di Patrizia Maltese | da www.zenzeroquotidiano.it
Chiara è stata fregata dalla Wind-Jet che le ha spillato 4.500 euro per un corso da assistente di volo e prospettiva di contratto a tempo indeterminato, l’ha sfruttata per sei mesi durante il periodo di prova e, pochi giorni prima di assumerla stabilmente, l’ha licenziata. Tutti fregati, lei e quelli del suo corso; e poi quelli del corso successivo, avviato subito dopo aver licenziato i primi per “esubero di personale”, e quelli ancora dopo, chissà per quanto tempo. E’ successo due anni fa e lei ancora un lavoro non ce l’ha. Nel frattempo – dice – “ho fatto tutto quello che i politici dicono a noi giovani di fare: ho studiato, mi sono qualificata, sono andata all’estero, mi sono persino fatta imprenditrice di me stessa, ho aperto un’agenzia di viaggi on-line ma non riuscivo a pagare tutte le tasse e ho dovuto chiudere”. Dopo due anni Chiara è ancora disoccupata, tutto quello che le offrono è un lavoro a otto ore al giorno per 400 euro al mese. E lei dice no, anche se lo sa che ci sarà sempre qualcun altro che invece accetta, ma la dignità è una cosa alla quale non si può rinunciare.
Lei la sua storia l’ha raccontata ieri in piazza Stesicoro a Catania, durante un’iniziativa dei Comunisti italiani-Federazione della Sinistra, intitolata “Lavorare ci piace”, così come hanno fatto gli altri: per esempio Rita, lavoratrice di una delle cooperative socioassistenziali che svolgono il servizio per conto del Comune e che ogni mese sono costrette a dare battaglia per ricevere lo stipendio (stipendi minimi, perché il comune ha ridotto le ore, provocando un danno soprattutto agli assistiti: anziani e disabili gravi), che ha riferito anche la sofferenza delle sue colleghe, inseguite dalla Serit che vuole pure gli interessi; ma anche Daniele, che il lavoro ce l’ha e non rischia di perderlo, ma ha voluto urlare la sua rabbia contro un governo che vuole cancellare l’articolo 18 mentre invece “andrebbe esteso a tutti”.
L’articolo 18 e in generale la cosiddetta riforma del lavoro del Ministro Fornero, che il lavoro lo vuole cancellare insieme ai diritti dei lavoratori conquistati in decenni di battaglie, è stato il fil rouge che ha legato tutti gli interventi.
Ne ha parlato Salvatore Torregrossa, responsabile provinciale Lavoro del Pdci-FdS, che ha aperto l’incontro ricordando come la parola “lavoro” sia indissolubilmente legata a “dignità” e “libertà”, mentre l’attacco all’articolo 18 produrrà la “libertà sfrenata di licenziare” e ha elencato tutte le vertenze aperte a Catania, dove giornalmente si registrano “tre, quattro sit-in, cortei, occupazioni” da parte di lavoratori che rischiano di perdere il posto e dalle istituzioni (il sindaco Stancanelli – ha ricordato – tutto quello che ha saputo fare è stato aggredire la giornalista del Tg regionale, Antonella Gurrieri, solo perché gli faceva delle domande durante una di quelle manifestazioni di protesta) non ricevono nemmeno una parola, “se non di facciata”. Lo stesso i parlamentari regionali e nazionali. Lo ha ripetuto due volte Torregrossa: “Non hanno niente da dire il senatore Pistorio dell’Mpa e la senatrice Finocchiaro del Pd?” Si riferiva al “vergognoso” decreto legge che distrugge l’articolo 18, votato quasi da tutti i partiti presenti in Parlamento, e alla vertenza dei lavoratori Wind-Jet: 442 che dal 31 luglio – ha denunciato – perderanno il posto: “in cassa integrazione, ma licenziati di fatto”, mentre la Cgil catanese ha un atteggiamento “morbido”.
E per fortuna che c’è la Fiom. Che infatti era presente, rappresentata da Michele Pistone, della segreteria provinciale, e secondo il quale il fatto che i partiti “non sono tutti uguali” era dimostrato proprio “in questa piazza”: perché i comunisti non smettono di essere dalla parte dei lavoratori e di difenderne i diritti. Pistone ha sottolineato come con la Riforma Fornero non si farà più occupazione, come sostiene il governo, “maschera indossata dai partiti che lo sostengono”, ma si creerà “una generazione di precari” e ha parlato della campagna avviata all’interno della St, la più grossa azienda metalmeccanica catanese, chiamata “Se tu lo voti, io non ti voto”, nel senso che si dovrà negare il consenso elettorale, già a partire dalle amministrative, a chi attacca il lavoro. E sul ddl, ha detto che ci sono due possibilità: il ricorso alla Corte costituzionale e il referendum abrogativo, che partirà un minuto dopo l’approvazione.
Ipotesi, quest’ultima, confermata anche da Fosco Giannini, responsabile Lavoro di massa del Pdci-FdS, che ha concluso l’incontro, al quale ha partecipato anche Orazio Licandro, coordinatore della segreteria nazionale del partito.
Giannini ha parlato dello Statuto dei lavoratori, avanzatissimo e inapplicato proprio come la Costituzione italiana, di cui tutti parlano – “come l’Ulisse di Joyce o il secondo libro del Capitale di Marx” – senza nemmeno averlo letto e che invece tutti dovrebbero leggere. Il dirigente del Pdci-FdS ha parlato quindi della “miseria di massa” che in questo momento affligge gli italiani, costretti a indebitarsi prima con le banche e poi con le finanziarie perché non arrivano a fine mese, e ha evidenziato l’attacco durissimo del governo Monti al sistema pensionistico, all’articolo 18 e allo Statuto dei lavoratori: “Nemmeno Berlusconi c’era riuscito”. Un governo “dei padroni e dei poteri forti”, per Giannini, quello di Mario Monti, che si rifiuta di mettere la patrimoniale “sulle grandi fortune” e invece “stringe la cinghia intorno ai poveri cristi”.
Ma è fiducioso: “I popoli si sono stancati”, dice. E ricorda come in Francia abbia vinto Hollande perché vuole tassare i grandi capitali, in Grecia vincano i comunisti e la sinistra contrari a un’Unione europea “che ci chiede di morire per il capitale”, mentre in Germania il partito della Merkel è crollato: “L’Europa sta rialzando la testa. Anche noi dobbiamo farcela”. Ma la “parola d’ordine” non può che essere una sola, quella di Antonio Gramsci: unità. Con i sindacati, i comunisti, le forze della sinistra. Quanto al Pd, “la smetta – esorta Giannini – di stare con i padroni o morirà: torni al suo compito di partito di massa e si metta a capo del processo di cambiamento”. Dopo di che, combattere. “Combattere – e qui cita Pio La Torre – come se si potesse vincere”.