di Bruno Steri*
Riceviamo dal compagno Bruno Steri e volentieri pubblichiamo
In questi giorni può capitare di imbattersi, sul web e non solo, in tirate polemiche nei confronti di chi a sinistra – scivolando in “estremistici” No alla Ue, all’euro e alla Nato – finirebbe per trovarsi a braccetto con la signora Le Pen, la quale ha appena inaugurato la sua campagna elettorale annunciando appunto il proposito di uscire dal comando integrato della Nato e di indire un referendum in cui perorare l’uscita dall’Unione europea. Certo, purtroppo non è da oggi che nel nostro Paese i soggetti sociali cui un tempo si rivolgeva la sinistra faticano a distinguere – parafrasando una canzone di Gaber – tra quel che fa la destra e quel che fa la sinistra. Da ultimo, l’eclatante rovesciamento di posizioni evidenziato dal referendum istituzionale: con il Pd teso a stravolgere la Costituzione nata dalla Resistenza e le destre schierate in sua difesa (una difesa furbesca e temporanea, cioè in vista di uno stravolgimento ancor peggiore).
Ed ora, con il posizionamento rispetto all’Ue, ci risiamo. Quelli che suscitano l’anzidetta polemica sciaguratamente non si rendono conto che è proprio l’ottusa acquiescenza del centro-sinistra nei confronti di questa Europa tecnocratica e antipopolare a spingere fette di elettorato un tempo di sinistra a cadere tra le braccia delle destre. Hanno letto, questi signori, il programma della fascista Marine Le Pen? Lo leggano e riflettano. Accanto a proposte tradizionalmente appartenenti all’armamentario propagandistico xenofobo, in esso troviamo: misure di protezione e rilancio delle aziende nazionali, potenziamento dell’intervento pubblico in economia, divieto di cessione di un’azienda o di un ramo di azienda se beneficiata di aiuti pubblici, abolizione della legge che ha incrementato la flessibilità del mercato del lavoro, pensionamento senza riduzioni a 60 anni per chi ha almeno 40 anni di contributi, conferma delle 35 ore, incremento dei redditi fino a 1500 euro, ritorno al sistema proporzionale. C’è da stupirsi se il programma di Jean-Luc Mélenchon, candidato della sinistra di classe francese, non si distingue in molte di queste proposte da quello della Le Pen? E cosa dovrebbero votare i lavoratori francesi? Un programma di centro-sinistra che ribadisca gli orientamenti “lacrime e sangue” di Bruxelles?
A quanto pare, è proprio quest’ultima opzione ad essere pervicacemente sponsorizzata anche dal nostro centro-sinistra. Lo conferma ad esempio l’entusiasmo con cui Romano Prodi ha accolto la sortita della cancelliera tedesca Angela Merkel, a conclusione del vertice europeo di Malta, la quale ha per la prima volta formalmente evocato velocità diverse nel processo di integrazione europea (un’Europa a “geometrie variabili”). Per la verità, l’Europa a più velocità già esiste nei fatti: non per caso, tra i Paesi dell’Ue, c’è chi fa parte dell’area euro e chi no. Ma la formalizzazione prefigurata dalla cancelliera ha un significato politico importante e preciso: c’è un gruppo di testa che accelera e apre definitivamente i cordoni degli orientamenti antipopolari sin qui praticati da Bruxelles. Per dirla con la franchezza di un fondo de Il Sole 24 Ore, “è essenziale che tutti abbiano l’obiettivo di un’integrazione sempre più forte. Chi non lo condivide, chi vuole restare all’Europa delle nazioni, si pone automaticamente al di fuori” (Andrea Bonanni, Il Sole 24 Ore, 6 febbraio 2017). Ovviamente si tace sul fatto che una tale accelerazione va a confermare i guasti prodotti nell’ultimo quindicennio da questa Europa liberista per la qualità della vita e i diritti del grosso della popolazione; e che, con essa, si approfondisce il solco creato all’interno della stessa compagine europea tra chi sta in serie A (Germania in testa) e chi in serie B (i cosiddetti Piigs, Italia compresa).
E’ dunque urgente che nel nostro Paese si renda visibile una sinistra che faccia la sinistra, che rompa con questa Europa e, operando per un Europa totalmente diversa (dall’Atlantico agli Urali), nel frattempo scelga risolutamente gli interessi delle classi popolari. Come la storia insegna, questo può esser garantito solo da una forte presenza dei comunisti.
* Segreteria nazionale PCI