da solidarite-internationale-pcf.over-blog.net | Traduzione dal francese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare | di AC, per solidarite-internationale-pcf.over-blog.net
Importanti elezioni politiche si sono svolte lo scorso 11 aprile in Corea del Sud, una delle economie capitaliste emergenti e paese dominato da una classe dirigente che mantiene rapporti simbiotici con il grande capitale coreano e l’imperialismo statunitense. Un gruppo dirigente ripartito all’americana, tra un polo conservatore e uno liberale.
Con il regime presidenziale, eredità della dittatura diSyngman Rhee, la Corea del Sud è certamente dominata dalla figura del presidente eletto a suffragio universale ogni cinque anni. Tuttavia, il presidente deve fare i conti con il parlamento, eletto ogni quattro anni con un sistema misto che prevede una piccola quota proporzionale (1/6 dei deputati) mentre il resto dei deputati è eletto con sistema maggioritario, uninominale ad un turno.
La bi-polarizzazione della vita politica sud-coreana esce consolidata da questo tipo di sistema elettorale, tant’è che le due forze dominanti convergono su tre punti, tutti in opposizione al Nord socialista: il nazionalismo, però sud-coreano; il capitalismo liberale, l’alleanza con gli Stati Uniti.
Le due principali formazioni si differenziano solo su questioni formali, non trascurabili, soprattutto in relazione alle libertà civili e l’inclusione o no del Nord nel nazionalismo coreano.
A destra, il Partito Saenuri (o NFP) guida il blocco conservatore. Erede del partito della dittatura, difende incondizionatamente l’alleanza con gli Stati Uniti e si oppone a qualsiasi riavvicinamento con il Nord. Applica le politiche neoliberali e adotta posizioni sociali di tipo conservatore. Con il 45,7% e 157 seggi (su 300) ha mantenuto il primo posto, che garantisce la maggioranza assoluta alla Camera, pur scendendo di 7 punti (52,87% nel 2008) e perdendo 28 seggi.
Nel centro-sinistra, il Partito Democratico Unito (DUP) guida il campo liberale. Partigiano delle politiche social-liberali, della co-gestione con la centrale sindacale ufficiale FKTU e dell’alleanza con gli Stati Uniti, pur tessendo rapporti con la Corea del Nord, si differenzia dal blocco conservatore per un attaccamento più marcato verso la democrazia liberale formale. Le elezioni del 2012 rappresentano una battuta d’arresto per il campo liberale, incapace di superare i conservatori, con solo il 37,2% e 127 seggi, sebbene abbiano guadagnato 8 punti rispetto al 2008 (29,34%) e ben 43 seggi in più.
In questa politica blindata dal consenso dominante, dal 2000 sta emergendo un terzo polo, quello del campo progressista, animato dal Partito Democratico del Lavoro (DLP), che nelle elezioni ha assunto un ruolo guida nella coalizione del Partito Progressista Unificato (UPP). I progressisti hanno migliorato il risultato del 2008, ottenendo il 6% dei voti e 13 seggi in un sistema di voto che penalizza pesantemente i terzi partiti.
Il Partito Democratico del Lavoro, e la coalizione cui da impulso dalla fine del 2011, possiede tre caratteristiche principali:
– è una formazione che mantiene un legame organico col sindacato di classe sud-coreano, la KCTU, uno dei due grandi sindacati coreani con circa 700.000 iscritti e dalla sua costituzione negli anni 1990, punta di lancia delle lotte della classe operaia;
– è una formazione plurale, che al suo interno comprende tutte le forze della sinistra progressista che non si riconoscono nel consenso dominante liberal-conservatore. Ecologisti, socialdemocratici, appartenenti alla sinistra, nazionalisti-democratici di sinistra e naturalmente comunisti, fanno tutti parte della stessa organizzazione e tutti più o meno rispettano il centralismo democratico nel partito;
– è infine una formazione sotto l’egemonia comunista, sebbene non si possa affermarlo pubblicamente. Non si tratta solo di non scontentare le diverse correnti interne, ma anche di non derogare alla Legge di sicurezza nazionale, una legge concepita dalla dittatura che vieta ogni riferimento o adesione pubblica al comunismo. Ciò spiega il paradosso di un’organizzazione in cui la direzione e la base del partito sono a maggioranza comunista, ma che deve sistematicamente adattare il suo linguaggio per restare nella legalità, può spingere il suo antimperialismo ed il suo anticapitalismo tanto quanto è concesso dalla legge di un regime erede della dittatura. Ciò non esclude l’esistenza di diverse sensibilità in seno a questa maggioranza comunista, in particolare rispetto alla Corea del Nord, tuttavia questa egemonia comunista sul partito e la coalizione attiva dal 2011 sono una realtà;
Il ruolo attivo dei comunisti in Corea del Sud è ignorato, tuttavia è di capitale importanza per mettere in azione un movimento di lotta che ha saputo abbattere una dittatura e ha intrapreso una lotta accanita contro il dominio del grande capitale coreano e dell’imperialismo statunitense sul destino della Corea del Sud.
I loro progressi elettorali, riflesso del radicamento nella società e nelle lotte in Corea, è una notizia incoraggiante per i comunisti e progressisti del mondo intero.