da http://www.sinistra.ch/?p=1862
Si è svolto a Istanbul, in Turchia, il primo simposio internazionale dei giovani anti-imperialisti organizzato dall’Unione della Gioventù di Turchia (TGB) e intitolato “Viva 19 May – Create a new future”. Lo stesso si svolgeva in concomitanza con la festa nazionale turca del 19 maggio, data simbolo dell’inizio della guerra di liberazione nazionale turca contro il colonialismo nel 1919 sotto la guida di Mustafa Kemal Atatürk e con l’appoggio di Lenin e dei bolscevichi. Dalla Svizzera l’unica organizzazione invitata era la Gioventù Comunista ticinese, la cui delegazione era composta da Gianfranco Cavalli e da Massimiliano Ay, i quali hanno avuto degli incontri anche con i responsabili nazionali del Partito dei Lavoratori di Turchia, con i vertici editoriali della televisione privata “Ulusal Kanal” (di proprietà del Partito) e con i giornalisti del quotidiano di sinistra “Aydinlik”. I comunisti nostrani hanno pure avuto modo di scambiare qualche opinione in incontri informali con delegati di altro orientamento politico: fra gli altri un membro di “Russia Unita”, un esponente degli “Hezbollah” libanesi, e due giovani socialisti siriani.
Una festa nazionale …vietata dal governo!
Il 19 maggio, benché festa nazionale, è oggi inviso al governo di Ankara guidato dal partito islamista AKP e dal premier Recep Tayip Erdogan molto vicino agli interessi di USA e UE. Il governo di AKP vuole infatti gradualmente eliminare ogni riferimento alla lotta di liberazione nazionale (vinta nel 1923 proprio a scapito degli stati europei) e sta man mano eliminando ogni richiamo al “padre della patria” Atatürk, per rendere il paese maggiormente euro-compatibile. Se l’economia turca a partire dal 1989 si liberalizza in modo drastico, con Erdogan sono state privatizzate e vendute al capitale estero altre aziende statali (alcune delle quali simboliche perché fondate proprio da Atatürk) che portavano indotto e garantivano almeno parzialmente un’indipendenza economica al paese. In questo periodo in Turchia si vive un clima di forte tensione: il governo Erdogan sta infatti procedendo con l’epurazione della fazione repubblicana e laica dall’amministrazione statale e dall’esercito, per favorire invece le forze interne che mirano a rendere islamista la Turchia e – oltre a quello che già è – un protettorato dell’UE e degli USA. Sono circa 400 i leader studenteschi legati al solo TGB che sono finiti in carcere negli ultimi tempi (naturalmente nel pieno silenzio delle associazioni dei diritti umani occidentali) e con loro sono finiti agli arresti anche noti giornalisti kemalisti, dirigenti politici, nonché qualche centinaia di ufficiali (fra cui anche dei generali e degli ammiragli) dell’esercito e della marina che si erano espressi contro la NATO e contro i progetti di esercito europeo. Forse è per questo che nel loro caso i paladini dei diritti umani legati a filo doppio con le oligarchie europeiste preferiscono tacere. Una situazione di instabilità, questa, che anche i delegati esteri hanno potuto toccare con mano: la sera prima dell’inizio del simposio, infatti, il governo turco ha vietato lo svolgimento del medesimo alla “Mimar Sinan University” di Istanbul e la polizia ha bloccato all’aeroporto diversi delegati provenienti dall’Irak e dalla Siria, espellendoli dal Paese. Il simposio ha così dovuto essere spostato rocambolescamente in un’altra sala nel corso della notte.
Il simposio: i giovani siano pionieri nella lotta per la pace!
Con le parole di Ilker Yücel, presidente del TGB, connotate di un forte spirito patriottico e anti-americano, si è aperto un simposio che ha affrontato numerose tematiche sempre nello spirito della lotta all’imperialismo economico, culturale e militare di Washington e Bruxelles. Yücel ha contestato in particolare la politica interventista del presidente statunitense Barak Obama, ricordando come la pace sarà possibile solo con la sconfitta dell’imperialismo. Fra i primi a intervenire, dopo il presidente dei giovani turchi, è stato il poeta locale Ataol Behramoglu, che ha invitato i giovani non solo a contrastare l’imperialismo ma anche a lavorare per edificare il socialismo. E mentre Behramoglu parlava, arrivavano agli ospiti dei messaggi di solidarietà da vari detenuti politici, fra cui persino un un generale turco in carcere per aver osato criticare la NATO, accusata di voler “balcanizzare” la Turchia con la complicità di organizzazioni etniche.
Vi sono poi susseguite relazioni inerenti analisi sul nuovo modello che l’Occidente sta utilizzando per mantenere la sua egemonia sui paesi periferici importanti geopoliticamente e ricchi di materie prime: sul tema è intervenuto il professore universitario Semih Koray, segretario per gli affari internazionali del Partito dei Lavoratori di Turchia (una formazione post-maoista molto radicata sul territorio anche se debole elettoralmente) e il deputato della Repubblica di Macedonia Vladimir Ugrinovski, leader dell’Unità della Sinistra Titoista. La parola è poi passata a Mueen Al-Buqa, dirigente del Movimento per la Pace e membro del Partito Comunista di Giordania.
Il pomeriggio seguente i delegati si sono invece concentrati sul tema della scuola, del diritto allo studio e delle lotte degli studenti ascoltando anzitutto la relazione dei comunisti svizzeri: Gianfranco Cavalli, che in passato è stato sindacalista studentesco per il SISA a Locarno, ha spiegato i principali nodi della riforma neo-liberista di Bologna nelle università europee. Il suo intervento si è concluso ricordando la necessità di inserire ogni lotta, anche quella più banale, in una strategia per la trasformazione socialista della realtà e ha quindi esortato i partiti comunisti a non arroccarsi su una visione troppo rigida del marxismo-leninismo, ma di saperlo adattare con una flessibile “linea di massa” alle necessità delle nuove generazioni. Faesal Naemi, esponente dell’Unione degli Studenti Tunisini, Abdallah Al-Najem dell’Unione dei Giovani del Libano e Karmel El-Rahmani dirigente degli studenti siriani, hanno in seguito chiarito i problemi della gioventù araba nell’accesso all’educazione e di come la scuola pubblica goda però, dato spesso non conosciuto in Occidente, di una situazione invece positiva in Siria, paese oggi sotto attacco da parte degli USA e dell’UE per la sua scelta di sovranità e per il suo governo popolare retto da una coalizione di socialisti di varia tendenza e di comunisti.
Solidarietà alla Siria e alla Palestina
L’ultimo giorno è stato dedicato allo studio della situazione mediorientale sia dal punto di vista economico sia da quello geopolitico. Il professor Yakup Kiswani, presidente dell’Associazione degli economisti del Terzo Mondo (sodalizio fondato fra gli altri da Fidel Castro) ha analizzato la crisi economica del capitalismo globalizzato con l’ausilio dell’economista turco Bartu Soral, già esponente del programma per l’aiuto allo sviluppo delle Nazioni Unite e dal politologo Arpaslan Isikli. I relatori che sono seguiti hanno invece affrontato la questione dal lato più geopolitico: è stato il caso del professor Mehmet Yuva dell’Università di Damasco e di militanti del Partito Socialista di Siria e del Partito Comunista di Palestina, con cui i delegati svizzeri Cavalli e Ay si sono in seguito ampiamente intrattenuti. Alla fine è stato dato mandato ad un comitato promosso da TGB di denunciare il premier turco Erdogan per crimini contro l’umanità qualora si rendesse disponibile a dichiarare guerra contro la Siria per conto degli Stati Uniti o di Israele.
Richieste le dimissioni del “fascista” Erdogan
Nel totale silenzio dei media occidentali il 19 maggio, terminato il simposio, quasi 300’000 giovani si sono dati appuntamento per le vie centrali di Istanbul, da Topkapi a Dolmabahçe, inscenando un corteo per festeggiare la commemorazione dell’inizio della Liberazione turca dal colonialismo europeo quasi un secolo fa. Fra gli slogan: “Abbasso il fascismo di AKP”; “Morte all’imperialismo americano”; “La Turchia è laica e rimarrà laica”; “Né con l’UE, né con gli USA, per una Turchia indipendente”, “Turchi e curdi sono fratelli!” e “La Gioventù di Atatürk è pronta alla lotta”. Molte bandiere turche con l’effige di Mustafa Kemal Atatürk si sono mischiate ai simboli nazionali della Siria di Bashar al-Assad e della Palestina, nonché alla bandiera di Cuba. Al passaggio dell’imponente corteo, uno dei più massicci fin dai tempi della dittatura del 1980, gli operai di alcuni cantieri hanno smesso di lavorare salutando con il pugno alzato i ragazzi che intonavano canzoni partigiane mentre alcuni ristoranti turistici del centro affacciati sulla “Istiklal Caddesi” toglievano le bandiere degli USA e dell’UE dai loro balconi al passaggio dei manifestanti.
Da alcuni edifici, poi, sono stati fatti scendere lunghi striscioni commemorativi del poeta comunista Nazim Hikmet, del leader maoista Deniz Gezmis e dallo scrittore socialista Ugur Mumcu, assassinato dagli integralisti islamici oltre quindici anni fa. Al termine del corteo, e dopo un incontro con i delegati svizzeri, lo storico complesso cileno degli Inti Illimani, hanno suonato “El pueblo unido” a una folla estasiata, a cui i musicisti hanno ricordato non solo la figura di Salvador Allende, ma il valore del “libertador” turco Mustafa Kemal Atatürk.