Il nostro modo di stare assieme

di Massimiliano Stiz, segretario provinciale Padova Comunisti Italiani

prospettivepericomunisti bannerHo sempre pensato di potermi esprimermi liberamente dentro al mio Partito, che in sede di discussione ognuno potesse esporre il proprio punto di vista, le proprie proposte.

Mi sbagliavo, da un po’ non è più così, da un po’ il lavorio dei corridoi indebolisce il Partito.

Negli ultimi due anni, infatti, chi come me e altri hanno criticato la scelta di alternatività strategica al centrosinistra sono stati avversati, emarginati, trattati da traditori. Si diceva e si continua a dire che chi la pensa così vuole sciogliere il Partito, chi la pensa così non è più comunista. Sul punto voglio dire tre cose:

1) la realtà dimostra che ha fatto molto di più contro il nostro Partito chi ci ha portato fin qui, piuttosto che chi cerca di cambiare strada; chi ci ha fatto più che dimezzare gli iscritti, chi ha fatto sparire la nostra rappresentanza istituzionale, chi ci ha tolto ogni visibilità, chi si è mosso in ogni modo, creando dissidi e divisioni, per mantenere la propria ortodossia;

2) la proposta di scelta strategica di fase del campo progressista non serve ad avere qualche posto, che peraltro i puristi certo non disdegnano, serve ad essere utili alle lavoratrici ed ai lavoratori, serve ad essere utili per noi, serve per creare le condizioni della nostra ricostruzione e non continuare in questa penosa agonia; mi ripeto la strada di questi ultimi 5 anni, l’abbandono delle ragioni della nostra nascita, ci stanno estinguendo;

3) non ritengo di poter dare patenti di comunismo, ma nemmeno sento il bisogno di averne da altri.

Sono partito da qui perché ritengo che la nostra comunità, la comunità dei comunisti italiani meriti di più, meriti più rispetto. Il questo senso sono contento che si sia abbandonata la convenzionalità formale ma vuota. Se infatti non ci daremo un modo diverso di stare assieme, se non presteremo attenzione ai rapporti tra compagni, se gli organi dirigenti non si faranno carico di dirigere davvero, con condivisione ma con una visione chiara, se non abbandoneremo le recenti male pratiche, qualsiasi altra scelta sarà inutile.

Che Partito?

Sempre per parlare di noi, dopo aver ripreso la normalità dei rapporti, dovremo anche dirci chiaramente che partito vogliamo. Ecco, io credo che il partito di quadri con vocazione di massa non sia un’opzione utile e reale. Da dove vengono questi quadri, chi li forma, con che risorse? Dove si pensano di trovare 5.000 compagni che versano 100 euro, che versano percentuali dello stipendio? Che attrattiva può avere nelle persone reali in Italia nel 2013 questo progetto? In che rapporto sta con la storia e le elaborazioni del comunismo e del comunismo italiano in particolare?
In sintesi io ritengo che noi non dobbiamo chiuderci nelle elucubrazioni buie, ma guardare la realtà. Non dobbiamo in particolare fare la retorica degli eroi che hanno sofferto sotto le dittature. Loro erano eroi che lottavano contro un nemico violento, noi semplicemente siamo incapaci di fare proposte condivise quantomeno da una parte di coloro che vogliamo rappresentare. Cerchiamo di non offendere la loro memoria.

Per parte mia sento l’esigenza di tenere unita la comunità dei compagni, di tutti i compagni che in questi 15 anni hanno lavorato, militato, faticato per tenere viva l’autonomia dei comunisti italiani, di un partito politico di donne e di uomini che opera per organizzare gli operai, i lavoratori, gli intellettuali, i cittadini che lottano, riconoscendosi nei valori della Resistenza, per l’estensione e il rafforzamento delle libertà sancite dalla Costituzione repubblicana e antifascista, per trasformare l’Italia in una società socialista fondata sulla democrazia politica, per affermare gli ideali della pace e del socialismo in Europa e nel mondo. Una comunità che fa riferimento al marxismo e agli sviluppi della sua cultura, alla storia e all’esperienza dei comunisti italiani e persegue il superamento del capitalismo e la trasformazione socialista della società.
Non condivido pertanto gli inviti ad andarsene che sento spesso.

Tuttavia penso sia l’ora di fare una profonda riflessione sui modi in cui questa comunità, fermi i nostri valori, sta insieme: Sui modi in cui questa comunità riesce a crescere, a fare politica nel rispetto della realtà attuale. Quando siamo nati avevamo circa 20.000 iscritti, 27 parlamentari, 28 consiglieri regionali e un po’ meno di 1000 amministratori locali. Ora?

A me pare che gli esempi storici di partito conosciuti non ci siano utili oggi. Non siamo formati, né teoricamente, né psicologicamente per il partito leninista di rivoluzionari di professione, partito che peraltro in Italia non è mai esistito per le ragioni storiche e sociologiche che hanno consigliato la peculiare costruzione del P.C.I.. Ma nemmeno siamo in grado di ricostruire il partito di massa che fu il P.C.I., anche per il mutato quadro internazionale.

Dobbiamo quindi trovare strade organizzative nuove, uscire dalle ripetizioni delle nostre abitudini, avere saldezze di principi e coraggio nelle scelte. Mettere in fila le priorità che emergono dall’analisi e dalla realtà ed essere coerenti e ben piantati per terra.

Capitalismo e democrazia:
il compito e le scelte dei comunisti italiani.

Questo con riguardo a noi. Ma poi dobbiamo rapportarci con gli altri, con le altre forze politiche, con le lavoratrici e i lavoratori, stare nel mondo reale fuori di noi.

I comunisti italiani hanno sempre difeso la democrazia come possibilità effettiva per i lavoratori e le lavoratrici di partecipare all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese, ovvero la democrazia delineata nella Costituzione Repubblicana nata dalla Resistenza, facendone anche un valore nella costruzione di una società più giusta.

Tale punto appare particolarmente importante oggi in Italia ed in Europa. Le vicende degli ultimi due anni hanno evidenziato le difficoltà che incontra la democrazia in rapporto con il potere economico.

Dalla Grecia all’Italia, per fare gli esempi più noti, le elezioni e le procedure democratiche sono piegate alle esigenze del “mercati” e praticamente svuotate. Svuotata la democrazia sono state poste in essere politiche antipopolari tali da fiaccare la partecipazione alle elezioni, come dimostrato dalle ultime elezioni siciliane e nazionali, o da indirizzare i cittadini in direzione del populismo di destra di Grillo.

Particolarmente significativa poi è la giustificazione posta alla base di queste scelte. Ovvero la circostanza che il governo, per poter essere considerato efficiente dai mercati finanziari, deve essere in grado di decidere velocemente senza impicci da parte del parlamento o dei cittadini, deve poter garantire la massimizzazione dei profitti delle imprese, deve essere in grado di comprimere senza indugio i diritti dei lavoratori, dei pensionati, dei cittadini. In estrema sintesi possiamo dire quindi che il capitalismo, esaurita la sua fase storica, ha esigenze incompatibili con la democrazia e con lo sviluppo delle forze sociali ed economiche.

All’interno di questa realtà, dentro questo quadro di estrema difficoltà, con gli attuali rapporti di forza, i comunisti italiani non sono in grado da soli di garantire la ripresa del quadro democratico, come hanno fatto altre volte nella storia repubblicana.

Tuttavia ciò non toglie che dare un contributo alla salvaguardia della democrazia è un compito dei comunisti sia sulla via della costruzione di una società più giusta, sia per lo stesso rafforzamento del Partito.

Quanto al rafforzamento del Partito penso sia a tutti evidente come lo sviluppo di un partito sia più facile in una democrazia aperta, nella quale è possibile per i lavoratori associarsi liberamente, senza impedimenti di ordine economico-materiale, e per il Partito sviluppare senza difficoltà la propaganda e l’attività politica. Un partito rafforzato potrà inoltre essere capace di influenzare maggiormente le scelte concrete di evoluzione dei modi della produzione, essere percepito più utile, rafforzarsi nella propria organizzazione.

Inoltre legare la battaglia per la difesa della democrazia e della costituzione all’evoluzione in una società più giusta e socialista, appare anche in grado di intercettare l’interesse della grande maggioranza delle donne e degli uomini. Non dobbiamo infatti dimenticare che le stagioni referendarie del 2006 e del 2011 hanno coinvolto la maggioranza assoluta dei cittadini italiani nella difesa della costituzione repubblicana antifascista la prima, nella difesa della proprietà e gestione pubblica di beni e servizi essenziali in una società evoluta, quali l’acqua, l’energia, i trasporti ecc., la seconda.

Mi pare quindi evidente che la scelta debba essere quella di mettersi in gioco nella costruzione di un fronte progressista, che è l’unica possibilità concreta per la costruzione di un governo che eviti il perpetuarsi di scelte istituzionali scollegate dalle dinamiche democratiche. Come vediamo all’esito delle ultime elezioni politiche, ogni indebolimento del campo progressista facilita e consente ulteriori degenerazioni del quadro democratico e sociale. Il primo compito dei comunisti in Italia deve essere pertanto partecipare al fronte progressista e dentro questo contenitore politico, nelle forme di collaborazione e organizzazione che avremo definito, noi dovremo cercare di portare avanti alcuni punti programmatici incentrati sul lavoro, scuola e sanità pubblica, equità fiscale.

Non dobbiamo illuderci di edificare in breve tempo il socialismo, ma avere l’ambizione di fare qualcosa di concreto per il miglioramento della vita della donne e degli uomini di questo paese. Dentro questo ragionamento dobbiamo condividere con queste donne e questi uomini la convinzione, radicata nella storia d’Italia, che anche la ricostruzione del Partito Comunista è un obiettivo che porterà un concreto miglioramento nelle condizioni materiale delle lavoratrici, dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati: non può essere infatti un caso che scelte grandemente penalizzanti per quest’ultimi siano state portate avanti da un Parlamento in cui i Comunisti sono stati, per la prima volta, assenti.

Questa è la via sulla quale, secondo me, riusciremo a rafforzare il nostro partito e ad essere protagonisti veri della battaglia politica concreta, questa è la via per salvaguardare la nostra identità e rafforzarla. Questa è la via che vi propongo e per la quale potrò dare il mio contributo.
L’alternativa la perseguiamo da cinque anni, i peggiori cinque anni che io mi ricordi.

Massimiliano Stiz – segretario provinciale Padova Comunisti Italiani