Contributo del Partito Comunista del Venezuela al XX Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai

pc venezuela 500pxPartito Comunista del Venezuela (PCV)
solidnet.org

Traduzione per 
Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

All’epoca, quando Karl Marx e Friedrich Engels scrissero il Manifesto del Partito Comunista, la classe operaia stava per nascere e la Rivoluzione industriale si stava diffondendo solo in Inghilterra e in Belgio. Quindi la sua importanza non era nel numero delle persone coinvolte. La maggior parte degli oppressi infatti era ancora composta da contadini.

Tuttavia, Marx scelse la classe lavoratrice perché la riteneva il soggetto della storia, come conseguenza del trovarsi in una situazione collettiva. Secondo lui, i lavoratori non sono un gruppo di persone, ma una classe.


La classe operaia venezuelana storicamente non ha mai avuto un’alta composizione numerica. Ciò è dovuto principalmente al tradizionale modello mono-produttivo e mono-esportatore della nostra economia nazionale e alle caratteristiche di arretratezza industriale del nostro paese, causate dallo stato di dipendenza e dal ruolo assegnatogli nel quadro della divisione internazionale del lavoro sotto la direzione imperialista, come produttore ed esportatore quasi esclusivo di materie prime, in particolare di petrolio greggio.

Sebbene tra gli anni ’60 e ’70 del XX secolo sorsero conglomerati industriali di una certa importanza, principalmente di proprietà statale, come le società della Corporación Venezolana de Guayana (CVG), tuttavia negli anni ’80, come effetto dell’applicazione delle politiche neoliberiste, iniziò una deindustrializzazione accelerata del paese. Questa tendenza è stata interrotta nel 1999 quando il governo del Presidente Chávez ruppe con la politica neoliberista, ma vari fattori interni ed esterni hanno impedito che venisse attivato un processo sostenuto di re-industrializzazione del paese.

Se è vero che la debolezza del tessuto produttivo ha causato una diminuzione numerica relativa del proletariato industriale (ad esempio, il numero dei lavoratori occupati nell’industria manifatturiera è diminuito di oltre il 20% dal 1990), ciò non ha significato una diminuzione assoluta della classe operaia, poiché si è registrato un aumento della forza lavoro impiegata in altri settori, in particolare nell’edilizia, nel commercio e nei servizi pubblici, comprese le telecomunicazioni e l’energia elettrica.

Tuttavia, gli operai dell’industria manifatturiera continuano ad essere molto importanti dal punto di vista qualitativo, nonostante la significativa riduzione nelle loro fila. Il loro numero oggi è inferiore alle 500 mila unità, ovvero il 4% della forza lavoro attiva totale del paese. Tra questi spiccano i metalmeccanici, concentrati nel complesso industriale guayanese.

In effetti c’è stato un processo di diminuzione del parco industriale, prodotto della chiusura unilaterale delle imprese da parte dei loro proprietari, sia per motivi politici, che per motivi economici legati agli effetti residui delle politiche neoliberiste che hanno favorito la tendenza alla concentrazione e alla centralizzazione del capitale. Pertanto, tra il 1996 e il 2007, il numero totale di imprese industriali manifatturiere è diminuito di quasi il 40%, riduzione che ha colpito in particolare la piccola e media impresa.

Per quanto riguarda il proletariato petrolifero venezuelano, storicamente non è mai stato rappresentato da un numero elevato di individui, anche se nei primi cinquant’anni del XX secolo, periodo di instaurazione e consolidamento dell’economia petrolifera, era la componente più numerosa, organizzata e combattiva di tutto l’insieme della nostra classe operaia. Ha poi vissuto un calo e un conseguente indebolimento, risultato dell’avvento delle nuove tecnologie e della profusione dei meccanismi di terziarizzazione ed esternalizzazione nei rapporti di lavoro, oltre alla perniciosa e divisoria influenza delle correnti corrotte della socialdemocrazia pro-imperialista che ha dominato il sindacalismo petrolifero per molti anni.

Per quanto riguarda gli aspetti soggettivi che definiscono il fino ad ora insufficiente ruolo rivoluzionario della nostra classe operaia, sono rappresentati dalla tradizionale divisione organica venezuelana del movimento sindacale, dalla sua debole organizzazione e dal predominare di tendenze riformiste e burocratiche, benché, con la partecipazione delle e dei militanti comunisti, siano sempre state molto attive e combattive le tendenze di rivendicazione classista all’interno del nostro movimento sindacale.

Il Programma del Partito Comunista del Venezuela (PCV), stabilisce che i comunisti venezuelani lottano per “(…) una rivoluzione di vera indipendenza e democrazia, antimperialista, anti-monopolista e in marcia verso il socialismo”. “La classe operaia è la forza principale di questa rivoluzione per il suo ruolo fondamentale nella produzione, (…), per la sua combattività e organizzazione e perché le spetta storicamente di spingerla fino a una sua trasformazione in senso socialista.

Tali criteri programmatici riguardano la necessità di risolvere, nello stesso processo di lotta rivoluzionaria, la contraddizione principale che storicamente esiste tra l’imperialismo e la nazione venezuelana e la contraddizione fondamentale della società capitalistica, tra capitale e lavoro. Pertanto il PCV si è impegnato per anni nella formazione di un ampio fronte nazional patriottico-antimperialista, che unisce ed esprime le diverse forze sociali e politiche interessate a rompere il dominio imperialista, conquistare la liberazione nazionale e aprire canali al trionfo del socialismo nel nostro paese. Solo un ampio fronte di questa natura può assolvere a tali compiti, solo se guidato da classi e strati sociali sfruttati e oppressi della società, dalla classe operaia e dalle forze del popolo lavoratore della città e della campagna.

Al fine di procedere verso la realizzazione dei nostri obiettivi strategici nelle attuali condizioni in cui la lotta di classe si svolge nel mondo e nel nostro paese, noi comunisti venezuelani tracciamo come linea tattica – confermata nel XV Congresso del PCV – quella che porta a un consistente accumulo di forze operaie, contadine, cittadine e popolari, per stabilire nella società venezuelana una correlazione di forze favorevole alla classe operaia e al popolo lavoratore della città e della campagna.

Il PCV applica i suoi lineamenti tattici con un piano di offensiva ideologica, politica di massa e di rilancio organico. Tale offensiva si sviluppa affrontando sia le forze della destra pro-imperialista, sia quelle del riformismo entreguista [corrente politica conciliatoria, ndt], le quali, nell’amministrazione dello Stato borghese, ingannano il nostro popolo con l’offerta di un “socialismo del XXI secolo” e che negano la lotta di classe e il ruolo della classe operaia come soggetto rivoluzionario, servendo in definitiva alla preservazione del sistema capitalista nella sua modalità dipendente, redditiera e arretrata, che non favorisce lo sviluppo delle forze produttive, né il risveglio della coscienza rivoluzionaria delle masse lavoratrici.

L’intensa lotta ideologica, politica e di massa che assume il PCV per costruire e sviluppare un’opzione di potere rivoluzionario del movimento operaio, porta i comunisti venezuelani a mettere in relazione dialetticamente i suoi indiscutibili confini con il riformismo piccolo-borghese, con la necessità di un’ampia alleanza anti-imperialista. Avendo chiaro il nemico immediato da sconfiggere, forgiamo l’unità sociale e politica che ci permette di affrontarlo e sconfiggerlo, ma sostenendo ed incrementando gli sforzi affinché il proletariato venezuelano diventi l’avanguardia di quell’ampia lotta antimperialista che, in ultima analisi, è una lotta anticapitalista e pertanto, per essere vittoriosa, necessita che la classe operaia sia in prima linea.

Già nel suo XIV Congresso – agosto 2011 – il PCV aveva concluso che il processo bolivariano da solo avrebbe potuto compiere reali progressi verso la conquista della liberazione nazionale e aprire canali alla prospettiva socialista “in una correlazione di forze favorevoli alla classe operaia” alla guida di un blocco di forze rivoluzionarie popolari posto alla testa della vasta alleanza anti-imperialista. Tale precisione ha definito la politica del PCV e i compiti dei comunisti venezuelani nel movimento delle e dei lavoratori, con diversi aggiustamenti tattici, dal 2011 e fino a questo momento.

L’attuale crisi sistemica del capitalismo coincide con lo sviluppo di processi progressivi e rivoluzionari, fondamentalmente antimperialisti e di carattere anti-oligarchico, soprattutto in America Latina e le cui molteplici contraddizioni intrinseche generano aspettative in diverse direzioni.

Una delle caratteristiche comuni di tali processi politici, così come il carattere dubbio della dominazione imperialista statunitense nella regione, la rivendicazione della sovranità nazionale e una migliore distribuzione della ricchezza, attributi che a loro volta li rendono degni del sostegno delle forze rivoluzionarie, è che la sua avanguardia sociale è stata assunta da settori radicalizzati della piccola borghesia e della classe media professionale, compreso l’importante ruolo della cosiddetta borghesia nazionale emergente, non monopolista, interessata a prendere le redini della dinamica economica in contrasto con la strategia del controllo egemonico globale dei monopoli transnazionali.

Nel confronto inter-borghese, particolarmente chiaro in Venezuela con la sua economia petrolifera redditiera, praticamente tutta la dinamica economica e sociale ruota attorno alle risorse generate dalle esportazioni di petrolio, attività sotto monopolio statale, in modo che le varie fazioni borghesi cercano di prendere il controllo direttamente o indirettamente dall’apparato statale e dall’amministrazione delle entrate petrolifere.

In questo contesto è emerso come diversivo l’approccio del “socialismo del XXI secolo”, sostenuto con enfasi dalla leadership della rivoluzione bolivariana in Venezuela e seguito dai governi progressisti di Ecuador, Bolivia e Nicaragua, assunto anche da correnti politiche opportuniste in altri paesi dell’America Latina e dei Caraibi.

Questa circostanza storica è stata la culla della rinascita di varie vecchie “teorie” e concezioni presentate come apparentemente originali e autoctone, etichettate endogene, ma che alla fine rivestono la negazione della lotta di classe e del ruolo rivoluzionario della classe operaia, il rifiuto della teoria scientifica del proletariato e la necessità del suo strumento organico, il partito politico fondato sui principi del marxismo-leninismo.

Questa situazione si spiega in gran parte nella forza quantitativa e qualitativa ancora insufficiente della classe operaia venezuelana, che ha impedito finora di svolgere un ruolo decisivo e importante durante il processo di cambiamento che muove la Repubblica Bolivariana del Venezuela, benché ci siano manifestazioni crescenti ed indubbie di una crescente coscienza politica della classe operaia e del popolo lavoratore venezuelano, il che favorisce lo sviluppo di una linea politica per la difesa, il consolidamento e l’approfondimento dei cambiamenti rivoluzionari.

Alcune di queste manifestazioni positive sono rappresentate dalle azioni di massa per l’adozione di una nuova e rivoluzionaria Legge organica del Lavoro e dalla lotta per far progredire un nuovo modello di gestione delle imprese, in particolare quelle di proprietà dello Stato in base al principio del controllo operaio, con la costituzione dei Consigli Socialisti dei Lavoratori e delle Lavoratrici. Tali strumenti rappresentano l’esercizio della direzione collettiva delle e dei lavoratori nei processi produttivi, per smantellare i rapporti capitalistici di produzione e per distruggere lo Stato borghese promuovendo la formazione di una coscienza rivoluzionaria nella classe operaia.

I Consigli socialisti dei lavoratori e delle lavoratrici, così come li concepisce il PCV, svolgeranno perfettamente il loro ruolo rivoluzionario di classe nella misura in cui le e i lavoratori che se ne assumono la costruzione e lo sviluppo, aumentino la loro coscienza, trasformandola da classe in sé, a classe per sé

Secondo l’analisi del Partito Comunista del Venezuela (PCV), i cambiamenti avvenuti in questi anni nel quadro del processo politico bolivariano, sono stati fino a questo momento il risultato di una tendenza sociale riformista patriottica e progressista, con un determinante protagonismo di settori della piccola borghesia. Questa realtà sarà trascesa solo attraverso una nuova correlazione di forze popolari e rivoluzionarie guidate dalla classe operaia, che garantirà il consolidamento della liberazione nazionale e creerà le condizioni per un reale progresso verso l’obiettivo strategico della presa del potere da parte della classe operaia e del progredire nella costruzione del socialismo.

Per il PCV, la necessità di difendere e rafforzare l’autonomia e l’indipendenza del movimento operaio e sindacale e di tutte le organizzazioni di massa contro i padroni, lo Stato e i partiti borghesi e piccolo-borghesi, viene inserito come priorità delle e dei lavoratori con una coscienza di classe, sia delle organizzazioni sindacali, che nell’azione dei delegati alla prevenzione (rappresentanti dei lavoratori per la difesa della salute e della sicurezza sul lavoro) e dei Consigli socialisti dei lavoratori e delle lavoratrici sorti come conseguenza dalla premessa costituzionale della democrazia partecipativa e come strumenti che rivendicano l’esercizio del controllo operaio nei processi di produzione, amministrazione e distribuzione di beni e servizi, da ogni posto di lavoro e nei vari rami produttivi.

Questa necessità è evidenziata dal fatto certo che si sta sviluppando una tendenza generalizzata a collocare tutte le organizzazioni sociali sotto la subordinazione del governo nazionale e di altre istanze del potere statale a tutte le organizzazioni sociali. Ma è particolarmente grave nel caso delle organizzazioni della classe lavoratrice, in quanto esercitando la piccola borghesia l’egemonia della direzione del processo e del governo nazionale, si pretende che le e i lavoratori declinino la loro indipendenza di classe indispensabile per chiedere i propri particolari diritti e per rivendicare i propri interessi collettivi, economici, sociali e politici. Tali diritti sono essenzialmente gli stessi interessi della maggioranza popolare della città e della campagna, ma contemporaneamente sono interessi contrari ai settori che, cosa fondamentale, esercitano buona parte del potere politico. Tale situazione sta generando continui e crescenti conflitti.

La lotta per avanzare verso l’unità organica e programmatica del movimento delle e dei lavoratori, si iscrive nella lotta per la trasformazione del sindacalismo venezuelano, riarmandolo essenzialmente dei principi che dovrebbero guidare l’azione liberatrice della nostra classe; in sostanza per sconfiggere il riformismo nel suo interno e affinché questo, nelle sue diverse lotte e conquiste, serva alla formazione della coscienza di classe e all’ascesa del proletariato in alleanza strategica con altre classi e settori sociali anche sfruttati e oppressi, alla condizione di classe dirigente.

Il XIII Congresso straordinario del PCV (marzo 2007) ha affermato: “… tra i compiti più significativi del partito della rivoluzione, vi è il progetto di una politica in grado di conquistare il movimento sindacale per migliorarlo, per sradicare gli enormi vizi covati come conseguenza delle tremende perversioni del riformismo, della pratica sviluppata dai sindacati dei padroni e degli effetti del clientelismo di rompere definitivamente con la sua atomizzazione, per trasformarlo in una forza d’avanguardia nella costruzione di una nuova società “.

E’ necessaria l’esistenza e il rafforzamento del partito della classe operaia nel quadro del processo politico venezuelano. Coloro che dal processo bolivariano credono che la classe operaia non sia il soggetto storico della rivoluzione sociale, per ignoranza della teoria del socialismo scientifico e considerando minacciati i propri interessi di classe, giungono alla conclusione che la classe operaia non dovrebbe organizzarsi in modo indipendente, come classe. Pertanto, disdegnano e mettono in discussione la validità del partito rivoluzionario della classe operaia, cercando di screditare il Partito Comunista del Venezuela, giocando sulla sua invisibilità, premendo per la sua liquidazione.

A questo proposito, la Tesi sul Partito della Rivoluzione, emanata dal XIII Congresso straordinario del PCV, tenutosi nel marzo 2007, esprime quanto segue:

“Quando ci si riferisce alla partecipazione e al protagonismo delle masse, dobbiamo prestare particolare attenzione allo sforzo organico che ci spetta compiere con la classe operaia e gli altri settori dei lavoratori e delle lavoratrici. Se vogliamo sradicare il capitalismo, dobbiamo diventare organizzazione politica nell’interpretare in modo genuino gli interessi della classe sociale che, per la sua posizione nella struttura socio-economica, non è solo la più direttamente colpita dallo sfruttamento capitalistico e pertanto oggettivamente più interessata all’abolizione della schiavitù salariata, ma che inoltre, con il raggiungimento di questa ultima meta, libera il resto della società dal regime dello sfruttamento, pertanto, sfornita com’è dei mezzi di produzione, non aspira a conquistarli per lo sfruttamento di altre classi sociali.”.

Segue nel documento: “… il partito della rivoluzione dovrà essere per suo contenuto, sua politica, sua composizione, sua ideologia, per gli interessi che incarna, il partito della classe operaia e di tutto il popolo lavoratore. Naturalmente questo partito includerà anche membri di altre classi e strati della società, ma a condizione che, nel fare ciò, assumano come propri gli interessi che incarnati dal partito, che dovranno essere quelli della classe operaia se vogliamo essere coerenti con l’obiettivo programmatico di natura strategica che perseguiamo: il socialismo”.

“La definizione precisa del contenuto di classe del partito della rivoluzione è una necessità storica e non è in contrasto con il carattere antimperialista della rivoluzione bolivariana in questo momento. Questa fase della nostra rivoluzione esige, in effetti, un’ampia alleanza di classi … attorno agli obiettivi della liberazione nazionale. Sfruttare tutte le contraddizioni e le differenze che possono esistere tra i settori della grande e piccola borghesia da un lato e dell’imperialismo dall’altro, è uno dei compiti primari dell’alleanza antimperialista; ma questa alleanza non deve prodursi in seno al partito della rivoluzione, specialmente quando riconosciamo che la rotta di questa rivoluzione punta al socialismo”.

“Il partito della rivoluzione socialista non potrà adempiere al suo obiettivo storico se si conforma a una concezione multi-classista, che, in ultima analisi, subordina tutto l’insieme delle classi, degli strati sociali e dei settori a carattere popolare agli interessi del blocco economico dominante all’interno della rispettiva organizzazione. I limiti di questo tipo di partito sono ampiamente noti nella nostra storia: il carattere rivoluzionario del partito viene diluito, si subordinano gli interessi anticapitalisti dei lavoratori agli interessi del capitale sulla base di riaccomodamenti, concessioni e regali; la lotta di classe è soppiantata da un meccanismo di trasformazione atto alla conciliazione delle classi per stabilizzare il sistema; la rivoluzione è sostituita dalle riforme; l’orizzonte storico socialista e comunista con cui solo la classe operaia è organicamente legata, è sfocato”.

In questo modo il nostro partito fissava la sua posizione e apportava contributi al dibattito, allora aperto, attorno al carattere del partito di cui ha bisogno la rivoluzione venezuelana. Nel XIII Congresso straordinario, il PCV riaffermò il suo status di partito rivoluzionario della classe operaia, basato sulla teoria scientifica del marxismo-leninismo, così come fatto sin dalla sua fondazione nel 1931 e che, utilizzando tale strumento teorico e metodologico, traccia una linea politica fondata sulla necessità di risolvere la contraddizione principale del momento storico, quella tra gli interessi egemonici dell’imperialismo e della nazione venezuelana e la contraddizione fondamentale e inconciliabile presente nella società capitalistica: tra capitale e lavoro. Da qui la necessità per la classe operaia, con il suo partito e la sua ideologia rivoluzionaria, di assumere l’avanguardia nella lotta per la liberazione nazionale e il socialismo, nella prospettiva comunista.

Una linea politica dialettica: alleanza antimperialista e necessità di una correlazione di forze sotto la direzione della classe operaia.

Sulla base della definizione che da il nostro Partito circa il processo rivoluzionario venezuelano e in particolare sulla sua fase attuale, abbiamo proposto la necessità di formare un Fronte Popolare Antimperialista, che integri l’insieme dei fattori politici e sociali che coincidono con la necessità di affrontare e sconfiggere la dominazione imperialista e conquistare la nostra piena liberazione nazionale.

Proprio per questo motivo, allo stesso tempo, sosteniamo la creazione di un Blocco Popolare Rivoluzionario, necessariamente circoscritto a quelli a cui proponiamo la completa abolizione del sistema di sfruttamento e che non può quindi in alcun modo includere nessuna frazione borghese, né organizzazione alcuna che esprima i suoi interessi

Le e i comunisti lottano perché il Blocco Popolare Rivoluzionario sia guidato dalla classe operaia, in modo che, nel contesto dell’intensificarsi della lotta di classe, possa di conseguenza ingaggiare la battaglia sociale e politica contro il dominio del capitale e per l’instaurazione di uno Stato democratico-popolare rivoluzionario in cui abbia inizio l’edificazione del vero socialismo, con la classe operaia in posizione di avanguardia. Costruire un Blocco Popolare Rivoluzionario è di cruciale importanza per la classe operaia nella sua lotta per il potere, come affermava il compagno Antonio Gramsci nel 1926, in linea con il pensiero leninista, di innegabile attualità per le e i comunisti venezuelani: “Il proletariato può diventare classe dirigente e dominante nella misura in cui riesce a creare un sistema di alleanze di classi che gli permetta di mobilitare contro il capitalismo e lo Stato borghese la maggioranza della popolazione lavoratrice”.