russia. Tra le azioni del movimento operaio brasiliano all’epoca, spiccano quelle di solidarietà con la rivoluzione sovietica.

Al contrario di quanto avvenne nella maggior parte dei paesi europei, così come in Argentina, Cile e Uruguay, il PC del Brasile non nacque dalla rottura di un grande e influente partito socialdemocratico, ma da una spaccatura nel movimento anarchico. Fu dai confronti politici e ideologici tra i settori avanzati del proletariato brasiliano e soprattutto dalla lotta tra comunisti e anarchici che risultò la formazione dei primi raggruppamenti comunisti, che in seguito si sarebbero  uniti per costituire il Partito Comunista del Brasile.

Lo storico brasiliano Nelson Werneck Sodré, marxista studioso della storia del Brasile e dei comunisti, ha sottolineato che il Partito Comunista “è nato e cresciuto come conseguenza necessaria del processo di formazione della classe operaia brasiliana e dello sviluppo delle sue lotte. La sua fondazione ha risposto a un’esigenza del movimento operaio che già aveva mostrato, nei primi decenni del 20° secolo, la mancanza di un partito politico operaio rivoluzionario”.

Il documento commemorativo del 90° anniversario del Partito Comunista del Brasile (2012) sottolinea: “Mentre il movimento operaio brasiliano affrontava una crisi di prospettiva, gli impetuosi venti della vittoriosa rivoluzione socialista in Russia, del 1917 – che già soffiavano per il mondo – hanno raggiunto il Brasile. La vittoria dei lavoratori russi aveva indicato un nuovo cammino agli operai brasiliani: quello della necessaria organizzazione del proletariato in partito politico indipendente, di classe, che abbia come obiettivi la conquista del potere politico e l’instaurazione del socialismo”.

Il Congresso di fondazione del Partito Comunista del Brasile si svolse il 25, 26 e 27 marzo 1922. I primi due giorni di lavoro ebbero luogo nella città di Rio de Janeiro e, a causa delle minacce della polizia, la sessione dell’ultimo giorno fu trasferita a Niterói. Vi parteciparono nove delegati che rappresentavano 73 comunisti. Già all’inizio della sua esistenza, il Partito aderì alle 21 condizioni  per l’adesione all’Internazionale Comunista.

Il secolo della lotta per il socialismo

Il 20° secolo è stato fortemente segnato dal socialismo vittorioso in Unione Sovietica e sotto la sua influenza è diventato il secolo delle rivoluzioni antimperialiste, democratiche, popolari e socialiste, delle lotte di liberazione nazionale e sociale dei popoli, delle lotte anticoloniali, democratiche, per la pace e la giustizia, obiettivi questi che si fondono con i grandi valori e ideali della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre.

E’ partiva dall’Internazionale Comunista e dai partiti di questa organizzazione l’iniziativa della creazione nel decennio 1930 dei Fronti Popolari, decisiva nella lotta dei popoli contro il fascismo.

L’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche è stata la forza principale nella vittoria sulla maggiore e più aggressiva potenza militare della borghesia imperialista – la Germania hitleriana. La vittoria sul nazi-fascismo ha rappresentato una conquista dei popoli, delle forze della pace, della democrazia, della solidarietà e del progresso sociale. A questa vittoria ha concorso specialmente l’azione dei comunisti, che si sono collocati alla guida della lotta contro il nazi-fascismo. L’Unione Sovietica, patria del socialismo, con la lotta eroica del suo popolo, ha rappresentato il fattore politico e militare decisivo.

I popoli dell’Unione Sovietica hanno pagato il prezzo più terribile in vite umane e danni materiali, con la morte di 27 milioni di cittadini, tra cui 7,5 milioni di soldati. Il paese ha subito una devastazione senza precedenti: 1.710 città e 70.000 villaggi sono stati completamente distrutti; migliaia di fabbriche, imprese e cooperative agricole hanno subito danni, sei milioni di case demolite.

Le vittorie dell’Esercito Rosso nelle storiche battaglie di Mosca (da ottobre 1941 a gennaio 1942), Stalingrado (da agosto 1942 a febbraio 1943), Kursk (tra la primavera e l’estate del 1943) e Berlino, nella primavera del 1945, rimarranno incise in modo indelebile nella memoria dell’umanità, come il tributo dei popoli sovietici alla causa della liberazione dell’umanità.

La vittoria è stata, così, l’espressione e il risultato della fraternità internazionalista tra i popoli, nella ricerca della libertà, della democrazia, dell’indipendenza e della giustizia.

Sotto l’influenza della rivoluzione, si è sviluppato il movimento operaio nei paesi capitalisti e la lotta anticoloniale nei paesi dipendenti.

La Rivoluzione socialista e il socialismo sovietico sono stati presenti come ispirazione, influenza indiretta e appoggio morale nella grande Rivoluzione cinese, nella Rivoluzione cubana, nella Resistenza vietnamita. Anche l’adozione, da parte dei paesi capitalisti, dello Stato del “benessere”,  è stata il portato, insieme alle lotte sindacali e politiche in questi paesi, dell’influenza della Rivoluzione d’Ottobre e del socialismo in URSS. Ed è stata la Rivoluzione sovietica alla base dell’organizzazione del campo socialista e del Movimento Comunista Internazionale.

La lotta contro l’opportunismo di destra e di “sinistra”

La Rivoluzione del 1917 ha avuto grande impatto politico e ideologico. I principi che la hanno ispirata e che in seguito ha sviluppato hanno rappresentato la linea rossa, di demarcazione, tra il pensiero socialista scientifico, rivoluzionario, comunista, classista e internazionalista, e il pensiero socialdemocratico, opportunista, che da Eduard Bernstein, ritiene pragmaticamente che “il movimento è tutto e l’obiettivo finale, nulla”.

Celebrare il centenario della Rivoluzione e rimarcare i suoi successi non significa considerarla come modello e cadere nell’anacronismo e nella posizione dogmatica che lo trapianta nei giorni nostri. Il mondo vive in condizioni completamente diverse e la stessa evoluzione delle nazioni insegna che i processi rivoluzionari sono unici e irripetibili.

Si consiglia di riflettere su ciò che Lenin definiva “una delle condizioni fondamentali del successo dei bolscevichi”, in una delle sue opere classiche, “L’estremismo, malattia infantile del comunismo”, di solito citata fuori del contesto storico in cui fu scritta.

“Senza dubbio, quasi tutti ormai vedono che i bolscevichi non si sarebbero mantenuti al potere, non già due anni e mezzo, ma neanche due mesi e mezzo, se nel nostro partito non fosse esistita una disciplina severissima, realmente ferrea, se il nostro partito non avesse avuto l’appoggio pieno e incondizionato di tutta la massa della classe operaia, cioè di tutti i suoi elementi, pensanti, onesti, devoti sino all’abnegazione, autorevoli e capaci di guidare o di conquistare gli strati arretrati”, scriveva in “L’estremismo, malattia infantile del comunismo” il leader della rivoluzione, perché “la dittatura del proletariato è la guerra più eroica e implacabile della nuova classe contro un nemico più potente, contro la borghesia, la cui resistenza si decuplica per effetto del suo rovesciamento (sia pure in un solo paese)” (…)

Nello stesso testo in cui si analizzano le condizioni in cui il bolscevismo ha trionfato, Lenin dice: “Soltanto la storia del bolscevismo, per tutto il periodo della sua esistenza, può spiegare in maniera soddisfacente perché esso sia riuscito a creare e mantenere nelle condizioni più difficili la ferrea disciplina necessaria alla vittoria del proletariato”.

E prosegue: “Si pone anzitutto il problema: da che cosa è mantenuta la disciplina del partito rivoluzionario del proletariato? Da che cosa viene messa alla prova? Da che cosa viene rafforzata? In primo luogo, dalla coscienza dell’avanguardia proletaria e dalla sua dedizione alla rivoluzione, dalla sua fermezza e abnegazione, dal suo eroismo. In secondo luogo, dalla capacità di questa avanguardia di collegarsi, avvicinarsi, unirsi fino a un certo punto e, se si vuole, fondersi con la grande massa dei lavoratori, dei proletari anzitutto, ma anche con la massa lavoratrice non proletaria. In terzo luogo, dalla giusta direzione politica realizzata da quest’avanguardia, dalla giustezza della sua strategia e della sua tattica politica, a condizione che le grandi masse si convincano per propria esperienza di questa giustezza. Senza tali condizioni la disciplina di un partito rivoluzionario, realmente capace di essere il partito della classe d’avanguardia che deve rovesciare la borghesia e trasformare tutta la società, non può essere garantita. Senza tali condizioni i tentativi di creare una disciplina si tramutano inevitabilmente in bolle di sapone, in frasi vuote, in farse. D’altra parte, queste condizioni non possono nascere di colpo, ma sono il risultato di un lavoro lungo, di un’esperienza dura. La loro creazione è facilitata da una giusta teoria rivoluzionaria, la quale, a sua volta, non è un dogma, perché si costituisce in modo definitivo in stretta connessione con la pratica di un movimento veramente di massa e veramente rivoluzionario”.

Lenin ha formulato il principio per cui è sempre necessario fare “analisi concreta della situazione concreta”. Per questo, spiegando le ragioni della vittoria del 1917, ha evidenziato che il bolscevismo, sorto nel 1903, si basava sulla “più solida base della teoria del marxismo”, che si è sviluppato in Russia in condizioni peculiari: “Il bolscevismo, sorto su questo fondamento granitico, ha vissuto una storia pratica quindicennale (dal 1903 al 1917) che non ha uguali al mondo per ricchezza di esperienze. Non c’è infatti un solo paese che in questo quindicennio abbia fatto, anche solo approssimativamente, quanto la Russia nel senso dell’esperienza rivoluzionaria, della rapidità e varietà di successione delle diverse forme del movimento, legale e illegale, pacifico e violento, clandestino e aperto, ristretto e di massa, parlamentare e terroristico. In nessun paese è stata concentrata in così breve spazio di tempo una tale ricchezza di forme, sfumature, metodi di lotta di tutte le classi della società contemporanea, di una lotta, inoltre, che, per effetto dell’arretratezza del paese e della pesante oppressione zarista, è andata maturando con singolare rapidità e si è appropriata con particolare avidità e successo dell’ “ultima parola” dell’esperienza politica americana ed europea”.

Per i comunisti, la Rivoluzione trionfante nel 1917 sarà sempre una fonte di ispirazione per le lotte che si svolgono oggi, in nuove condizioni, nella resistenza alla feroce offensiva del sistema capitalistico contro i lavoratori e i popoli e per aprire la strada a una nuova tappa della lotta per il socialismo.

Oggettivamente, l’estinzione dell’Unione Sovietica, all’inizio degli anni 90, ha segnato una svolta negativa nell’evoluzione del quadro mondiale. In quanto risultato di una controrivoluzione, i cui primi segnali si erano manifestati a partire dal 20° Congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (1956), la sconfitta della Rivoluzione Sovietica ha implicato un regresso senza precedenti nella situazione politica internazionale, contesto in cui si sviluppa una brutale offensiva della borghesia, dell’imperialismo e di tutta la reazione mondiale, contro tutte le conquiste democratiche, sociali, di civiltà dell’umanità.

Attualmente, i popoli si stanno confrontando con le potenze imperialiste, gli Stati Uniti e i loro alleati, che tentano di imporre la loro dominazione attraverso il militarismo e la guerra. In questo contesto, è diventato nozione corrente che il socialismo e la rivoluzione abbiano subito un colpo fatale e che, d’ora in avanti, non sia più il caso di insistere con una strategia rivoluzionaria. In tal modo, risorgono le proposte di adattamento del movimento rivoluzionario all’ordine stabilito.

I comunisti, contrariamente a questo senso comune, ritengono che la lotta per il socialismo continua ad essere all’ordine del giorno, perché corrisponde alla necessità obiettiva dell’evoluzione della società. E non si illudono sulla possibilità che tale salto storico si produca spontaneamente, per via evolutiva o per concessione delle classi dominanti. Le forze che lottano per il socialismo tengono conto delle nuove condizioni storiche, del fatto che la rivoluzione non sarà il frutto di avventure né che il socialismo possa essere costruito bruscamente. L’esame attento della storia e della realtà contemporanea dimostra che il percorso rivoluzionario comporta molte tappe e che la costruzione del socialismo sarà opera di molte generazioni. Si deve anche tenere conto che non esiste modello per la lotta rivoluzionaria e la costruzione del socialismo. L’adozione di un unico modello è stata un grave errore, una posizione anti-scientifica.

Il socialismo è universale come teoria generale e aspirazione alla liberazione della classe operaia in tutto il mondo. E’ universale in quanto trasformazione da un’epoca di oppressione in un’era in cui l’umanità sarà libera e realizzerà le proprie aspirazioni di giustizia e progresso. Ma il socialismo sarà il risultato della lotta multiforme di ciascun popolo, in circostanze storiche e politiche ben definite, il che esigerà dalle forze rivoluzionarie e dal Partito Comunista di ogni paese l’elaborazione di nuovi e originali programmi, strategie e tattiche consonanti con i principi e il contesto storico concreto.

Il passaggio del centenario del maggiore evento della storia dell’umanità pone all’attuale generazione di combattenti per il socialismo la necessità di riflessioni che si traducano in azione pratica. Non sono ancora pienamente configurati i rapporti di forza in grado di condurre l’umanità  verso un nuovo ciclo rivoluzionario. E neppure tale rapporto di forze si crea per generazione spontanea, dovendo le forze rivoluzionarie adottare linee strategiche, procedure tattiche e metodi d’azione corrispondenti alla necessità di affrontare, nelle nuove condizioni, la lotta per il socialismo.

Di fronte al capitalismo-imperialismo globalizzato, alla sua profonda e inarrestabile crisi strutturale e sistemica, attualmente in fase acuta, alle politiche neoliberiste, alle politiche di guerra, alla natura reazionaria del sistema politico ed economico borghese, diventa rilevante una domanda: è all’ordine del giorno il compito di lottare per miglioramenti nel capitalismo, di combattere solo le “deformazioni” della globalizzazione o si tratta invece di elaborare strategie, tattiche e metodi rivoluzionari che conducano i lavoratori in tutto il mondo alla lotta per il socialismo come unica strada per superare in modo rivoluzionario l’impasse in cui si trova l’umanità sotto l’attuale sistema?

Il grande paradosso dell’epoca presente è che il capitalismo ha raggiunto una tale livello di sviluppo , un tale grado di espansione che raggiunge tutti gli angoli del pianeta, una scala prima inimmaginabile di sviluppo delle sue capacità, pur conservando allo stesso tempo la propria essenza di perseguire il massimo profitto, che ottiene attraverso lo sfruttamento e l’oppressione delle masse lavoratrici e la spoliazione delle nazioni dipendenti. Questa è la contraddizione fondamentale a partire dalla quale si svilupperà la lotta politica delle classi lavoratrici. Il capitalismo dei giorni nostri avvantaggia solo le grandi borghesie parassitarie dei paesi imperialisti e delle loro dipendenze. E’ quindi inevitabile l’esplosione di lotte, in cui i fattori di classe si intrecciano con quelli nazionali. E’ in questo contesto che emerge contemporaneamente la lotta per il socialismo.

In questo contesto, si presenta ai comunisti e alle altre correnti della sinistra conseguente la questione della costruzione di un soggetto politico capace di unire, mobilitare e organizzare la classe lavoratrice e le masse popolari in una dimensione strategica e tattica.

Dal punto di vista dei comunisti, è indispensabile persistere nel rafforzamento politico, ideologico, organizzativo, elettorale e di massa del partito comunista, nell’unità con altri settori conseguenti della sinistra. In momenti di profonda crisi del capitalismo e in cui le uscite della borghesia monopolistica-finanziaria e dell’imperialismo sono sempre più antidemocratiche e belliciste, il partito comunista deve mantenere chiaro l’orizzonte socialista, consolidare la propria identità di classe e ideologica e rafforzare i suoi legami con le masse popolari e lavoratrici. Quali che siano le procedure tattiche necessarie all’accumulazione di forze e per quanto flessibili debbano essere i comunisti nella creazione di alleanze ampie per ottenere vittorie parziali, più ancora si deve affermare il carattere rivoluzionario della loro strategia e il loro profilo politico e ideologico.

Parte inseparabile da ciò è l’internazionalismo proletario, principio essenziale dei comunisti, che significa solidarietà con i popoli in lotta per la sovranità nazionale, la giustizia sociale e la rivoluzione politica e sociale, compito al quale i comunisti brasiliani si dedicano con vigore, partecipando a entità e movimenti che hanno un nitido carattere antimperialista, rafforzando i legami di cooperazione e l’unità con i partiti comunisti e le organizzazioni rivoluzionarie e popolari, condividendo esperienze e concertando azioni comuni nell’ambito dell’Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai (IIPCO) che, nell’ambito delle celebrazioni dei 100 anni dalla gloriosa Rivoluzione Sovietica, svolgerà il suo 19° Incontro in Russia, nel novembre 20177, e del Foro di San Paolo, importante e ampio spazio di collaborazione delle forze progressiste e antimperialiste latinoamericane e caraibiche, che riunisce più di un centinaio di partiti.

Per i comunisti brasiliani, la Rivoluzione trionfante nel 1917 sarà sempre una fonte di ispirazione nelle lotte che si svolgono, in nuove condizioni, nella resistenza alla feroce offensiva del sistema capitalista contro i lavoratori e i popoli e per aprire la strada alla lotta per il socialismo, nelle nuove condizioni del secolo XXI.

*José Reinaldo Carvalho, giornalista, membro del Comitato Centrale, della Commissione Politica Nazionale e della Segreteria del Partito Comunista del Brasile (PCdoB), responsabile di politica e relazioni internazionali. Direttore del sito Resistência (www.resistencia.cc)

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