di Aginform
Ci sono due questioni all’ordine del giorno che interessano oggi i comunisti e riguardano sia lo sviluppo dei rapporti internazionali in relazione alla guerra in Ucraina sia quello che a partire da Marx è stato definito internazionalismo e che oggi va riesaminato alla luce della nuova fase storica. Due questioni collegate, che ci ripropongono tematiche che in diversi modi sono state affrontate dal movimento comunista a partire dal XIX secolo.
La prospettiva internazionalista ha riguardato, in diverse fasi storiche, sia l’azione di Marx ed Engels con la prima Internazionale (l’Associazione internazionale dei lavoratori), sia la seconda Internazionale, dominata dai partiti socialisti formatisi dopo la sconfitta della Comune di Parigi e naufragata con la prima guerra mondiale, sia la terza Internazionale fondata da Lenin e dai bolscevichi nel 1919 in concomitanza con la rivoluzione d’Ottobre. Bisogna aggiungere che anche se nel 1943 la terza Internazionale fu sciolta, fino alla controrivoluzione kruscioviana e al dissolvimento dell’URSS l’internazionalismo dei comunisti si espresse attorno al blocco dei paesi socialisti per fronteggiare l’imperialismo nel periodo della guerra fredda.
In ognuna di queste esperienze l’esigenza di uno sviluppo internazionale delle relazioni tra comunisti è partita da condizioni oggettive. La prima Internazionale, quella di Marx e di Engels fu fondata nel momento in cui si andava delineando lo sviluppo mondiale del sistema capitalistico che produceva, allo stesso tempo, la sua classe antagonista rappresentata dal proletariato.
Il messaggio di Marx e di Engels, proletari di tutti il mondo unitevi, in quel contesto, diede i suoi frutti anche se, dopo una fase di espansione e di scontri politici con bakuniniani, proudhoniani, lassalliani, mazziniani ecc., la prima Internazionale esaurì la sua funzione di propaganda e diffusione di un pensiero scientifico socialista e con il congresso dell’Aja del 1872, quando la sede fu trasferita a New York, la sua storia arrivò a conclusione. Ma il marxismo e il comunismo erano già divenuti quello spettro che si aggirava non solo in Europa, come è detto nel Manifesto, ma tendeva ad andare ben oltre.
Con la seconda Internazionale, l’internazionalismo ebbe una nuova fase di sviluppo segnata dalla crescita dei partiti socialisti, cioè di un nuovo modello di organizzazione politica dei lavoratori che rilanciava una visione universale della prospettiva socialista. La seconda Internazionale, come è noto, naufragò di fronte alla questione della guerra imperialista, una sconfitta preparata al suo interno prima con il revisionismo di Bernstein e poi con la posizione assunta dal ‘rinnegato Kautsky’ rispetto alla rivoluzione bolscevica e alla prima guerra mondiale.
Fu Lenin che nel corso della rivoluzione d’Ottobre, sulla base dell’esigenza di difendere la rivoluzione, ma anche per sfruttare la crisi del capitalismo conseguente alla prima guerra mondiale e allargare il movimento comunista, fondò la terza Internazionale. Ancora una volta la scelta era collegata a una fase storica precisa e ne è testimonianza il grande rilievo che conseguì.
Perchè colleghiamo il discorso sull’internazionalismo alla situazione oggettiva? In primo luogo per sottolineare che i tentativi di creare collegamenti tra organizzazioni comuniste al di fuori di una spinta reale non hanno mai funzionato. Ne è testimonianza anche la IV Internazionale fondata da Trotsky, nata da un’esigenza tutta personale e provocatoria di combattere il corso di una storia del movimento comunista rimasta saldamente ancorata a Lenin e a Stalin. Ma oltre a ribadire questo concetto, il collegamento con la situazione oggettiva serve soprattutto a riproporre la discussione su come si configura oggi un legame internazionalista tra comunisti che non sia basato solo sui principi e su una generica solidarietà.
In sostanza la domanda è: come e perchè può e deve configurarsi in questa fase storica un rapporto internazionalista? Qual è l’importanza di un nuovo rapporto di questo tipo?
La risposta a questi interrogativi è legata da una parte alla questione della guerra in Ucraina e dall’altra alla definizione dell’attuale fase storica, che necessita un’analisi corretta dei processi internazionali in corso e insieme del ruolo che devono svolgere le organizzazioni e i partiti che al comunismo si richiamano.
Sulla guerra in Ucraina, come andiamo dicendo da sempre, si è determinata una situazione che impone una scelta di campo. Se, com’è vero, l’operazione militare speciale è un punto di rottura del progetto di accerchiamento della Russia da parte dell’occidente imperialista, da cui dipendono i futuri rapporti di forza mondiali, l’unità delle forze che combattono l’egemonia americana diventa un presupposto necessario per conseguire la vittoria come fu per il Vietnam.
Si ricompone così un primo tassello, nell’attuale fase storica, per il rilancio di un rapporto internazionalista a difesa della Russia. Ma non si tratta solo di questo. Esiste anche nel contempo un problema di unità delle forze in campo su questioni fondamentali come quelle di individuare e condividere l’obiettivo strategico che Xi e Putin hanno posto ai popoli di tutto il mondo: liberarsi del dominio occidentale e costruire un mondo multipolare in cui i popoli possano decidere liberamente il loro futuro e collaborare per risolvere i grandi problemi che stanno di fronte all’umanità.
I comunisti di tutto il mondo devono, per questo, saper cogliere l’opportunità che viene data di recuperare un protagonismo che nel XX secolo è stato essenziale per sconfiggere le forze della guerra e della reazione. In particolare devono abbandonare lo schematismo e il settarismo e riprendere, nel nuovo contesto, la marcia della trasformazione dei rapporti sociali e delle relazioni internazionaliste non su basi puramente ideologiche, ma sugli obiettivi storici concreti, che sono quelli che la situazione ci presenta.
La crisi del movimento comunista determinata dalla controrivoluzione in URSS e dall’affermarsi di correnti opportunistiche ha trovato impreparate molte organizzazioni e partiti comunisti. E’ ora di riprendere un cammino fatto anche di dibattito teorico e di individuazione di prospettive strategiche al di fuori della retorica identitarista e riproporre il metodo di analisi comunista su basi scientifiche e di verifica storica. Il nuovo internazionalismo nasce da questo.
In questo contesto c’è da fare i conti con le posizioni emerse recentemente in alcune organizzazioni comuniste che hanno proposto un’interpretazione del conflitto in Ucraina come scontro tra imperialismi. Sono posizioni gravi, che impongono non solo una risposta dura e adeguata, ma anche un approfondimento teorico, come avviene per esempio nello scritto di Jana Zavatskayasulla teoria dell’imperialismo,recentemente messo in luce dal PCOR (Partito comunista operaio russo) nella sua polemica col partito comunista greco (KKE).1
Per riferirci all’Italia e alla situazione dei comunisti italiani, mentre si è sviluppata una efficace informazione su Russia, Cina e nuova situazione internazionale e c’è una circolazione importante di testi al riguardo, non si è riusciti ancora a cogliere le novità e la spinta per farne un solido punto di appoggio per la ripresa. C’è ancora da compiere un processo di trasformazione affinchè le idee diventino un motore politico che spinga all’organizzazione.
Note:
1La teoria moderna dell’imperialismo e la scissione del movimento comunista, Testo russo in https://ркрп.рус/2023/02/18/ prossimamente disponibile anche in italiano.
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