di Andrea Genovali | da www.oltre-confine.it
Il mese dei diritti umani segna un importante momento per il Sudafrica. Il 21 marzo del 1960 il massacro di Sharpville segna un momento drammatico per la lotta del popolo sudafricano contro il regime segregazionista e razzista dell’Apartheid. In quel massacro rimasero assassinate per mano della polizia razzista ben 72 persone. E proprio ricordando quel terribile massacro e il mese della lotta per i diritti umani il segretario generale del Partito Comunista del Sudafrica (SACP) e ministro della repubblica, Blade Nzimande, fa il punto della situazione nel grande paese dell’Africa Australe per ciò che concerne i diritti per il popolo nero dopo il 1994. Il Sacp è la spina dorsale dell’Africa National Congress, la coalizione che vede oltre il Sacp, l’Africa National Congress di Mandela e il Cosatu, il sindacato sudafricano, uniti nella coalizione che ha abbattuto il regime razzista e guidato alla rinascita democratica il paese, dando vita ad una rivoluzione democratica, vera, di popolo (e non come quelle colorate al servizio dell’imperialismo di questi anni), che ancora sta modellando il paese.
Nzimande evidenzia l’importanza dei recenti interventi del presidente sudafricano Jacob Zuma che pongono l’accento sui diritti socio economici che ancora non sono pienamente e neppure sufficientemente disponibili per il popolo nero, soprattutto per i lavoratori e i poveri. Vi è nelle parole di Nzimande la piena consapevolezza che senza il godimento di questi diritti socio economici, vale a dire senza il superamento delle discriminazioni di classe e di genere, che ancora il popolo sudafricano è costretto a subire, è ben difficile parlare realmente di rispetto dei diritti umani. I diritti umani sono fondamentali e ineludibili e per questo la costituzione sudafricana li tutela ma adesso quel rispetto va applicato realmente, concretamente.
Oggi, dice sostanzialmente Nzimande, in Sudafrica vi sono forze politiche come l’Alleanza Democratica (AD), che non vogliono applicare realmente questi principi spingendo, invece, per il mantenimento di una visione elitaria e di classe la costruzione della società sudafricana. Si devono, invece, ampliare a tutte le persone il godimento dei diritti fondamentali a iniziare dai lavoratori, perché essi, ad esempio, dopo una vita di sacrifici non hanno nemmeno una pensione. I capitalisti vogliono spremere fino all’osso le persone per poi lasciarle come un peso morto in balia della disperazione. Senza questi diritti non c’è libertà e senza questi diritti non è possibile parlare di diritti umani, ripete con forza Nazimande. Occorre eliminare tutte le forme di razzismo che ancora esistono nel paese, soprattutto nei confronti dei poveri e dei lavoratori neri.
L’Alleanza Democratica, conviene però ricordare, nasce nel 2000 dalla fusione di vari piccoli partiti di ispirazione liberale e socialdemocratica ed ha nella sua leader Helen Zille la presidente della sola provincia sudafricana non guidate dall’ANC, vale a dire la provincia del Capo Occidentale. E il suo capoluogo di provincia, Città del Capo, è guidata da un altro esponente dell’AD. La Zille, di orientamento liberale, non esitò pochi anni fa, al fine di vincere la partita per divenire sindaco di Città del Capo, ad allearsi anche con partiti di destra pur di strappare la vittoria all’ANC. La Zille, bianca, difende evidentemente gli interessi dei poteri economici e delle lobbies finanziarie sudafricane che mal subiscono le politiche sociali e progressiste del governo, se pur ancora molto lavoro rimane da fare in quella direzione.
Nzimande evidenzia come sia palese che l’AD lavori attivamente per mantenere settori strategici del paese in mani private; per rendere non dignitoso il lavoro di milioni di persone e per contrastare la campagna nazionale a sostegno del diritto alla salute. I liberali sudafricani agiscono dal di dentro del sistema politico e della carta dei diritti per evidenziare gli aspetti più vicini al pensiero liberale e sabotare palesemente quelli di carattere sociale molto più vicini agli interessi del popolo sudafricano.
La polemica di un leader serio e assennato come Nzimande evidentemente non può evidenziare anche il ruolo che una minoranza liberale dell’ANC, che faceva riferimento all’ex presidente sudafricano Mbecki, da tempo lavori contro l’egemonia comunista nella coalizione. E lo scontro sulla candidatura di Zuma contro Mbecki ne fu una evidente dimostrazione. Per chi, come me, ebbe la fortuna di assistere all’ultimo congresso del Sacp, non troppo tempo prima delle presidenziali, poté cogliere l’entusiasmo e la forza con le quali venne accolto il discorso dell’allora semplice possibile candidato alle elezioni presidenziali Jacob Zuma da parte del popolo comunista. In quel suo intervento al congresso era ben presente la necessità di non far rimanere sotto l’ala più liberale quella grande coalizione che è l’ANC. Infatti, Mbecki era il punto di riferimento di chi nell’ANC voleva trasformare il paese in una nazione più moderata e compatibile con un certo tipo di capitalismo. Un libro, che ebbe molto successo alcuni anni fa in Sudafrica, che parlava delle politiche di Mbecki, era intitolato: “Parlare a sinistra e camminare a destra”, tanto per far comprendere meglio il personaggio che a parole era di sinistra ma nei fatti concreti difendeva e sosteneva gli interessi della borghesia liberale. Mentre Zuma, pur con contraddizioni e aspetti discutibili, rappresenta quella parte dell’ANC rimasta più ancorata agli interessi del popolo sudafricano e dei lavoratori. E’ evidente che con lui diventa più facile il dialogo per i comunisti e il sindacato.
Dalle parole del segretario generale, allora, si comprende il grande sforzo che il Sacp sta realizzando per, da un lato, dare forze e sostanza alle politiche positive che il presidente Zuma sta ponendo in essere e, dall’altra, di non recedere di un passo dal sostengo alle rivendicazioni che le masse popolari sudafricane, organizzate dal Cosatu e dallo stesso SACP, chiedono con forza al governo del paese. Nzimande evidenzia come fondamentali siano le politiche che in vari settori sociali il governo sta adottando ma, contemporaneamente, sono all’ordine del giorno anche le discussioni su come far progredire ancor più rapidamente il benessere e le conquiste dei lavoratori sudafricani.
E, in questo contesto così complesso e complicato, non si può sottacere la grande capacità e maturità politica del Sacp nel guidare queste rivendicazioni, con coerenza, unendole con le responsabilità di governare uno dei più importante paesi africani. Il ruolo internazionale assunto dal Sudafrica attraverso l’adesione al BRICS (insieme a Brasile, Russia, India e Cina) lo pone dentro a processi di cambiamento strategici non solo per l’Africa Australe o per lo stesso continente africano ma in una nuova e feconda idea di governance mondiale che lavora per superare le politiche imperialistiche, statunitensi e occidentali, dando così un reale sostegno al soddisfacimento degli interessi dei popoli della terra.
Il Sacp è cosciente che deve proseguire nella sua azione di classe, per permettere il pieno dispiegamento dei contenuti della Costituzione del paese e per far sì che i diritti socio economici possano finalmente, dopo tanti anni dalla conquista della libertà e della democrazia, essere goduti anche dai lavoratori e dal popolo. Tutti temi questi saranno al centro del prossimo congresso del Sacp di luglio che si preannuncia di grande interesse.