E’ nostra convinzione che in Italia ci sia la necessità di ricostruire il Partito Comunista…

di Loretta Boni e Lidia Mangani, Ancona

Il contributo delle compagne Loretta Boni e Lidia Mangani alla “tribuna” aperta da Marx21.it per il confronto sulle prospettive dei comunisti nel nostro paese.

E’ nostra convinzione che  in Italia ci sia la necessità di ricostruire il partito comunista.  E’ il presente a dirci che c’è questa necessità. 

L’umanità si trova di fronte ad un nuovo, grave, concreto rischio di guerra. L’imperialismo a guida Usa,  per  mantenere il dominio sul mondo, attraverso una strategia studiata e collaudata di tipo economico, mediatico e militare, attacca la sovranità e l’autodeterminazione dei popoli, dall’America Latina, all’Asia, al Medio Oriente,  ai paesi europei che non si piegano.  Se oggi il movimento pacifista è più debole è dovuto al fatto che è penetrata nella società l’idea  di un’Occidente portatore di “democrazia”, un’idea che ha ampiamente contaminato la sinistra, con il sostegno alle cosiddette “rivoluzioni colorate”, ovvero colpi di stato camuffati come quelli che hanno  portato i nazisti al potere in Ucraina  o quelli che hanno distrutto gli stati laici del Medio Oriente, con le conseguenze tragiche che sono sotto gli occhi di tutti.

Le condizioni di chi lavora peggiorano di giorno in giorno, non solo nelle condizioni materiali. Le “riforme” dei governi Berlusconi-Monti-Renzi hanno  colpito al cuore il valore costituzionale della dignità del lavoro. Un lavoro povero di salario e di diritti, non contrattato,  è un lavoro servile.  La questione di classe, la contraddizione capitale-lavoro è quanto mai viva e presente. Solo che dopo lo scioglimento del PCI non c’è più stato un partito capace di organizzare e rappresentare la classe sfruttata.  Questa situazione è insieme la causa e la conseguenza delle sconfitte subite dal movimento operaio.

La nostra Costituzione è sotto attacco da tempo. Ma mai come ora, con il PD al governo,  si era giunti a sradicarne le fondamenta, con una sequenza  di “riforme”  che intaccano non solo la seconda parte (legge elettorale ultra maggioritaria e Senato di nominati) ma i principi fondamentali: diritti delle lavoratrici e dei lavoratori,  diritto alla salute, libertà di insegnamento, tutela dell’ambiente e dei beni comuni. 

Ricostruire il partito comunista in Italia significa dunque prima di tutto rispondere alla necessità di un pensiero e un’azione controcorrente rispetto alla cultura e al  potere dominanti, in Italia, in Europa, nell’Occidente capitalistico e imperialista. Significa attrezzarsi  per resistere e per accumulare le forze, che nei trascorsi decenni sono state in gran parte perdute,  non solo quelle dei comunisti, ma dell’intera sinistra e delle classi lavoratrici. 

Ricostruire il partito comunista significa non  considerare secondaria la “contraddizione di genere”  rispetto alla contraddizione capitale lavoro, significa  riconoscere la lotta delle donne come fondamentale per la costruzione di un diverso sistema economico: una delle lotte di classe. L’attacco alle conquiste del movimento operaio, le guerre imperialiste contro gli stati laici del Medio Oriente e il sostegno agli Stati islamisti, l’affermarsi di movimenti  xenofobi, fascisti e integralisti,  costituiscono il contesto in cui in Italia, in Europa e nel Mondo  si mettono  a  rischio le conquiste e le libertà che le donne avevano conquistato nel secolo scorso.  Anche qui si sente l’assenza di un’organizzazione in grado di contrastare tali politiche.

Anche le tematiche ambientali devono essere approfondite e affrontate con un’analisi, con un punto di vista di classe. Si avverte nelle tesi la poca dimestichezza sull’argomento mentre lo scontro in atto nel mondo del lavoro,  le battaglie dei cittadini nei territori, le lotte contro le multinazionali, il TTIP e le conseguenze dell’inquinamento prodotto prima di tutto dalle guerre pongono la questione ambientale come determinante per la vita umana e del pianeta. Cosa, come e per chi produrre.

Se la ricostruzione del partito comunista è una necessità  e una speranza, non significa che noi ce la facciamo. La qualità  del progetto e la quantità di comunisti e comuniste che sapremo coinvolgere saranno decisivi.

Come
dunque ricostruire il partito comunista, quali condizioni possono determinarne il successo o un altro  insuccesso.

-In primo luogo  fare i conti con la nostra storia, in particolare quella che segue la fine del PCI e percorre il tentativo della Rifondazione comunista.  Questa parte delle Tesi è assai carente. Si sottolineano giustamente  i limiti di Rifondazione comunista,  l’eclettismo ideologico e la sostanziale subalternità alla cultura dominante.   E tuttavia si omette una valutazione e un bilancio dell’esperienza del PdCI, che di questa costituente è l’azionista di maggioranza. E’ stato giusto fare la scissione nel 98? E’ stato giusto non uscire dal governo D’Alema quando l’Italia ha deciso di partecipare alla guerra contro la Yugoslavia?  E’ stato giusto far naufragare l’esperienza della Federazione della Sinistra per inseguire un accordo, peraltro improbabile, con il PD alla vigilia delle elezioni politiche del 2013? Accanto agli indubbi meriti  del PdCI, in primis aver mantenuto un legame profondo con l’esperienza del movimento operaio e comunista  del ‘900 e con la storia del PCI, ci saremmo aspettate anche un bilancio critico. Se vogliamo costruire il partito comunista del futuro dobbiamo  pensare e agire in  discontinuità  con una strategia e una pratica sostanzialmente  subalterna alle politiche delle classi dominanti  e ai partiti di centrosinistra, che oggi sono arrivati al punto di attaccare al cuore la Costituzione.

– Ripartire dal basso e su nuove basi. Costituente aperta, con un periodo necessario di lavoro comune e di costruzione di case comuni dei comunisti nei territori. Consideriamo questo congresso costituente prematuro e affrettato.  E’ vero che nelle tesi si scrive che questo “è un primo passo”.  Ma di primi passi in questi anni ne abbiamo visti tanti – anzi vi abbiamo partecipato- e tali sono restati.  Sappiamo che Il percorso dell’Associazione per la ricostruzione del Partito  Comunista  ha subito, nell’ultima fase,  un blocco. Autorevoli compagni  protagonisti della fase preparatoria hanno abbandonato,  altri sono stati sospesi dal  PCdI.  Le motivazioni e al tempo stesso la scarsa informazione sugli abbandoni hanno minato il processo stesso che  doveva essere necessariamente un processo inclusivo e aperto e appare oggi, almeno a guardarlo dai congressi del nostro  territorio, depotenziato. Siamo convinte  che l’obiettivo  di ricostruzione del partito comunista  potrà essere perseguito solo attraverso un processo aperto, inclusivo, che abbia il tempo necessario per  radicarsi e operare nei territori,  capace di rimotivare e riorganizzare le decine di migliaia di  comunisti e comuniste che  oggi non sono iscritti a nessun partito.

– Fare i conti con l’incredibile abbandono di iscritti e dirigenti che ha caratterizzato l’esperienza sia del PRC che del PdCI.  Stiamo parlando di decine  di migliaia di iscritti, militanti, dirigenti, amministratori e parlamentari,  che hanno abbandonato, chi per opportunismo, chi per sfiducia, chi per contrasti interni. Una disfatta le cui ragioni andrebbero indagate e discusse,  a cominciare dalla qualità dei gruppi dirigenti e sul come gli stessi  sono stati formati. Occorrono dirigenti protagonisti delle lotte, non burocrati buoni per tutte le stagioni. Occorrono dirigenti che  abbiano consapevolezza che  al primo posto ci deve essere la cura dell’organizzazione e l’acquisizione degli strumenti necessari per la sua crescita, qualitativa e quantitativa.  Occorre costruire una  organizzazione  snella (la bozza di Statuto prevede 6 livelli organizzativi!) e regole  finalizzate a raggiungere pochi decisivi obiettivi:  apertura e partecipazione; formazione delle decisioni democratica,  rispetto e piena cittadinanza delle posizioni in dissenso da quelle di maggioranza, unità nell’azione, programmazione e trasparenza nell’uso delle risorse.  A noi non sembra che la bozza di Statuto posta alla discussione sia adeguata al raggiungimento di tali obiettivi.