di Marica Guazzora | falcerossa.com
Con l’intervento della compagna Marica Guazzora, continua il confronto sul ruolo e le prospettive dei comunisti in Italia
Il progetto della ricostruzione del Partito comunista italiano è tanto ambizioso quanto irto di problematiche da affrontare. Il confronto con il Partito comunista di Gramsci, Togliatti Longo e Berlinguer è quanto mai audace e da far tremare le vene ai polsi.
Una grande responsabilità che non attiene semplicemente al nome e al simbolo ma che invece deve richiamarci alla mente la base dalla quale partire e cioè il buon vecchio Karl Marx quando definisce che cosa è il comunismo «Le posizioni teoriche dei comunisti non poggiano affatto su idee, su princìpi inventati o scoperti da questo o quel riformatore del mondo. Il comunismo, per noi, non è uno stato di cose che debba essere instaurato o un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dai presupposti ora esistenti»
Tornando al vecchio Pci, generazione ’68, in quel partito convivevano almeno quattro sensibilità e mi spiace se la parola dà fastidio a qualcuno ma non ne trovo una altrettanto adatta, cioè quella di Giorgio Napolitano, quella di Pietro Ingrao, quella di Armando Cossutta e poi c’era il segretario nazionale che ne rappresentava la sintesi, prima Luigi Longo e poi Enrico Berlinguer. La convivenza di queste sensibilità su certi aspetti assai diverse tra di loro, nonostante momenti anche molto aspri di discussione e di lotta interna (penso per esempio, alle diverse posizioni sulla scala mobile, al famoso “strappo” ecc.), insieme ad una scuola di formazione quadri di buon livello,e di una miriade di militanti, ha contribuito sicuramente a far grande il Partito comunista italiano. Fino a che si è riusciti a mantenere quel perfetto equilibrio. Quando questo si è rotto si è arrivati alla disgregazione che ha iniziato la nostra diaspora. Serve una analisi ben più approfondita di questa per analizzare la “mutazione genetica” avvenuta nel Pci fino al suo scioglimento (e il crollo dell’Unione Sovietica e dei paesi del socialismo reale), probabilmente risalendo ai tempi di Pietro Secchia e al suo allontanamento? .
Occorre sempre avere la capacità di saper analizzare gli errori della nostra storia per cercare di non ripeterli.
“Un esercito già esistente è distrutto se vengono a mancare i capitani, mentre l’esistenza di un gruppo di capitani, affiatati, d’accordo tra loro, con fini comuni, non tarda a formare un esercito anche dove non esiste” (Antonio Gramsci)
Oggi ci troviamo di fronte alla esasperazione della condizione sociale della nostra classe di riferimento, alla parcellizzazione delle lotte, alla disoccupazione o alla precarietà che dura tutta la vita, alla disuguaglianza spinta dalle forme di razzismo e fascismo a contrastare ogni embrione di emancipazione, in un contesto internazionale sempre più vicino ad una forma nuova di guerra mondiale alimentata da continui focolai e in un contesto europeo schiacciato dai lacci dell’Unione Europea succube delle alleanze imperialiste e capitaliste degli Stati Uniti e alleati.
Ecco perché citavo Marx e le cose reali su cui occorre batterci e confrontarci. Perché è tale la situazione economica e sociale in cui viviamo che se non sappiamo correggere i nostri errori di partenza per rimanere legati a vecchi schemi di potere interno (non è chiaro nemmeno perché così ambito e per fare cosa), a meccanismi di riproposizione sempre di noi stessi, la ricostruzione del partito comunista sarà monca, o non avverrà affatto.
Quando parlo di riproposizione di noi stessi mi riferisco soprattutto alle nuove generazioni perché si consegnano e si tramandano alla storia anche gli errori in una sorta di riproduzione di vecchi schemi ormai obsoleti.
La ricostruzione del partito comunista come la intendo io e per certi versi anche le tesi, (che sempre si citano senza averle lette) è altra cosa.
Quindi voltiamo pagina, un nuovo partito. Ma la storia di ciascuno di noi non si cancella.
Mi si perdoni se sembra retorico, ma non lo è, ciò che i giovani e le ragazze non devono dimenticare mai è che se oggi possono dire ancora “io sono comunista” lo devono ai nostri padri che alla loro età erano in montagna a combattere con le armi il nazifascismo e oggi ci tocca tornare a difendere la Costituzione nata dalla Resistenza.
Ricordo e mi riallaccio ad una famosa frase detta al Comitato Centrale dal Segretario nazionale dei Comunisti italiani Oliviero Diliberto quando si riferì alla nostra uscita dal Parlamento, quella uscita che ha iniziato per i comunisti/e una sorta di traversata del deserto. Quel deserto è sempre e ancora tutto davanti a noi, occorre saperci portare l’acqua dello studio e delle idee e i viveri della formazione dei quadri, dei nuovi gruppi dirigenti, oltre che della militanza. Chissà, forse qualcuno un giorno riuscirà ad arrivare dall’altra parte, se cercheremo di non commettere più troppi errori.