Breve tentativo di analisi concreta della situazione (politica) concreta, ovvero un promemoria per gli smemorati

di Barbara Mangiapane, responsabile organizzazione PdCI Lucca e Versilia

prospettivepericomunisti bannerBreve tentativo di analisi concreta della situazione (politica) concreta, ovvero un promemoria per gli smemorati.

Nell’autunno 2011 Berlusconi e il pdl sono politicamente finiti. Il governo è caduto. La nostra è, almeno formalmente, una repubblica parlamentare: questo significa che la scelta di non andare subito al voto, ma di sostenere la nascita del governo Monti, non è un attentato alla Costituzione, ma una precisa e legittima scelta politica. Alle urne noi cittadini non eleggiamo il premier, eleggiamo i parlamentari, seppure sulla base di una legge antidemocratica. Di fatto scegliamo i partiti che hanno già scelto i loro parlamentari. Il cambio del premier si configura quindi come legittimo, mentre possiamo definire scellerata la scelta politica del PD di appoggiare il governo Monti per tre ordini di motivi: le politiche neoliberiste che il governo presunto tecnico attua a danno delle classi più deboli; le suicide politiche recessive attuate sempre dal governo pseudotecnico; il mancato colpo di grazia a Berlusconi e al pdl, colpo di grazia che ci sarebbe stato se si fosse andato immediatamente a votare. Dal punto di vista degli indicatori economico – finanziari non sarebbe cambiato niente, visto il mancato raggiungimento degli obbiettivi minimi che Monti stesso si era autoassegnato. 


Ha quindi inizio la lunga campagna elettorale del Partito Democratico. Con la candidatura a premier di Bersani, il rifiuto dell’alleanza con Rivoluzione Civile, l’apertura a ipotesi di governo con Monti, quella che avrebbe potuto essere una tranquilla passeggiata elettorale per l’alleanza Italia bene comune si trasforma nella marcia trionfale di Grillo e nel recupero in zona Cesarini di Berlusconi. L’esito delle consultazioni elettorali è chiaro: PD e SEL non possono governare da soli, mentre anche dentro il PD ci si rende conto che un’alleanza con Rivoluzione Civile avrebbe consentito di avere una maggioranza autonoma anche al Senato. All’inizio PD e SEL sembrano segnare punti a loro favore, mettendo all’angolo Grillo con l’elezione della Boldrini e di Grasso e con le reiterate proposte di un’alleanza con il M5S. Questo è il punto di svolta per il PD: Bersani vince le resistenze interne e propone a Grillo un governo PD – SEL – M5S. Ed è Grillo a dire di no. Inspiegabilmente? Per incapacità di governo? Perchè è più facile protestare che assumersi la responsabilità di prendere decisioni? Perchè sapeva che così facendo avrebbe dato il colpo di grazia a Bersani, e spinto il PD nelle braccia di Monti e Berlusconi? Vedete, il PD non è un monolite, è una massa amorfa che prende la forma “più forte”. Se Grillo avesse detto si, ci sarebbe stato il vero rinnovamento, e non per meriti esclusivi di Grillo, ma perchè sarebbero prevalse dentro il pd le forze fautrici di un’inversione di rotta nelle politiche economiche e sociali, che trovano debole sponda in SEL. Ma Grillo non vuole realmente il rinnovamento, il suo scopo è bloccarlo con ogni mezzo per raccogliere i frutti di una protesta politica e sociale che sarà ancora più calda: bieco tornaconto elettorale per folli ambizioni di potere, sulla pelle di chi non può più aspettare. La prima responsabilità del governo democristiano di Letta sta in capo a Grillo. E’ un fatto. La seconda responsabilità è del PD: non avere accettato di eleggere Rodotà alla Presidenza della Repubblica è un errore catastrofico, spiegabile solo con la considerazione che a quel punto dentro al PD prevale ormai in modo netto e tangibile la componente democristiana, mentre le altre componenti sono annichilite. Proporre il lupo marsicano prima, e bruciare Prodi poi, sono gli ultimi capolavori di una classe non-dirigente democratica, ormai completamente nel pallone. La rielezione di Napolitano rende scontato l’inciucio. Ora il partito democratico ha assunto la forma della democrazia cristiana. La metamorfosi iniziata negli anni ’80 è compiuta. Non solo: a questo punto, l’intero gruppo Bilderberg è al potere in Italia. 

Non siamo alla deflagrazione del PD: ci sarà qualche uscita di rilievo, ma il “senso di responsabilità” di una classe non-dirigente prevarrà. Qualcosa a sinistra si muove, ed è importante che i comunisti, mentre pensano ad una loro riorganizzazione veramente all’altezza del nome che si danno, guardino e partecipino, fugando però ogni ipotesi di liquefazione: la presenza comunista anche minima è indispensabile baluardo sociale e politico, chi pensa che le soluzioni siano altre si faccia da parte e ci faccia lavorare senza ulteriori intralci. 

A livello nazionale per i comunisti e per la sinistra diventa pertanto improponibile una futura alleanza con il partito democratico: la battaglia per l’egemonia culturale dentro il pd è stata ormai vinta dai neoliberisti e le eventuali sponde che guardavano a sinistra sono disperse e senza punti di riferimento. Il capitale finanziario internazionale non solo ha determinato la nascita di un governo solo in apparenza innaturale ma ha anche definito la natura finale del partito democratico. Senza nulla togliere alle responsabilità dei democratici, tale esito non era scontato fino a che Grillo non ha negato il consenso alla nascita del governo Bersani, con il PD e SEL. 

Qual è la natura del partito democratico a livello regionale e poi anche locale, dove entrano certo in gioco potentati economici di varia natura, ma dove l’interferenza del capitale finanziario internazionale è praticamente nulla, dipende sostanzialmente dai singoli contesti e soprattutto dalla capacità delle forze di sinistra e comuniste di spostare il pd su proposte programmatiche di sinistra. Ecco quindi la necessità di un’analisi concreta della situazione concreta: se a livello nazionale il nostro peso specifico è inesistente, a livello locale è da idioti politici non valutare caso per caso e dire si o no a priori ad alleanze con il pd. In primo luogo, perchè, in quanto partito amorfo, assume forme e contenuti volta volta diversi; in secondo luogo, perchè le forme e i contenuti che il pd assume dipendono anche, ovviamente non solo, dall’azione che siamo in grado di esercitare sui territori; in terzo luogo, se vogliamo essere referenti sociali e politici dobbiamo anche essere percepiti come utili ed efficaci attuatori di politiche di sinistra e se abbiamo la possibilità di essere presenti nelle giunte con le persone giuste abbiamo anche l’opportunità di decidere quali voci in bilancio tagliare e a quali politiche dare priorità; allo stesso modo è controproducente essere presenti in maggioranze solo come ceto politico, senza il giusto peso specifico sociale, perchè non solo non saremmo in grado di incidere ma verremmo indubbiamente travolti quali mere stampelle del pd. 

La rivoluzione socialista, in Italia e in Europa, non è alle porte, anzi; ci troviamo di fronte ad un’involuzione autoritaria di peculiare intensità. La protesta sociale, che negli altri paesi europei ha rafforzato le sinistre e i comunisti, in Italia, come in un tragico gioco degli specchi, ha assunto caratteri populistici quale frutto di una falsa coscienza. La strategia autoritaria del capitale mira ovunque a svuotare le istituzioni democratiche e a renderle inutili agli occhi dei cittadini, collocando i centri decisionali al di fuori di esse. Lo smantellamento della Costituzione e la caduta definitiva di ogni parvenza di democrazia rappresentativa non aprirebbero la strada alla democrazia reale, secondo il delirio di qualche folle estremista, semplicemente perchè non esiste nessuna forza politica in grado di guidare un simile processo. Al contrario, favorirebbero uscite dalla crisi ancora più autoritarie. In questa fase storica, quindi, il ruolo dei comunisti, se da un lato è quello di ricreare una coscienza di classe e di lotta, dall’altro è quello di ridare senso e valore alle istituzioni democratiche per quanto borghesi esse possano essere e riaffermarne il valore rappresentativo: antifascismo e anticapitalismo, per un comunista, sono inscindibili.