Carlo Alberto Ciaralli – Coordinatore FGCI Abruzzo
Nicola Fabrizio – Coordinatore FGCI Emilia Romagna
Giulia Loche – Esecutivo Nazionale FGCI
Sara Milazzo – Esecutivo Nazionale FGCI
Riceviamo e pubblichiamo come contributo al dibattito sulle prospettive dei comunisti in Italia
Sabato 28 Settembre a Roma Assemblea Nazionale di «Comincia Adesso»
Uno storico che, in un futuro non troppo lontano, si trovasse ad esaminare e ad interpretare le vicende politiche del nostro paese tra il 2008 e il 2013 il primo aspetto che, probabilmente, noterebbe è la velocità del cambiamento. Sul terreno delle relazioni internazionali alle recenti guerre imperialiste in Iraq, Afghanistan e Libia si somma oggi l’aggressione ai danni della Siria: uno straordinario sommovimento scuote alle fondamenta il fragile ordine venutosi a creare dopo l’89, nei paesi capitalistici, a tutte le latitudini, forti tensioni sociali segnano la vita politica interna.
Contestualmente, in poche settimane o mesi, si sono definiti, o si vanno definendo, processi politici in incubazione da decenni, nell’area euro-occidentale recano il marchio della reazione: meno diritti per i lavoratori, meno tutele sociali, meno democrazia rappresentativa, un’accentuata sperequazione della ricchezza interna. La più grave crisi economica del modo di produzione capitalistico, dal secondo dopoguerra, segna indelebilmente questa complessa fase storica. Altrettanto peculiare è un secondo aspetto: la diffusa inconsapevolezza, nel nostro paese in primis, delle dimensioni di questo cambiamento. Dalla culla fino alla tomba la vita delle persone è destinata a mutare profondamente: un peggioramento cui, tuttavia, non è corrisposta, né corrisponde, una presa di coscienza diffusa né tantomeno una mobilitazione politico-sociale.
La ripresa del conflitto sociale in Italia e, quindi, la lotta contro le politiche d’austerity della BCE e del governo Letta costituiscono il primo punto all’ordine del giorno per i comunisti e la sinistra. Un’ampia convergenza di intenti può in questo senso rilevarsi nella discussione generale: il nodo, come è intuibile, riguarda quindi le modalità di azione e i termini di questo processo. Semplificando potrebbe dirsi: chi guarda a destra considera con attenzione il cosiddetto «travaglio» di una parte del gruppo dirigente del Pd e di alcuni settori sociali di riferimento, auspicando la nascita di un «campo del cambiamento» e di uno «spazio pubblico di discussione» secondo la proposta avanzata da Giulio Marcon e Giorgio Airaudo di Sel; chi guarda a sinistra invoca, invece, l’avvio di «un processo democratico chiaro nel suo indirizzo politico», fuori e contro il Pd, sotto l’egida di alcune “personalità” «garanti» secondo la proposta di Marco Revelli. Le due proposte, nella loro diversità, pongono in evidenza alcune questioni importanti.
La prospettiva. La discussione a sinistra, nonostante l’ennesima clamorosa batosta elettorale, verte esclusivamente sul presente: l’orizzonte politico cui si fa costantemente riferimento è sempre, immancabilmente, il presente stesso. Simmetricamente viene rimosso ogni esame e discussione della profondissima crisi in cui si dibatte il movimento comunista e la sinistra. Né passato, né futuro.
Un clima emergenziale permanente. Affinché passato e futuro non siano oggetto di dibattito si perpetua uno stato emotivo di allarme: dal 2008 siamo immersi in una dimensione epica. In quanto tale amici e nemici, come nei brutti sogni, appena stanno per essere afferrati svaniscono. A ciò si accompagna un sensazionalismo apocalittico ormai non più credibile: «sappiamo da dove viene il pericolo», «questa volta ci giochiamo molto, forse tutto».
La classe, le classi. Entrambe le proposte, in ragione probabilmente dell’«emergenza», si affidano ad un indistinto e generico luogo di aggregazione della sinistra. A sinistra come a destra non si individua né oggettivamente né soggettivamente l’attore del cambiamento: il rischio, ancora una volta, è quello di costruire alleanze elettorali che non sono espressione di alleanze sociali: ad essere rimosso sarebbe il tema del «blocco storico».
Movimento e soggettività. Poco chiaro, in particolare sul versante sinistro del dibattito, è il ruolo del Partito e la sua relazione col «movimento». La sovrapposizione dei due elementi, prescindendo da una sintesi soggettiva, rischia di condannare le mobilitazioni esistenti alla marginalità da una parte o alla subalternità dall’altra.
Col manifesto «Comunisti e Fronte della Sinistra» abbiamo cercato di gettare le basi per un confronto politico di più ampio respiro. Un percorso che non vuole, quindi, essere finalizzato ad una tornata elettorale quanto alla paziente costruzione di un nuovo progetto e di un nuovo soggetto politico, a partire dall’auto-superamento delle due principali organizzazioni comuniste: Prc e PdCI. Nella chiarezza del profilo strategico si può quindi discutere dei percorsi politici e sociali cui contribuire, e quindi affrontare lo spinoso tema elettorale: non viceversa. La discussione che si sta producendo sembra invece contraddistinguersi per il consueto iper-tatticismo, prodromico del peggiore codismo.
1) Si può rendere percepibile la prospettiva del «campo del cambiamento» se in Europa si sta col PSE guerrafondaio di Hollande, garante della “gabbia” europea, e in Italia si fa un’opposizione di maniera garantendo un futuro sostegno a Renzi?
2) Possono le due principali organizzazioni della sinistra di classe italiana limitarsi a rincorrere le rispettabilissime proposte avanzate dagli altri soggetti?
3) Per costruire «un processo democratico chiaro nel suo indirizzo politico» ci si può risolvere nell’a-democrazia della delega a presunti «garanti», illuminati da chi e che cosa, senza definire basilari elementi di strategia?
Avanzare queste perplessità non significa non voler parlare con la base di massa e anche militante del fu centro-sinistra e della sinistra diffusa: il problema è come farlo. In primo luogo definendo un’opzione alternativa credibile, un profilo politico ed, infine, una propria proposta rivolta all’intera sinistra. Un Fronte i cui principali obiettivi siano: allargare il più possibile, su temi definiti l’opposizione, e riaprire un percorso di reinsediamento politico organizzativo dei comunisti quale motore del cambiamento. Non quindi alchimie politiciste in vista delle Europee quanto un progetto politico. Sul terreno elettorale poi, nella chiarezza, si verifica il da farsi in base ai percorsi politici e sociali che si sono fatti. Viceversa si perde sempre anche sul piano elettorale: ad essere nitidamente percepita è la strumentalità di siffatti percorsi, ormai non ci casca più nessuno.
L’assemblea di «Comincia Adesso» del 28 settembre a Roma rivendica, dunque, l’urgenza di questa discussione. Un’urgenza diffusa all’interno del corpo attivo dei due partiti comunisti ed in modo particolare tra i giovani. L’assise congressuale del PdCI ha visto, non a caso, coagularsi un’importante consenso attorno agli emendamenti presentati: in modo particolare tra i giovani. Si è scelto però di rifiutare una sintesi politica più avanzata con gli emendamenti proposti, permangono quindi alcune ambiguità, cui si accompagna la sensazione di non voler convintamente rinnovare modalità e pratiche dell’agire politico di questo Partito. Lo scioglimento d’imperio della FGCI, ventilato in luglio a Chianciano, costituirebbe, in questo senso, un gravissimo vulnus. Per parte nostra riteniamo indispensabile che la FGCI, al pari del Partito, debba mettersi a disposizione, senza ambiguità, di un processo di auto-superamento, congiunto ai Giovani Comunisti e al Prc, per la costruzione di una nuova, ed unitaria, organizzazione comunista.