Note sul 36° Congresso del Partito Comunista Francese

a cura di Lorenzo Battisti per Marx21.it

pcf festeggiamentiDal 7 al 10 Febbraio 2013 si è tenuta a Saint-Denis la fase conclusiva del 36° congresso del Pcf: esso ha rappresentato un momento importante di verifica di una serie di nodi politici, identitari e di strategia che segnavano da circa un ventennio (dopo la fine della segreteria di Marchais) la vita del partito e il suo dibattito interno.

Un dibattito che è stato ovviamente alimentato anche dal risultato delle elezioni presidenziali e legislative svoltesi nel 2012 e dall’esperienza del Front de Gauche (FdG), una coalizione politico-elettorale guidata dall’ex socialista Mélenchon (uscito dal Ps), di cui il Pcf è la principale forza politica animatrice (assieme ad altre componenti minori della sinistra francese di ispirazione socialdemocratica, eco-socialista, trozkista, radicale) e che è tutt’ora oggetto di animata discussione nel partito.


Una situazione in ripresa

Il Pcf si trova oggi in una situazione assai diversa rispetto a quella del congresso precedente, quello del 2008.

Allora il partito veniva da una forte sconfitta alle elezioni presidenziali, dove aveva raccolto solo l’1,93% con la sua precedente segretaria M.J. Buffet. Oggi può poggiare sui risultati positivi del Front de Gauche tanto alle elezioni locali quanto a quelle nazionali (attorno al 10-11%, come coalizione), anche se dispone di un numero minore di deputati all’Assemblea nazionale in conseguenza del 6,6% ottenuto alle legislative del 2012, dove la precedente vittoria di Hollande alle presidenziali, la dinamica bipolarizzante del voto utile nel sistema elettorale a due turni e il rifiuto del Ps di fare accordi a sinistra, ha favorito prepotentemente il PS.

Inoltre vi sono stati cambiamenti interni che hanno portato la componente dei rifondatori (quella più apertamente favorevole al cambiamento del nome e alla “mutazione” dell’identità comunista, con riferimento alla Linke tedesca) ad uscire dal partito nel 2010. La sconfitta al precedente congresso della proposta di cambiare nome al partito, determinato in primo luogo da una forte resistenza dei quadri intermedi e dei militanti (e ad una crescita dell’opposizione interna alla direzione nazionale formalizzatasi fino al 45%), insieme alla ripresa politico-elettorale degli anni seguenti, sembrano avere arrestato – almeno per ora – ipotesi esplicite di una “Bolognina in salsa francese”, dopo una lunga fase di incertezza e “in mezzo al guado”.

Al dibattito congressuale hanno preso parte 34.600 iscritti (in calo rispetto ai 39.000 del 2008) su circa 64.000 aventi diritto (anche questi in calo rispetto al 78.000 del congresso precedente). La partecipazione al dibattito congressuale e il voto sui documenti è consentita solo agli iscritti che risultino in regola con il pagamento della tessera alla data del congresso (la tessera è triennale, con bollino annuale). Questo restringe la platea congressuale rispetto al numero di aderenti, che ora sono circa 150.000, di cui 23.000 nuovi (soprattutto giovani) che si sono iscritti negli ultimi quattro anni.

Il Pcf ha un bilancio finanziario annuo di 31 milioni di euro (2011): il 10% viene dal tesseramento (ogni iscritto deve versare statutariamente almeno l’1% del suo reddito annuo netto), il 14% dalle donazioni, il 50% dagli eletti nelle istituzioni (che devono versare al partito tutto quello che ricevono dalla carica e che ricevono poi un compenso dal partito, quando operano a tempo pieno, più o meno corrispondente al reddito da lavoro che essi svolgevano nella società), l’11,6% dal finanziamento pubblico.

Quattro documenti sottoposti alla consultazione

Il processo congressuale è cominciato nel settembre 2012, quando il Consiglio Nazionale ha elaborato a maggioranza una bozza di documento per la discussione. Esso è stato sottoposto ad una consultazione preliminare tra i militanti, insieme ad altri tre documenti di minoranza, proposti da alcuni appartenenti al Consiglio stesso o da un minimo di 300 iscritti al partito in regola coi versamenti e appartenenti ad almeno un quarto delle federazioni. 

I quattro documenti sono stati sottoposti al voto dei militanti per decidere quale sarebbe stato il testo unico di base (comunque emendabile) su cui si sarebbero basati la discussione congressuale vera e propria e i congressi locali. Questo metodo è stata adottato da tempo nel Pcf al fine, si dice, di consentire una discussione libera, ma non cristallizzata in mozioni contrapposte nella fase congressuale conclusiva.

Il documento 1, proposto dal Consiglio nazionale, ha raccolto un maggiore consenso tra gli iscritti, passando dal 60% al 73% rispetto alla consultazione del congresso precedente.

Non è facile riassumere in modo sintetico le differenze fondamentali tra i 4 testi, e forte è il rischio della semplificazione (chiediamo scusa in anticipo di tutto ciò: chi vuole approfondire può rivolgersi alla nostra redazione e daremo indicazioni per il reperimento del quaderno completo in francese coi 4 testi integrali, che si trova comunque in pcf.fr).

Il testo di maggioranza – che si intitola: “è tempo di riaccendere le stelle” – ha alcune caratteristiche anche linguistiche fortemente “narrative” e “umanistiche”, con un forte riferimento complessivo alla Sinistra Europea (SE), oggi presieduta proprio dall’attuale segretario del Pcf, Pierre Laurent, e la cui evocazione ha avuto uno spazio centrale, anche simbolico, nell’ambito del congresso nazionale.

Il richiamo al comunismo ha un significato in buona misura di orizzonte ideale (di tipo “ingraiano”), più che riferirsi al suo significato scientifico nella classica elaborazione marxista. Tanto è vero che nel documento è rimossa la nozione di “socialismo” (questione che è stata oggetto di una vivace discussione emendativa, ma ci ritorneremo).

Di scarso rilievo ci è parsa invece la discussione sulla falce e martello (enfatizzata impropriamente in alcuni commenti all’estero) che riguardava la grafica della prossima tessera e non il simbolo del partito, in cui la falce e martello non esiste da tempo e che non rappresenta però in Francia, da molti anni, un paradigma essenziale della sua identità comunista, anche per la più parte dei militanti.

La collocazione internazionale del Pcf vede come prioritario il riferimento alla SE, la cui adesione è sancita anche da un articolo dello Statuto; ma si evidenzia anche che il Pcf ha ripreso a partecipare agli incontri internazionali dei partiti comunisti, che per alcuni anni aveva interrotto.

Vi è una denuncia della politica dell’ ”imperialismo”, ma l’analisi del quadro internazionale resta sulle generali ed è assente ogni riferimento analitico ai BRICS e alla Cina (il che probabilmente rivela un dibattito interno ancora non ricondotto a sintesi).

Nel quadro internazionale i riferimenti progressivi che vengono citati esplicitamente sono Syriza, gli indignati, le primavere arabe, l’America Latina e Cuba.

Non si mette in discussione l’appartenenza della Francia all’euro e all’UE, ma se ne auspica e se ne ritiene possibile una “rifondazione”.

Forte è la critica alla politica estera e interna di Hollande e del Ps, subalterna alla linea attuale della Ue e alla Nato. Criticato anche l’intervento francese in Mali, sia pure con una forte articolazione analitica che tiene conto del rapporto con l’opinione pubblica sia francese che del Mali. Si esclude in questa fase ogni partecipazione al governo coi socialisti, si annuncia una opposizione costruttiva, a partire dai contenuti.

Forte e rinnovato è il sostegno all’esperienza del Front de Gauche, chi si intende strutturare e perseguire durevolmente, non solo sul piano elettorale, ma come movimento sociale e politico.

I documenti 2 e 4 (che nel congresso precedente erano uniti e che avevano ottenuto il 24%) – di impianto leninista – hanno avuto nella consultazione preliminare rispettivamente l’11 e il 5,8%. 

Con una qualche approssimazione si può dire che la loro diversificazione riflette, nell’impianto politico-ideologico, una differenziazione che nel movimento comunista europeo si è manifestata negli ultimi anni tra la componente portoghese (più flessibile e articolata) e quella greca (più rigida); ed anche – nel contesto francese – un approccio più interno al partito e alle sue regole da parte del 2 (promosso dalla potente federazione operaia del Pas de Calais); più duramente contrapposto alla direzione centrale nel caso del 4, promosso dalla sezione del 15° di Parigi e da militanti di diverse federazioni.

Sia pure con argomentazioni e accentuazioni diverse, essi si rifanno ad una identità comunista che non rimuove i riferimenti fondamentali del marxismo e del leninismo; criticano la SE (considerata una istanza socialdemocratica subalterna all’Unione europea, da cui il Pcf dovrebbe ritirarsi); prospettano una collocazione internazionale interna al movimento comunista e antimperialista (ma il 2 chiede una riflessione positiva sulla Cina, mentre il 4, in sintonia con le tesi del KKE, stronca sia la Cina che i BRICS); chiedono una rottura strategica con una UE considerata irriformabile; vedono nel FdG un pericolo di assorbimento e diluizione dell’autonomia e dell’identità di un Pcf considerato ancora poco immune alle sirene della “mutazione”, e segnato da una identità e da un pensiero debole, fumoso, utopistico e idealistico, con molta poesia e poco marxismo. Insistono sulla necessità di rilanciare l’organizzazione del partito in cellule, soprattutto nei luoghi di lavoro, con un rafforzamento della loro autonomia finanziaria.

Il terzo documento, promosso da un nucleo di ispirazione trotzkista (La Riposte) proveniente dal Ps e vicino all’italiana Falce e Martello, critica il testo di maggioranza con le tradizionali argomentazioni di questo filone. Sostiene sia pure criticamente l’esperienza del Front de Gauche, ma chiede al Pcf di svolgere all’interno di esso una funzione di avanguardia rivoluzionaria con una identità di classe più marcata, meno istituzionalista, più nettamente contrapposta al Ps.

Il dibattito congressuale

Il dibattito che si è svolto nei 4 giorni del congresso nazionale è stato tutt’altro che scontato. Chi, come me, vi ha partecipato, ha visto un partito vivo, animato, un’atmosfera positiva e fiduciosa, un dibattito vivace ma rispettoso, segno di una partecipazione non superficiale. In generale abbiamo assistito a un dibattito sereno, che è stato seguito e guidato dal segretario Pierre Laurent con disponibilità e apertura.

Il primo elemento che appare evidente è che tutto il partito condivide il mantenimento dell’identità comunista, che non viene più messa in discussione – esplicitamente – da nessuno, anche se ad essa si attribuiscono significati diversi.

Inoltre vi è stata un’analisi critica condivisa del governo Hollande. Questo viene visto in sostanziale continuità strategica (anche se più temperata) con le politiche del governo precedente, tanto sui temi economici quanto su quelli internazionali. Mentre viene apprezzata e supportata la maggiore apertura sui temi etici, come il matrimonio tra persone dello stesso sesso, che il Pcf ha difeso e votato. Ma che certo non basta per qualificare un governo come di sinistra.

Su tanti altri temi c’è stato un dibattito molto partecipato da parte degli oltre 760 delegati. I punti più discussi hanno riguardato la questione del socialismo, alcune tematiche internazionali, il Front de Gauche e il Partito.

Mentre non si sono espresse pulsioni esplicite alla “mutazione”, si è sviluppato nel partito un dibattito tutt’altro che scontato su socialismo e comunismo come tratti caratterizzanti della identità del Pcf. 

Come si può dedurre anche dal documento congressuale, il tentativo della direzione è quello di definire il comunismo come un orizzonte utopico e ideale, senza che tra esso e l’oggi sia indicata in modo determinato alcuna fase intermedia. Per cui molti delegati hanno invece riproposto il concetto marxiano di socialismo, come fase intermedia in cui però i rapporti di potere tra le classi si invertono e in cui si comincia il lungo percorso verso il comunismo. 

L’emendamento sulla reintroduzione nelle tesi congressuali della nozione di “socialismo” (sostenuto anche da alcuni settori interni alla maggioranza congressuale) è stato respinto, a maggioranza, dopo un intervento lungo e impegnato del Segretario nazionale, che ha dovuto mettere in campo tutta la sua autorevolezza per contrastarlo, con una argomentazione riconducibile fondamentalmente alla volontà di recidere ogni legame tra la nozione di socialismo e le esperienze di costruzione del socialismo storicamente realizzate. Mentre la nozione di “comunismo di nuova generazione” – si sostiene – correrebbe di meno questo rischio perché allusiva di un orizzonte ideale e di valori più esplicitamente proiettati nel futuro.

Sui temi internazionali emerge un rinnovato interesse del Pcf al confronto con il movimento comunista e progressista mondiale, sia pure a partire dalla propria organica e prioritaria collocazione nella Sinistra Europea, di cui Pierre Laurent è attualmente presidente. SE che ha avuto uno spazio centrale nel congresso e a cui ha portato il saluto Maite Mola, di Izquerda Unida, una delle due vice-presidenti della SE (l’altra fa parte del Bloco de Esquerda portoghese, caratterizzato da una contrapposizione frontale al PC portoghese).Le delegazioni straniere al congresso erano numerose, circa un centinaio (tra cui i Comunisti Italiani e il PRC, dall’Italia), provenienti da tutti i continenti. L’importanza di questa presenza è stata sottolineata da un lungo ed emozionante applauso del congresso ai delegati internazionali, mentre il responsabile esteri Jacques Fath leggeva i loro nomi dal podio.

Il tema dell’Europa è stato centrale. La crisi e la gestione che di essa sta facendo l’Ue ha imposto una discussione sull’orientamento del partito su questi temi. Anche su questo punto si confrontano diversi punti di vista. La maggioranza e la Riposte sostengono la strategia della Sinistra Europea che prospetta una riformabilità in senso progressista dell’Ue. A questa strategia, pur con diversi accenti, si sono opposti quanti vedono nell’Unione europea una costruzione del capitale tesa a far arretrare le conquiste dei lavoratori e lo Stato sociale sul piano interno, e strutturalmente atlantica e neo-imperialista nella sua proiezione internazionale.

L’intervento francese in Mali ha avuto un rilievo importante e prevalentemente critico nella discussione congressuale. In proposito vi è stato anche l’intervento di uno studente appartenente ad un movimento progressista del paese africano, che ha analizzato in modo estremamente articolato le diverse sfaccettature del problema, a volte anche contraddittorie tra loro. Tra cui: il carattere neo-coloniale dell’intervento francese, che ha soppiantato il ruolo dei caschi blu dell’Onu che avrebbero dovuto essere formati solo da paesi africani; la necessità di una critica di principio a tale intervento; ma anche l’affermazione che, a fronte di una ingerenza straniera di sostegno nel nord del Paese alle milizie dell’estremismo islamico, l’intervento francese sarebbe stato accolto favorevolmente dalla maggior parte della popolazione del sud del Mali.

Sul terreno nazionale, il dibattito ha visto una discussione animata sul Front de Gauche e sulla sua strutturazione organizzativa. E’ emerso qui, anche attraverso alcuni emendamenti proposti (e respinti) il timore di molti militanti che uno spazio eccessivo e una maggior quantità di risorse devolute al centro del partito rispetto alle sezioni e alle cellule, sarebbe servito per finanziare le strutture del Front de Gauche, in cui il Pcf è la sola forza politica con una forte organizzazione, a scapito di un sostegno al rafforzamento del partito e della sua autonomia politica, ideale e organizzativa. Un dibattito cioè in cui una parte del partito ha espresso la preoccupazione di una diluizione dell’autonomia comunista nel Fronte.

In particolare i delegati vicini alle posizioni di matrice leninista hanno sostenuto una riorganizzazione del radicamento sociale del partito in sezioni e cellule e una ricostruzione di queste nei luoghi di lavoro. E nella discussione sulla ripartizione delle risorse, mentre finora si applicava la regola dei quattro quarti (un quarto delle risorse al nazionale, un quarto alle federazioni, un quarto alle sezioni e un quarto alle cellule), è stata invece approvata la regola dei tre terzi (nazionale, federazioni e sezioni), con uno slittamento di risorse verso l’alto, a discapito delle cellule.

Le conclusioni

Il documento congressuale è stato approvato col voto favorevole di 554 delegati, 74 contrari e 23 astenuti, ed ha evidenziato una fascia di criticità più o meno corrispondente al 20-25% dei delegati nazionali, con punte del 30-35% su alcuni emendamenti e con alcune differenze presenti anche all’interno della maggioranza, che si sono manifestate soprattutto nella discussione emendativa sul “socialismo” e sul rapporto tra partito e FdG. 

Pierre Laurent è stato rieletto segretario nazionale con una votazione in cui si sono espressi 624 delegati su 716 aventi diritto, in cui il candidato ha raccolto il 100% dei voti espressi e 92 schede bianche.

NOTE

1.  http://www.dailymotion.com/video/xxgh5j_36e-congres-du-pcf-salut-aux-deleguations-internationales_news