Non si doveva partire dal terzo cerchio

di F. Libretti, militante PdCI e membro del direttivo milanese della Fiom Cgil

prospettivepericomunisti bannerRiceviamo e volentieri pubblichiamo

Care Compagne, cari Compagni,

non voglio soffermarmi più di tanto sulle cause della debacle elettorale della lista Ingroia, credo che molti autorevoli esponenti del partito abbiano già definito i contorni e le cause di questo insuccesso, tuttavia con questo breve scritto, intendo dare solo un modesto contributo ad una discussione che troverà il suo apice nel congresso straordinario.

Detto questo prendo atto che la discussione, in seno ai due partiti comunisti, componenti della lista “Rivoluzione Civile” va prendendo strade completamente diverse, da chi persegue l’idealità di un “partito sociale” (una sorta di Democrazia Proletaria fuori tempo massimo) e da chi, in seno al PdCI pare essere suggestionato dall’idea di presentare il prossimo congresso, come una sorta di Bolognina 2.


Personalmente, senza troppi giri di parole, ritengo che sia tutt’ora valida, ancora legittimata la linea che ci siamo dati dal congresso di Rimini, la linea del “Ricostruire un Partito Comunista”.

A questo riguardo consentitemi, di fare solo un piccolo inciso.

Concludendo il mio breve intervento ad uno degli ultimi federali di Milano, chiudendo riaffermavo la centralità della contraddizione capitale/lavoro e della necessità per i comunisti d’essere “lievito e speranza” in tutti quei luoghi dove si manifesta conflitto….

La necessità di bere un sorso d’acqua, mi porta ad uscire dalla sala e qui vengo raggiunto da una compagna (che stimo profondamente) di lunga militanza, che avvicinandosi mi chiede “militanza nei luoghi del conflitto significa essere presenti, significa volantinare tutti i giorni, farsi vedere dai lavoratori ???”

Preso un poco alla sprovvista, visto l’ora fattasi, stanco dopo una giornata di lavoro, passata in gran parte in auto, prometto alla compagna di scrivere due idee, per poi passargliele…..quindi considero, questo mio testo, anche come una specie di compito a casa, da consegnare a questa stimata compagna.

Personalmente trovo ridicolo auto citarsi, ma tant’è, non riesco nel fare altro.

All’ultimo congresso di Milano, chiudendo il mio intervento riaffermavo “che al cantiere della ricostruzione di un nuovo P.C., non solo serve un processo di rinnovata coscienza di sé, di rinnovata coscienza di classe, ma serve soprattutto creare la condizione perché tutto questo accada…solo e soltanto in quel momento, i comunisti potranno tornare a fare egemonia”

Personalmente ritengo che se non vogliamo essere una forza residuale o di pura testimonianza, dobbiamo forzatamente ed in tempi consoni, darci un “progetto” che sta alla base della ricostruzione di un P.C. 

Nostro urgente compito è definire se vogliamo essere un partito che “serva” ( quindi sia utile) alle lavoratrici ed ai lavoratori, ai precari, agli esodati, ai disoccupati ed alle fasce più deboli della società italiana o cos’altro.

Al progetto, serve ed è funzionale la “cassetta degli attrezzi”.

Se siamo portatori di idee altre, non possiamo conformarci all’idea del pensiero unico. 

L’utilizzo dei pochi strumenti che abbiamo, tra cui l’ottimo sito di Marx 21, deve essere volano di formazione ed informazione.

Formazione per tutti, magari in attesa di qualche formula, che consenta una formazione più mirata per i quadri di oggi e futuri, informazione (diffusa) per militanti, iscritti, simpatizzanti che sappiano l’opinione del partito sulle vicende più diffuse e concretizzino in loro, un opinione da comunista.

Un tempo si sarebbe detto, fornire “lenti nuove per leggere una realtà diversa” da quella che ci propinano….oggi questa affermazione va in parte modificata, sempre lenti nuove, ma anche il saperle coniugare nella realtà quotidiana e sui nuovi supporti informatici e mediatici

Egemonia. 

Non si tratta di citare impropriamente il concetto dì egemonia gramsciana e malgrado ciò, non mi ritengo così abile da definirlo e spiegarlo in parole semplici per tradurlo e coniugarlo all’odierno.

Tra l’altro a questo fine, forse qualcuno sorriderà al pensiero d’introdurre simili argomenti, visto lo stato dell’arte del partito, tuttavia la pietra scartata dai costruttori, per noi resta uno strumento formidabile e deve diventare pietra d’angolo per sorreggere l’intera impalcatura del nostro progetto.

Consentitemi d’introdurre un pensiero, che forse faciliterà la possibilità di definire tale questione.

Semplicemente, se la rivoluzione che chiude l’età dell’antico regime è per antonomasia borghese, uno dei primi suoi atti iniziali, la presa della Bastiglia è scevro di una contraddizione palese.

Davanti alla fortezza/prigione della capitale francese, non si presenta un esercito di commercianti, medici ed avvocati, ma bensì si presenta il popolo, il proletariato di Parigi.

Nella fattispecie, la borghesia è egemone su tutti gli altri ceti sociali.

Talmente egemone che il documento politico della rivoluzione, un piccolo libro di meno di cento pagine, viene scritto dall’abate Seyers, un uomo di chiesa, un uomo che con il terzo stato non ha nulla che fare.

Solo con il “che cos’è il terzo stato”, con l’assunzione di una coscienza di classe, la borghesia della fine del settecento, si fa partito, stato ed a potere sostituisce potere, il proprio.

Temo che in questo momento, abbiamo delle difficoltà non tanto nel definire un progetto politico, ma bensì nel credere che ciò sia utile, mentre gli altri, determinano con i loro argomenti egemonia allo stato puro ed i corpi sociali, se pur devastati da una crisi economica e politica, sono ancora abbagliati da queste sirene.

Spetta a noi organizzarci per contrastare tali nefasti influssi, spetta a noi e non a partiti che distribuiscono pane ed arance, spetta a noi e non a testimoni del bertinottismo che verrà!

Certo la diversità delle forze in campo è mostruosa e noi al momento non siamo neanche in grado di accumulare forze per questo difficile compito.

Le nostre idee, seppur giuste stentano……

Ci aspetta una lunga marcia care compagne e compagni, io condivido il pensiero di chi afferma che la teoria dei tre cerchi è stata una splendida intuizione politica, ma forse meno splendida è stata la sua applicazione. 

Probabilmente non si doveva partire dal terzo cerchio, per applicarla, quello delle politiche per coinvolgere le istanze democratiche, ma la nostra priorità, forse doveva essere il primo cerchio, quello dell’unità dei comunisti o meglio quello di chi, ancora oggi, nel terzo millennio afferma d’essere comunista.

Non posso chiudendo, che augurarvi, augurarci buon congresso!