I comunisti italiani e la fase politica. Che fare?

di Stefano Barbieri, direzione nazionale PdCI

comunisti italiani piazzaNei giorni successivi all’approvazione della Legge di stabilità da parte del Consiglio dei Ministri, diversi economisti hanno sottolineato la sua natura regressiva e molti altri, in controtendenza con le patetiche giustificazioni del ministro Grilli, hanno evidenziato come il valore di ben 11.6 Miliardi di euro rappresenti una vera e propria nuova manovra finanziaria. Il tutto viene naturalmente motivato con la necessità di raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013. Chi ancora avesse avuto bisogno di prove dell’assurdità e delle pesanti conseguenze sociali di questa norma introdotta in Costituzione, ora ce la ha chiare davanti agli occhi. In sintesi è diminuita una tassa progressiva, l’Irpef, che redistribuisce il reddito dai ricchi verso i poveri. Ed è aumentata una tassa regressiva, l’Iva, che opera nel senso opposto. L’effetto netto della manovra sarà regressivo dato che le famiglie più povere, pur beneficiando della riduzione delle aliquote Irpef, sono allo stesso tempo le più danneggiate dall’aumento dell’Iva, perché spendono una frazione maggiore del proprio reddito disponibile in consumi, e in particolare in beni alimentari (la cui aliquota subisce l’aumento percentuale maggiore passando dal 10 al 11%).

Tale orientamento regressivo è rafforzato dai nuovi tagli della spending review (tra cui 1 miliardo per l’acquisto di farmaci e 7 miliardi per i sistemi medici) e dal ridimensionamento del fabbisogno sanitario nazionale (1,5 miliardi di euro, grazie alla riduzione della spesa per l’acquisto di servizi, dispositivi e farmaci). La spendig rewiew infatti doveva servire a ridimensionare la spesa pubblica considerata “aggredibile” dal governo. La definizione di “aggredibile” tuttavia non è un fatto tecnico nemmeno se lo fa un governo che tale di definisce, bensì una scelta politica inevitabilmente condizionata, come tutte le scelte politiche, dai giudizi di valore di chi la fa e dalla capacità di lobbying dei gruppi di pressione. Per esempio, le ragioni per cui la spesa “aggredibile” viene cercata sempre nel comparto sanitario (e in quello più generale del welfare) e mai in quello degli armamenti meriterebbero o no un moto di indignazione popolare? Perché non tagliare qualche F-35 il cui costo è aumentato da 80 a 127 milioni di dollari cadauno, anziché la fornitura di farmaci da parte del settore pubblico?

Se aggiungiamo a ciò che si annuncia ormai da qualche giorno una possibile conclusione del confronto sulla produttività, il quadro è completo. Si fa strada infatti l’idea di togliere dai contratti collettivi nazionali di lavoro quel residuo di indicizzazione legata all’aumento dei prezzi valutati su scala europea, al netto dell’incremento di quelli energetici. Il che vorrebbe dire togliere ogni valore accrescitivo delle retribuzioni al Ccnl e lasciarlo solo ai contratti aziendali, per chi riesce a ottenerli. Sarebbe questo il risultato della brillante idea di collegare la retribuzione all’incremento della produttività, come se questa derivasse solo dal lavoro e non da un insieme di cose che riguardano l’organizzazione aziendale, del sistema produttivo e del funzionamento della pubblica amministrazione. In questo modo si capovolgerebbe l’intera storia della contrattazione sindacale.

Insomma, un passo dopo l’altro questo governo sta facendo scempio della storia democratica di questo Paese, dello stato sociale e dei diritti delle lavoratrici, dei lavoratori e dei pensionati (sulla Legge Fornero e sulla riforma delle pensioni ho già detto), della Costituzione Italiana nata dalla Resistenza come mai i peggiori governi della Repubblica hanno fatto sino ad ora.

Che fare?

Innanzitutto tenere alto il livello di critica e di conflitto con il Governo Monti e con le sue politiche e provare a rilanciare un’altra idea della politica che riparta dai valori del lavoro e dalle conquiste sociali. La prova dei referendum sull’articolo 18 e l’art. 8, così come quello sulle pensioni, sono un primo e dovuto atto verso un cammino che sarà lungo e difficile, ma per noi comunisti irrinunciabile.

Essi hanno ancor più valore perché sono riusciti a tenere insieme un arco di forze politiche e sociali (Pdci, Prc, Sel, Idv e Fiom) che su questo terreno hanno costruito una buona base di unità su principi di fondo e su temi fondamentali, rispondendo alla importante proposta messa in campo dalla stessa FIOM nel Giugno scorso che chiedeva alla sinistra di candidarsi a rappresentare le istanze del mondo del lavoro senza indugi o tentennamenti.

Questa unità meriterebbe di essere messa a valore politicamente, costruendo una alleanza elettorale che, da rapporti di forza decisamente più importanti di quelli che le singole componenti rappresentano, sarebbe in grado di condizionare le politiche economiche e sociali di tutto il centro sinistra.

Ma è del tutto evidente che una parte di essa ha aperto altri tipi di ragionamenti in prospettiva che, peraltro, aprono contraddizioni interne ad essi che dobbiamo avere la capacità di indagare ed analizzare.

Se su questo punto occorre quindi mantenere aperta una riflessione attenta, altrettanto va fatto sul quadro politico più generale, evitando fughe in avanti verso qualunque direzione.

E’ del tutto evidente che fino a quando non sarà fatta chiarezza su alcune questioni fondamentali, (quale sarà la Legge Elettorale? Cosa sarà il PD dopo il confronto devastante delle elezioni primarie, chiunque le vinca? Chi si candiderà a rappresentare Vendola dentro a quella partita e come ne uscirà alla fine di essa?) noi abbiamo bisogno di tenere aperto un ventaglio di soluzioni a 360°, navigando in mare aperto e tentando di avere ben saldo il timone tra le mani.

Dovrebbe essere chiaro a tutti noi che una nuova esclusione dalla rappresentanza parlamentare per altri 5 anni, minerebbe, forse definitivamente, l’esistenza stessa del Partito riducendolo a poco più di una mero circolo residuale di tendenza culturale. D’altro canto però, la sola ricerca di un accordo a tutti i costi per qualche seggio parlamentare o una sottorapresentanza di Governo, cancellerebbe la ragione stessa del nostro esistere che era racchiusa nella parola d’ordine del nostro congresso: Ricostruire il Partito Comunista.

Si tratta quindi di avere la capacità di muoversi su un binario che punti alla più ampia possibile unità delle forze della sinistra di alternativa, politiche e sociali, a partire da quella interna alla Federazione della Sinistra, per provare ad aprire un terreno di confronto sulle questioni del lavoro e dei diritti e sulla critica alla politiche neoliberiste incarnate da questo Governo, con tutte le forze democratiche del Centro Sinistra, senza pensare di escludere aprioristicamente quella che ne rappresenta ancora, a torto o ragione, la parte più consistente dal punto di vista elettorale e “popolare”, quel PD sul quale non cambiamo il nostro giudizio, ma con il quale, stante i rapporti di forza nella società e nel Paese, non possiamo non fare i conti e non sappiamo ancora, come dicevo prima, cosa sarà in futuro.

Bandirei dal nostro vocabolario due concetti: entrare al Governo e correre in splendida purezza e solitudine.

Il primo perché, malgrado noi, è del tutto evidente che il Governo del Paese nel futuro immediato non potrà che muoversi sulle linee dettate dall’Europa delle Banche, dalla Nato e quindi l’unica possibilità per i comunisti è quella di provare a resistere ad esse costruendo pezzi di ragionamento sull’idea di una società, in Italia, in Europa e nel Mondo, alternativi al sistema neoliberista ed imperialista (cosa che peraltro fanno anche altri partiti comunisti nel vecchio continente ottenendo importanti affermazioni).

Il secondo perché segnerebbe con un suicidio politico la fine di una esperienza storica come quella della sinistra e dei comunisti, contrassegnata da sempre dal binomio Autonomia e Unità, e con essa la possibilità di rappresentare il mondo del lavoro salariato, le sue necessità, i suoi drammi e la percezione della nostra utilità nella società del Terzo Millennio.

Forse questo può accadere, ma non possiamo essere noi stessi che armiamo la pistola che altri ci potrebbero portare alla tempia.

Siamo di fronte ad uno dei momenti più difficili negli ultimi decenni per quanto riguarda il futuro dei comunisti; dobbiamo cercare di essere all’altezza anche di questa sfida, usando la testa, la saggezza, le nostre passioni e la nostra ragione.