I comunisti brasiliani di fronte alla crisi del capitalismo e ai cambiamenti della realtà mondiale

da www.solidnet.org | Traduzione di Mauro Gemma

pcdob congressoIntervento del Partito Comunista del Brasile al 13° Incontro dei Partiti Comunisti e Operai di Atene

Per iniziare, a nome del Partito Comunista del Brasile (PCdoB), intendiamo salutare la lotta di resistenza che attualmente sta sostenendo il popolo greco contro il programma neoliberale di impianto neocolonialista, imposto dalle potenze centrali dell’Unione Europea, con alla testa l’imperialismo tedesco. In questa ampia lotta ingaggiata dal popolo greco si distingue la partecipazione e il ruolo di direzione del Partito Comunista di Grecia (KKE), che salutiamo con entusiasmo.

Portiamo la nostra solidarietà agli altri popoli del continente europeo, specialmente del Mediterraneo, che stanno subendo le pesanti misure che si propongono di liquidare le conquiste sociali dei lavoratori e anche di destrutturare nazioni indipendenti. Insieme alla lotta nazionale, per la sovranità e l’indipendenza, si assiste a un aumento significativo della lotta di classe e del protagonismo del proletariato.

La crisi del capitalismo e i cambiamenti nella realtà geopolitica mondiale

La crisi attuale, una delle più gravi crisi del capitalismo, sta confermando la precisione della visione marxista-leninista della natura del capitalismo, come pure la percezione che si tratti di una crisi che ha assunto un carattere strutturale e sistemico, e mostra anche con chiarezza i limiti e le tendenze regressive del capitalismo.

La crisi del capitalismo impatta e ha forti conseguenze sui rapporti di forza a livello internazionale. Da un lato, accelera la tendenza al declino relativo degli Stati Uniti e, dall’altro, provoca l’ascesa di altri paesi, specialmente della Cina.

Questo fenomeno – con differenti effetti della crisi nel “centro” e nella “periferia” del sistema – deriva dall’importante concetto dello sviluppo diseguale del capitalismo formulato da Lenin nella sua teoria dell’imperialismo.

In sostanza, il concetto dello sviluppo diseguale del capitalismo formulato da Lenin fa riferimento alla caduta tendenziale del saggio di profitto nel “centro” del sistema e, dall’altro lato, a un maggior dinamismo nella – fino all’attuale momento – “periferia” del sistema, come nuova frontiera di realizzazione di capitali.

L’attuale realtà dimostra che si sta rafforzando la tendenza strutturale alla perdita relativa di potere del “centro” egemonico del capitalismo e alla crescente ascesa di nuovi poli di maggiore dinamismo economico e, di conseguenza, poli politici nuovi.

In tal modo, la crisi del capitalismo, che ha come causa la natura e la dinamica stessa del sistema, ha effetti che vanno ben oltre l’aspetto economico-finanziario, che influenzano il gioco delle forze internazionali e modificano le posizioni nello scacchiere geopolitico mondiale.

Politicamente, grandi paesi “in via di sviluppo”, in maggiore o minore misura, si trasformano in importanti voci di contestazione nei confronti del centro egemonico. Così, gli effetti della crisi accentuano la tendenza alla transizione della natura geopolitica nel sistema di potere internazionale, tendendo al multipolarismo, che può generare, da un lato più tensioni e guerre e questo già nel prossimo futuro, ma, dall’altro, maggiori possibilità di alleanze e blocchi che favoriscano esperienze nazionali e regionali con una maggiore autonomia relativa, come nel caso dell’alleanza dei BRICS, formata da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica.

La situazione internazionale sarà segnata da acute tensioni e contraddizioni nel prossimo periodo, siano esse di natura inter-imperialista per le rinnovate minacce neocolonialiste, o siano esse dovute allo scontro tra l’imperialismo e i popoli e tra i lavoratori e il capitale finanziario, aprendo la strada in vari paesi all’accumulazione rivoluzionaria di forze, alla conquista del potere politico e all’inizio della transizione al socialismo.

Interpretiamo la situazione internazionale come una lotta incessante tra gli sforzi delle tendenze aggressive e neocolonialiste dell’imperialismo e l’emergere delle potenzialità delle lotte dei popoli per la loro liberazione.

L’imperialismo aumenta la sua aggressività contro i popoli

La crisi dell’egemonia e la tendenza al declino dell’imperialismo statunitense, certamente, non ha come conseguenza immediata il suo collasso, ma la ricerca di meccanismi che permettano di invertire tale tendenza alla perdita relativa di posizioni. E’ la ragione per cui l’imperialismo inasprisce le tendenze aggressive contro i popoli, in particolare avendo di mira il controllo del flusso di beni e risorse essenziali a sostenere le economie dei paesi centrali, dando inizio a una nuova corsa agli armamenti.

Sono sintomi di tale fenomeno la ricerca del controllo politico e militare delle grandi province petrolifere del Medio Oriente e del Nord Africa, delle vie commerciali dell’Asia Centrale; il crescente accerchiamento strategico della Cina e l’aumento della militarizzazione in America Latina e in Africa. Gli USA rilanciano la loro dottrina del contenimento, indirizzata ai BRICS e più direttamente alla Cina. E’ esattamente quello che abbiamo visto alcuni giorni fa, con il viaggio delle autorità statunitensi nella regione dell’Asia-Pacifico.

Continua in modo intenso la resistenza antimperialista nel mondo. Gli USA, incontestabilmente la grande potenza militare del pianeta, nonostante l’impegno, osservano, dopo dieci anni, la sconfitta della loro guerra in Afghanistan e in Iraq, dove annunciano il loro ritiro. Ma ora rinnovano le loro minacce con iniziative il cui obiettivo è quello di rovesciare i governi di Siria e Iran, paesi che seguono un proprio orientamento sovrano, per imporvi governi fantocci.

Occorre anche dire una parola sulle rivolte arabe, un avvenimento che ha segnato il 2010. All’inizio gravide di promesse, di contenuto popolare, democratico e persino potenzialmente rivoluzionario, parte di queste rivolte a poco a poco sono state contenute, manipolate e addirittura cooptate dall’imperialismo, che vede in esse possibilità di nuovi passi in avanti del suo perenne piano di ristrutturazione che ha come obiettivo il “nuovo Medio Oriente”

Avvertiamo che gravi precedenti si aprono con le guerre imperialiste del 21° secolo – contro i popoli di Afghanistan, Iraq e Libia. Nel caso della Libia resuscita il concetto della responsabilità di proteggere già utilizzato nell’aggressione della NATO ai Balcani – con le potenze imperialiste che strumentalizzano l’ONU e si schierano con una parte in un contesto di guerra civile stimolata da queste stesse potenze.

20 anni dopo la fine dell’URSS il socialismo è il presente e il futuro

E’ di fronte a questo quadro internazionale, contraddittorio e preoccupante, che torniamo a riunirci nel nostro Incontro annuale, chiamati a esprimere pareri e a trarre lezioni sulla “situazione internazionale e l’esperienza dei comunisti 20 anni dopo la controrivoluzione nell’URSS”.

In primo luogo, occorre segnalare che la Grande Rivoluzione Socialista del 1917, in Russia, si colloca tra gli eventi più importanti della storia mondiale, è il fatto più rilevante nell’evoluzione sociale e politica dell’umanità. In essa, per la prima volta, il proletariato, alleato con i contadini e le masse popolari, con alla testa il Partito Comunista e diretto da Vladimir Lenin, si è trasformato in classe dirigente e ha iniziato la costruzione di una società superiore al capitalismo. Pochi decenni prima, nel 1848, al momento della pubblicazione del Manifesto del Partito Comunista, scritto da Karl Marx e Friedrich Engels, il capitalismo nascente si rivelava già incapace di mantenere la promessa di libertà, uguaglianza e fraternità.

La scomparsa del socialismo in URSS e nei paesi dell’Europa dell’Est all’inizio degli anni 90 è stata una controrivoluzione, le cui disastrose conseguenze si continuano a sentire in tutto il mondo. Il ciclo politico apertosi nell’ultimo decennio del 20° secolo è conservatore e controrivoluzionario.

Comprendiamo che le circostanze in cui avviene la Rivoluzione Russa del 1917 sono irripetibili, ma la sua ispirazione e i suoi ideali continuano ad essere attuali. La Rivoluzione Socialista Sovietica, con le sue conquiste e i contributi che ha dato al progresso dell’umanità, rappresenta un monumento alla capacità e all’eroismo del Partito Comunista e dei lavoratori.

Compagni, sarebbe idealismo affermare che possono esistere tattiche e vie uniformi o universali per i partiti comunisti nella lotta per il potere politico rivoluzionario. Ciò che esiste è un insieme di principi formulati da Marx e Lenin e sviluppati da altri rivoluzionari. Uniamoci attorno a queste grandi linee, rispettando le diverse tattiche e strategie conformi alle diverse realtà nazionali di ogni epoca. Su tale base, di reciproco rispetto, conserveremo e svilupperemo l’unità dei comunisti e dei loro alleati.

Esistono nuovi e complessi problemi che vanno ripensati; in merito allo studio concreto della realtà contemporanea, comprese le caratteristiche attuali del capitalismo e della costruzione del socialismo nel nostro tempo. La teoria marxista-leninista, sviluppandosi incorpora nuovi contributi, in funzione della realtà attuale e dell’esperienza accumulata.

Il dogmatismo che ci paralizza di fronte alla realtà, con il tentativo di adattare la realtà ai manuali e a itinerari precostituiti, come l’opportunismo, è un’infermità grave conosciuta anche in seno al movimento comunista e che a volte ha recrudescenze.

L’esperienza storica ci ha dimostrato che non esiste un modello unico e astorico del processo rivoluzionario, e neppure per la costruzione del socialismo. Il socialismo è universale in quanto teoria generale e aspirazione di liberazione della classe operaia e dei popoli in tutto il mondo. Ma il socialismo acquisisce caratteristiche nazionali, nel senso che si realizza secondo la formazione sociale e condizioni storiche particolari di ogni popolo, il che esige dalle forze rivoluzionarie, specialmente dai comunisti di ogni paese, la definizione di programmi originali e di formulazioni strategiche e tattiche appropriate all’epoca in cui viviamo.

Le forze che lottano per il socialismo tengono conto delle condizioni storiche nuove, in cui il socialismo non può essere costruito nell’immediato, senza la mediazione di tappe e fasi. Un esame attento della storia dimostra che la costruzione del socialismo e l’avanzata verso una società senza classi, il comunismo, sarà opera di molte generazioni.

Per le forze antimperialiste, rivoluzionarie, progressiste e sostenitrici del socialismo, si tratta di riprendere la lotta per il socialismo nelle condizioni nuove, del 21° secolo. L’inizio degli anni 90 fu segnato dalle sconfitte generalizzate della rivoluzione e del socialismo, dalle difficoltà nella crescita dei partiti comunisti e delle altre forze rivoluzionarie, in un clima di demoralizzazione, discredito e sconfitta. Questa clima non è stato completamente superato, ma certamente stiamo sperimentando un nuovo inizio. E tutto ciò solo 20 anni dopo una grande sconfitta, che non è un lungo periodo in termini storici.

Nel riposizionamento della lotta per il socialismo, non si può essere fatalisti e captare solo i segnali dell’offensiva dell’imperialismo. Dobbiamo riconoscere e valorizzare le esperienze socialiste che resistono e si sviluppano, e anche percepire le nuove potenzialità rivoluzionarie che si stanno manifestando, soprattutto in America Latina.

La permanenza e il rinnovamento delle esperienze di costruzione socialista iniziate con le rivoluzioni del 20° secolo, come quelle di Cina, Vietnam, Cuba, Corea Popolare e Laos, hanno un grande significato politico e ideologico. I successi e le conquiste di queste esperienze hanno dimostrato la superiorità del socialismo in relazione al capitalismo, oggi in crisi sistemica e strutturale.

Un fattore da mettere in evidenza nello scenario internazionale è il rafforzamento della Cina che, a partire dallo sviluppo di un “socialismo con caratteristiche cinesi”, costruisce un paese avanzato e sempre più prospero per il suo popolo. Il Vietnam, con grande dinamismo, sviluppa l’economia e la società socialista. Cuba resiste vittoriosamente all’accerchiamento imperialista e al blocco portando avanti l’ “attualizzazione del modello economico socialista”.

Il socialismo è ancora all’ordine del giorno, perché corrisponde a una necessità oggettiva dell’evoluzione della società. Ma il superamento del capitalismo non si produrrà per generazione spontanea. Toccherà alle forze rivoluzionarie adottare prospettive programmatiche e linee strategiche, procedimenti tattici e metodi di azione, commisurati alla necessità di affrontare in condizioni nuove la lotta per il socialismo in tutto il mondo.

Avanza in America Latina la lotta progressista e le forze progressiste ottengono vittorie politiche

Con le dittature militari e dopo con i governi neoliberali, che raggiunsero l’auge negli anni 90, i popoli latinoamericani, con la onorevole eccezione di Cuba, hanno vissuto sotto i dettami del Consenso di Washington, il che ha approfondito e aggravato, soprattutto, i ritardi sul piano nazionale, economico e sociale. Le disuguaglianze hanno provocato esclusione sociale, dipendenza economica, sottomissione politica, sprofondando nella disperazione i popoli di questa regione. Tutto ciò ha accumulato profondi effetti regressivi in questo vasto continente.

Questa è stata la causa più profonda del sorgere di un crescente movimento di resistenza popolare che ha condotto alla comparsa di un ciclo progressista inedito e peculiare, di carattere patriottico, antimperialista e democratico in America Latina e nei Caraibi. Cuba socialista è riuscita a superare eroicamente il periodo eccezionale vissuto dopo la fine dell’URSS. La nuova situazione politica in America del Sud si è manifestata con la vittoria di Hugo Chavez nelle elezioni presidenziali del Venezuela, nel 1998.

Da allora, questo nuovo ciclo riguarda oggi la maggior parte dell’America del Sud, ed è presente in America Centrale e nei Caraibi, e continua ad avanzare, come dimostra la recente vittoria del presidente Ollanta Humala in Perù. Quest’anno, anche nelle elezioni presidenziali e parlamentari in Argentina e Nicaragua si sono registrate vittorie delle forze progressiste.

I paesi dell’America Latina comprendono differenti formazioni sociali ed economiche, le cui forze di governo hanno origini, orientamenti e obiettivi strategici diversi e la loro ascesa ai governi nazionali è il risultato dei diversi livelli di accumulazione di forze da parte dei settori popolari.

E’ per questo che esiste una diversità di processi politici in corso. Ma, in generale, la tendenza attuale che si sta sviluppando in America Latina e nei Caraibi ha un senso generale comune, che punta a una maggiore sovranità delle nazioni, che cerca di approfondire la democrazia e la partecipazione popolare, verso maggiori diritti delle masse lavoratrici e del popolo, con un’enfasi speciale per l’integrazione continentale della “Nostra America”.

La sconfitta del progetto dell’ “Area di Libero Commercio delle Americhe” (ALCA), ampia strategia degli Stati Uniti di integrazione delle Americhe sotto il loro pieno controllo, ha indicato una svolta del corso politico in marcia in questo vasto continente.

L’elemento più importante è che l’attuale tendenza in corso di sviluppo in America Latina e nei Caraibi è caratterizzata da un senso comune anti-neoliberale e antimperialista. Le attuali esperienze progressiste latinoamericane, nel presente periodo storico e in considerazione dei rapporti di forza nella regione e nel mondo, si collocano sempre più in contraddizione oggettiva con le politiche neoliberali e con l’imperialismo.

Molti partiti comunisti e operai latinoamericani, sebbene con sfumature e critiche, valorizzano e appoggiano il corso delle attuali esperienze dei governi progressisti in America Latina e, in alcuni casi, vi partecipano. Quei pochi partiti che, nella pratica, si oppongono alle nuove esperienze latinoamericane, in generale assumono un orientamento dogmatico e di “ultra-sinistra”, settario e senza legami con le masse lavoratrici.

Una delle cause fondamentali del successo delle forze popolari, patriottiche e progressiste nel corso della nostra storia continentale è stata l’unità politica. A partire dalla diversità ideologica e politica delle forze di sinistra e progressiste, e delle diverse realtà nazionali, abbiamo raggiunto un’unità senza precedenti nel processo politico latinoamericano, di cui il Foro di San Paolo, con 21 anni di esistenza, rappresenta un’espressione importante.

Per molti partiti comunisti in America Latina e nei Caraibi la partecipazione a fronti politici antimperialisti, democratici e progressisti che governano questi paesi consente a questi partiti comunisti di avanzare nell’accumulazione rivoluzionaria delle forze. Tali fronti politici e sociali fanno parte di un processo tattico di accumulazione delle forze, nel contesto del capitalismo, che per i comunisti e i rivoluzionari ha come obiettivo strategico la conquista del potere politico per, da lì, cominciare la transizione al socialismo in ogni paese.

Senza dubbio l’appoggio e anche la partecipazione dei partiti comunisti a questi governi frontisti non rappresenta la conquista del potere politico rivoluzionario. Appoggiando e partecipando a questi governi progressisti, le forze comuniste e rivoluzionarie cercano di rafforzare il potenziale programmatico di questi governi per avanzare verso la sovranità nazionale, l’approfondimento della democrazia, per promuovere lo sviluppo economico e sociale in accordo con gli interessi dei lavoratori, e per intensificare l’integrazione regionale.

Intendiamo difendere i nostri principi, e, allo stesso tempo, essere dialettici e in linea con i tempi. Non è possibile, perciò, trasferire la realtà di qualsiasi altro continente all’America Latina e neppure pretendere di riprodurre e ripetere copiando, vie rivoluzionari percorse da altri popoli in altra epoca storica del passato.

Come già aveva detto il leader comunista peruviano José Carlos Mariategui, il socialismo, nei nostri paesi latinoamericani, non vogliamo che sia un calco né una copia, deve essere una creazione eroica dei nostri popoli, o non ci sarà. Così è stato per la Rivoluzione Cubana e così è la sua attualizzazione economica e il perfezionamento del socialismo cubano. Così si sta realizzando il processo di accumulazione rivoluzionaria delle forze in Venezuela, Bolivia e Ecuador, dove ci sono esperimenti molto avanzati.

La creazione della CELAC è un nuovo passo nella lotta per l’integrazione solidale dell’America Latina e dei Caraibi

La Comunità degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi (CELAC) è stato creata per autoconvocazione, con la partecipazione di Cuba e senza la partecipazione degli Stati Uniti e del Canada, il che ha rappresentato un grande passo in direzione della rottura con la politica del “pan-americanismo”, a egemonia statunitense.

La creazione della CELAC, fatto storico di enorme grandezza, è avvenuta pochi giorni fa a Caracas, in Venezuela. L’integrazione solidale dell’America Latina e dei Caraibi progredisce con la crescente convergenza dei processi di ALBA, MERCOSUR, UNASUR, tra gli altri. Sul significato della creazione della CELAC, il comandante Raul Castro, ha dichiarato che ciò rappresenta l’evento istituzionale più rilevante degli ultimi cento anni nel nostro continente.

Il progetto di integrazione solidale deve garantire la sovranità nazionale coniugata con la sovranità continentale e l’antimperialismo. Una integrazione solidale deve caratterizzarsi per la lotta alle asimmetrie e alle disuguaglianze tra i paesi, e per la promozione della solidarietà , la cooperazione e la complementarietà nell’ambito della regione.

La strategia socialista deve essere presente, in qualità di direttrice di orientamento, nei progetti nazionali e popolari in corso in America Latina e nei Caraibi. Il nostro progetto di integrazione continentale solidale verrà realizzato pienamente solo se verrà inserito come parte fondamentale della lotta per il socialismo in ogni paese e su scala continentale.

Di conseguenza, come paesi e popoli latinoamericani, ma con formazioni economiche e sociali particolari, ci avviamo su percorsi originali e nazionali per ottenere la transizione al socialismo.

Attualmente in Brasile e in tutta l’America Latina e i Caraibi lottiamo per il successo di questi governi nazionali che rappresentano un elemento di irradiazione di potere e ci proponiamo di costruire non solo un potere più democratico, ma un nuovo potere popolare. Perciò, è necessario un differenziato e prolungato processo di accumulazione delle forze, in cui uno dei compiti principali sia l’esigenza di attualizzare e rinnovare la teoria rivoluzionaria, sulla base dei principi ma non del dogmatismo, e partendo dalla realtà concreta e specifica, nazionale e continentale.

Il PCdoB appoggia e partecipa al governo del presidente Dilma Rousseff

In Brasile, il PCdoB fa parte, dal 1989, di un’alleanza di sinistra con il Partito dei Lavoratori (PT), il Partito Socialista Brasiliano (PSB) e il Partito Democratico Laburista (PDT). Questa alleanza è a sua volta parte di una coalizione più ampia, di carattere democratico e progressista, che governa il paese dall’anno 2003.

Durante i governi di Lula, dal 2003 al 2010, e in questo primo anno di governo della compagna Dilma Rousseff, 2011, il Brasile ha contribuito allo sviluppo dell’integrazione regionale solidale e antimperialista dell’America Latina; il paese ha rafforzato la sovranità nazionale e ha ottenuto una maggiore democratizzazione e un maggiore sviluppo economico e sociale, con la valorizzazione del lavoro.

Fin dal primo governo di Lula, il PCdoB ha giocato un ruolo importante nel governo brasiliano, attraverso il suo impegno nel Ministero dello Sport.

Il PCdoB vive una fase di grande crescita e affronta una violenta campagna anticomunista da parte dei mezzi di comunicazione di massa.

In questo processo, e soprattutto negli ultimi anni, il Partito Comunista del Brasile ha conosciuto e sta conoscendo una grande crescita della sua influenza politica, oltre che un rafforzamento organizzativo in tutti i campi, sia nel movimento operaio e popolare, che nella sua presenza in parlamento e nel governo a livello nazionale e locale, come nella battaglia delle idee.

Diamo due esempi: per le prossime elezioni municipali del 2012, i candidati del PCdoB per i sindaci e le municipalità, sono in testa ai sondaggi a Porto Alegre e in altre città importanti; l’altro esempio è che negli ultimi sei mesi, il partito è passato da 270.000 iscritti a più di 340.000.

Questa avanzata dei comunisti e delle forze popolari deve far fronte a una destra – e ai suoi principali strumenti di iniziativa politica, i mezzi di comunicazione in mano ai monopoli – disperata e disposta a fare di tutto per contenere l’avanzata dei comunisti e delle forze antimperialiste. Per tre settimane, tutti i monopoli della comunicazione hanno promosso una campagna di menzogne, vigliacca e di enormi dimensioni contro il Partito Comunista del Brasile e i suoi dirigenti nel Ministero dello Sport, che dirigono la preparazione del Mondiale di Calcio e dei Giochi Olimpici.

Questa campagna è paragonabile agli attacchi criminali di cui furono vittime i comunisti in epoche autoritarie della nostra storia. Hanno allestito contro il Ministro dello Sport, Orlando Silva, e contro il partito una specie di “tribunale speciale”, che con un processo sommario e senza prove, “denuncia”, giudica e condanna. Dopo due mesi, le accuse contro il Ministro dello Sport non sono ancora state provate, dal momento che sono false. Questo espediente rappresenta un’aggressione alle libertà democratiche faticosamente conquistate in Brasile.

Indignati affermiamo che non accetteremo che venga macchiata la nostra storia. L’unica macchia che abbiamo nella nostra bandiera rossa, è il sangue dei nostri militanti feriti, torturati e assassinati. E sempre li onoreremo.

Perché questa sporca campagna anticomunista? Il rafforzamento e la visibilità di un partito rivoluzionario come il PCdoB dà fastidio ai potenti filo-imperialisti e del capitale finanziario e ai loro strumenti di comunicazione di massa. Questa montatura è parte di un obiettivo più ampio dei reazionari per impedire il rafforzamento delle forze democratiche e progressiste in Brasile, specialmente dei comunisti.

I 90 anni del Partito Comunista del Brasile

Il Partito Comunista del Brasile, fondato il 25 marzo 1922, festeggerà il 90° compleanno nel 2012. L’attuale espansione della sua forza sta nella continuazione della sua traettoria storica e della sua identità comunista, la cui caratteristica distintiva è la sua missione storica della lotta per il socialismo e la nuova società comunista.

Per realizzare il suo progetto rivoluzionario, il PCdoB diffonde il suo Programma Socialista per il popolo, legando le sue parole d’ordine e la sua linea alle battaglie del presente e indicando la strada per realizzarlo. Concentra gli sforzi per approfondire il suo radicamento nelle lotte dei lavoratori e del popolo, cosciente delle proprie responsabilità storiche. Sviluppa una forte iniziativa internazionale, di appoggio e solidarietà ai popoli che lottano per la pace, per l’autodeterminazione e per il diritto alla sovranità dei loro paesi.

Il socialismo è il futuro!

La strada della lotta per il socialismo non sarà né facile né diritta. Il 21° secolo, questo secolo che è appena cominciato, anche più del secolo scorso, può essere il secolo della vittoria e della costruzione del socialismo su scala mondiale, dal momento che mai è stato così necessario ai lavoratori e all’umanità. Il socialismo è il futuro!