I comunisti italiani e la scelta politico-elettorale 
di Rivoluzione Civile: interrogativi e prospettive

Intervista a Orazio Licandro
 coordinatore segreteria nazionale PdCI, candidato lista Ingroia
a cura di Mauro Gemma

orazio licandro IMG 7022– La formazione della lista di Rivoluzione Civile ha suscitato passione ed entusiasmo tra compagne e compagni che si rifanno all’identità comunista e che sono sensibili al tema dell’unità a sinistra, ma anche dubbi e perplessità. Vogliamo discuterne apertamente con te. Cominciando dalla questione della simbologia. Come spieghi e come valuti il fatto che nella lista sia assente ogni riferimento ai simboli più tradizionali della tradizione comunista?

E’ un tema, quello della simbologia, purtroppo ricorrente. E’ evidente che quando si intraprende un percorso come quello di Rivoluzione Civile che, per quanto strettamente ancorato a sinistra, mostra una forte eterogeneità nelle sue componenti e nelle sensibilità politiche e culturali dei suoi protagonisti, per forza di cose vi è una ricaduta sul terreno della simbologia.

E tuttavia, mi sento di dirlo con sincerità, quello di Rivoluzione Civile è un simbolo che niente ha a che fare con il tragico eclettismo che contrassegnava la Sinistra arcobaleno del 2008. E a ben vedere la stilizzazione del ‘quarto stato’ vuole indicare, almeno questa è stata la nostra intenzione, un radicamento forte di Rivoluzione Civile nel terreno dei valori, degli ideali e delle lotte del socialismo e al tempo stesso la necessità di riprendere un cammino di lotte attraverso una ricostruzione della coscienza di classe in un’ampia dimensione popolare.

– Vi è chi interpreta la scelta della lista di Rivoluzione Civile come una sostanziale ripetizione dell’esperienza dell’Arcobaleno, e ne trae ovviamente motivi di inquietudine. Come valuti questa comparazione?

Sbagliata! Chi sostiene questa tesi, lo dico senza malanimo, credo che non abbia capito nulla. La Sinistra arcobaleno veniva da una drammatica stagione che aveva visto l’intera sinistra al governo con esiti assolutamente fallimentari. Un disastro che non ammette alcuna attenuante. Oggi è diverso, Rivoluzione Civile nasce da un forte e insopprimibile impulso di cambiamento, radicale e profondo della politica, della sua agenda e dell’intera classe dirigente. Mentre la Sinistra arcobaleno nasceva come cartello elettorale dietro un tanto debole quanto spregiudicatissimo accordo tra Veltroni e Bertinotti, ricordiamo bene la cd ‘separazione consensuale’ mirante in definitiva allo scioglimento delle forze comuniste, il progetto di Rivoluzione Civile è forte e suscita passione, tensione morale e politica e produce fenomeni di aggregazione. Insomma, vedremo…

– Vi è chi sostiene che la lista Ingroia esprime un programma sicuramente democratico, ma che ha poco a che vedere con le principali istanze programmatiche dei comunisti e di una sinistra di classe, che in questo programma vedrebbero scomparire o diluire la loro identità. Ritieni fondata questa critica? Quali sono a tuo avviso i punti fondamentali del programma di Rivoluzione Civile che ne qualificano il profilo?

In realtà non mi sembra che le cose stiano così. E tuttavia, non si tratta di spaccare il capello in quattro, ma di riconoscere che, dopo le macerie del ventennio berlusconiano, aggravate dall’ultimo anno del governo Monti sostenuto da Pdl-Pd-Udc-Fli, sia corretto e saggio ripartire dalla nostra costituzione repubblicana e antifascista: il lavoro come cardine essenziale di una società democratica, l’eguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge, la legalità e il contrasto alla criminalità organizzata, i diritti sociali coniugati con i diritti civili e con le nuove istanze dell’ambientalismo e della tutela della salute, infine la pace e il ripudio della guerra, ormai sistematicamente spacciata come ‘intervento democratico’, mi sembrano tutti ‘ingredienti’ di un buon programma di governo in cui i comunisti debbano pienamente riconoscersi, anzi sentirlo proprio.

– Un’altra osservazione emersa in qualche dibattito, è che l’operazione Ingroia configurerebbe da parte dei comunisti italiani una sorta di abbandono della loro linea tradizionale di alleanza con tutte le componenti di sinistra e di centro-sinistra, e segnatamente con Sel e col Pd. E che essa contribuisce a determinare ed alimentare nuove fratture e divisioni a sinistra che non giovano allo schieramento progressista. Che cosa ne pensi?

Anche stavolta credo che si tratti di una critica ingiusta e ingenerosa. Il Pdci ha perseguito con tenacia, forse persino con un eccesso di generosità, la tradizionale linea di politica delle alleanze con il centrosinistra. Ricordo che il Pdci ha partecipato alle primarie contribuendo a quel successo popolare, ma poi sappiamo come sono andate le cose e perché ancora una volta ci presentiamo divisi alle elezioni. Abbiamo tenuto un rapporto stretto di dialogo nel tentativo di riallacciare i fili per giungere a una coalizione ampia che avesse come bussola l’archiviazione della cd Agenda Monti. E’ probabile poi che abbiano giocato un ruolo negativo anche l’ostilità del Quirinale e la scarsa generosità di Vendola: gravi vicende istituzionali e il ricorrente, maledetto egoismo della sinistra hanno prodotto questo risultato però non imputabile al Pdci. Tutto questo al netto della deriva moderata delle politiche dei gruppi dirigenti del Pd e di Sel, ormai quasi ostaggi dei rapporti con i poteri forti delle banche e delle lobby economico-finanziarie internazionali, che rende soltanto un simulacro la loro essenza di centrosinistra.

Ecco perché, lasciami concludere, anche in questo caso, trovo bizzarro attribuire responsabilità antiunitarie al Pdci mentre Bersani, nonostante il nostro lavoro politico e gli appelli ripetuti di collaborazione avanzati da Antonio Ingroia, abbia continuato a volgere lo sguardo a destra e a Monti.

– Nella sue ripetute dichiarazioni Ingroia insiste, a proposito della composizione della lista, nel mettere in evidenza il ruolo primario della cosiddetta “società civile” e il “passo indietro” da lui preteso e ottenuto da parte dei partiti. Non c’è il rischio, con questo tipo di approccio, di alimentare obbiettivamente, sia pure da sinistra, una campagna “anti-partito” e anti-politica” che nelle sue varianti più estreme assume caratteri apertamente qualunquisti e reazionari, e di esasperata personalizzazione della lotta politica, di segno americanista? E tutto ciò non contraddice la stessa ispirazione fondamentale della Costituzione, che ai partiti politici assegna un ruolo centrale nella costruzione di una democrazia avanzata?

Questo è un punto delicato su cui abbiamo anche avuto perplessità e non abbiamo rinunciato al confronto dialettico. Riteniamo un errore alimentare l’onda dell’antipolitica che si traduce poi nel consenso al più antidemocratico movimento in essere, cioè quello diretto da Grillo. Eppure abbiamo discusso su come affrontare la bufera che sta travolgendo i partiti, anzi il sistema dei partiti come vuole la nostra costituzione. Dobbiamo riconoscere che questo sistema ha dato una prova pessima, davvero pessima. Aveva ragione sino in fondo Enrico Berlinguer quando vaticinava il crollo democratico a causa della profonda degenerazione dei partiti: carrozzoni del potere, privi di tensione morale e politica, spesso corrotti e a volte autoreferenziali, i partiti italiani hanno raggiunto, a mio giudizio, l’apice della loro crisi. Questo fenomeno poi ha finito per scombussolare anche partiti come il nostro, come il Pdci, che ne sono assolutamente estranei. Accomunato nel disprezzo pubblico o, nel migliore dei casi, nella pubblica indifferenza anche il Pdci ha pagato prezzi altissimi. Allora, bisogna rigenerarli: questa è la sfida, la nostra sfida, perché attraverso la rigenerazione dei partiti potremo ricominciare a creare un nuovo tessuto democratico e restituire dignità alla politica e alle istituzioni. Su queste basi, abbiamo ritenuto che il tentativo di superare il corto circuito tra partiti e società passasse attraverso lo scardinamento di uno schema velenoso e distruttivo, ovvero la contrapposizione tra società civile ‘buona’ e politica (partiti) ‘cattiva’. Da qui il maggior profilo dato ai candidati della società civile che sono comunque espressione di mondi, esperienze, valori, democratici e di sinistra e anche comunisti. Il resto lo vedremo dopo le elezioni.

– A tuo avviso, la Lista Ingroia rappresenta solo una esperienza elettorale, meramente tattica, destinata sostanzialmente a sciogliersi dopo le elezioni; o viceversa configura un progetto politico di più ampio respiro e di prospettiva? E se è vera quest’ultima interpretazione, in che misura ciò configura o meno un pericolo di diluizione della piena autonomia politica, ideologica e organizzativa dei partiti che vi hanno contribuito? E’ in campo oppure no l’ipotesi di una trasformazione della lista in una ipotesi fusionista volta alla formazione di un “partito di Ingroia”? Che fine fa in questo contesto il progetto congressuale del PdCI volto alla ricostruzione del partito comunista in Italia?

L’esito elettorale sarà fondamentale. E’ assolutamente prematuro prefigurare scenari, tuttavia lo dico subito a scanso di equivoci non vedo alcuna prospettiva di scioglimento del Pdci né l’approdo a un partito personalistico. Ritengo che, al di là di Grillo, quella stagione, cioè dei partiti personali, si sia chiusa. Credo allo stesso tempo che restino del tutto valide le tesi del nostro congresso (dalla ricostruzione necessaria di un forte partito comunista alla necessità di operare entro un quadro di unità della sinistra), sapendo che è in corso una bufera terrificante, dalla forza distruttiva addirittura superiore a quella che ha spazzato via un’intera classe dirigente negli anni ’90. Le analogie del resto sono stringenti: crisi politica, crisi istituzionale, crisi economica, crisi morale, in un quadro di destabilizzazione degli equilibri internazionali. L’obiettivo fondamentale resta il ritorno dei comunisti in parlamento, l’opportunità di riportare il conflitto sociale nella più alta istituzione democratica assembleare e così ridare voce alle istanze del mondo del lavoro, della scuola, della cultura. In questi lunghi decenni hanno colpito con interventi sistematici e metodici il mondo del lavoro e dell’istruzione e della cultura: se sei precario sei ricattabile, sei solo, subisci vessazioni, non hai la forza per lottare per i tuoi diritti, perdi la coscienza di classe; se sei più ignorante sei meno consapevole dei tuoi diritti, della tua libertà e dignità, sei condizionabile e dunque più debole. Lavoro e istruzione, sono questi i due punti strategici della lotta dei comunisti italiani.