Non cedere alla tentazione delle sirene del capitale!

SAM 1340Intervista a Andrea Catone a cura di Monika Hoření e Vladimír Klofáč

Il I maggio, su invito del comitato distrettuale di Praga 1 del Partito comunista di Boemia e Moravia, Andrea Catone, direttore della rivista MarxVentuno, ha portato il saluto della rivista alla manifestazione dei comunisti di Boemia e Moravia. In quell’occasione è stata realizzata, a cura di Monika Hoření e Vladimír Klofáč, l’intervista, pubblicata il 31-5-2017 su Haló Noviny (consultabile sul sito).

Si ringrazia Vladimír Klofáč per la traduzione.

D. È venuto a Praga alla celebrazione del Primo Maggio organizzata dal Partito Comunista di Boemia e Moravia. Che cosa significa per lei?

AC. Il Primo Maggio è sempre una grande festa. La manifestazione del Primo Maggio a Praga o in qualsiasi altra parte del mondo in questo 2017 si tiene in coincidenza di importanti anniversari per il movimento operaio e comunista mondiale: sono passati cento anni dalla rivoluzione sovietica d’Ottobre 1917, centocinquanta dalla pubblicazione del I Libro del Capitale di Marx (1867), ottanta dalla morte di Antonio Gramsci [l’insigne rappresentante del partito comunista italiano, filosofo e teorico marxista, 1891-1937, NdR]; e ancora ottanta dal bombardamento nazi-fascista di Guernica nella guerra civile spagnola [26 aprile 1937].

Il Primo maggio si svolgono in Italia manifestazioni in tutte le grandi città, insieme con i sindacati e le organizzazioni di sinistra e di lotta per la pace, nella tradizione dei comunisti italiani. La celebrazione del I maggio si svolge da noi in continuità con la celebrazione della Liberazione dal nazifascismo e la caduta del regime fascista di Benito Mussolini. Fu giustiziato dai partigiani italiani il 28 Aprile 1945 e la Germania si arrese ai primi di maggio; la Festa nazionale della Liberazione si celebra il 25 aprile, giorno dell’insurrezione del Nord e della liberazione di Milano. [A Milano nel 1919 Mussolini fondò il movimento fascista e nel 1922 fece la “marcia su Roma”; alla periferia di Milano, nel 1945, fu catturato e giustiziato. Radio Milano liberata annunciò il 25 aprile 1945 che il Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia assumeva tutti i poteri civili e militari, NdR].

D. Qual è la sua valutazione della Grande Rivoluzione d’Ottobre?

AC. La rivoluzione d’Ottobre ha aperto una nuova era nella storia dell’umanità, è stato il più duraturo e consistente “assalto al cielo” del proletariato e dei popoli oppressi; ha spianato la strada alla rivoluzione anticoloniale e antimperialista, a partire dalla rivoluzione cinese, vietnamita, cubana; ha contribuito in modo determinante alla disfatta del nazifascismo in Europa.

Sulla grande esperienza storica di costruzione di un’economia e società socialiste, fondate sulla proprietà sociale e sulla pianificazione; sui suoi indubbi successi e sui suoi limiti e problemi, fino alla sconfitta catastrofica del 1989-1991, i comunisti e tutto il movimento operaio hanno il dovere politico, intellettuale e morale di interrogarsi e riflettere, senza cedere alla tentazione delle sirene del capitale e della propaganda borghese e liberista, che mira a gettare nella pattumiera della storia, marchiandola come contraria alla natura umana, errata alle radici e “totalitaria” tutta l’esperienza storica della rivoluzione russa e delle rivoluzioni popolari nell’Europa centro-orientale e balcanica, che da essa trassero ispirazione e sostegno. Guai se cedessimo a questo.

I grandi maestri, Marx, Engels, Lenin, Gramsci, ci hanno dato gli strumenti teorici per analizzare l’esperienza storica della rivoluzione d’Ottobre, apprendere da essa, dai successi e dagli errori. È sbagliato “buttare il bambino con l’acqua sporca”.

Più di un quarto di secolo dopo la sconfitta temporanea del socialismo in Europa, ci siamo un po’ abituati a questi discorsi. Ripeto: abbiamo bisogno di imparare dai successi e dagli errori.

D. La propaganda delle istituzioni capitalistiche con i media mainstream è molto forte e martellante

AC. È vero. L’onda della propaganda liberista, una volta spazzate via le esperienze socialiste in URSS ed Europa centro-orientale, tende ad affermare che l’unica strada percorribile è quella del capitalismo nella sua espressione più arrogante e crudele del neoliberismo e della cancellazione di qualsiasi forma di intervento pubblico e di stato sociale, che si era costruito in Europa occidentale sulla spinta delle lotte del movimento operaio e grazie alla presenza dei paesi socialisti europei, che avevano realizzato – nonostante le condizioni economiche di partenza fossero in generale più arretrate rispetto all’Occidente (erano paesi di capitalismo periferico) – i fondamentali servizi sociali per i lavoratori: istruzione, sanità e protezione sociale.

Sono passati 150 anni dalla prima edizione del I Libro del Capitale di Marx, e quest’opera è tornata ad essere studiata nelle università occidentali con la grande crisi esplosa nel 2007-2008, e tuttora in corso. La crisi finanziaria, espressione della crisi strutturale capitalistica, ha rivelato quanto i meccanismi della UE stabiliti a Maastricht (1992) e Lisbona (2007) fossero iniqui e penalizzanti per le economie dei paesi meno forti.

D. Quindi, come valutare l’integrazione europea?

AC. L’integrazione europea non è tra eguali e il meccanismo della moneta unica e della BCE non favorisce, ma accentua, la distanza nei livelli di sviluppo. La UE è una costruzione asimmetrica, dove detta legge un paese dominante, la Germania dopo l’Anschluss della DDR nel 1990. Il modo in cui la classe dirigente tedesca ha affrontato la crisi del 2008 e l’ondata speculativa contro i debiti sovrani – Grecia, Portogallo, Spagna, Italia… – ha fatto toccare con mano a diversi popoli della UE cosa essa fosse effettivamente al di là dei proclami e della sua retorica di democrazia, libertà, ecc. Il popolo greco è stato massacrato socialmente, e così portoghesi, spagnoli, italiani…

D. Può dirci come si manifesta per voi in Italia?

AC. Farò degli esempi. L’Italia, seconda economia manifatturiera d’Europa dopo la Germania, ha perso in questi anni il 25% della sua produzione industriale e oltre un milione di posti di lavoro. Ma la Francia non sta molto meglio: in 10 anni i disoccupati sono 2 milioni in più. Per questo crescono in Europa i movimenti antieuro e anti Ue, che rivendicano un recupero di sovranità nazionale e rifiutano di dare ulteriori poteri alla UE, di cedere sovranità.

Sono convinto che siamo di fronte ad una crisi delle forme politiche delle cosiddette “democrazie occidentali”, dove si è ampiamente approfondito il solco tra partiti e popolo e dove neppure le artificiose soluzioni dei sistemi elettorali maggioritari riescono a tenere stabile il quadro politico. Le società europee sono oggi profondamente divise, attraversate da una crisi di sfiducia nel futuro e di sfiducia verso i governanti. L’instabilità politica – Spagna, Italia, e ora Francia – diviene un carattere non passeggero della crisi attuale.

D. Quali prospettive vede per l’Unione europea nei prossimi anni?

AC. Vi è in Europa crisi economica irrisolta e crisi della governabilità politica, crisi del vecchio sistema di partiti e di governo politico che aveva retto negli anni precedenti. A queste crisi si aggiunge e le compenetra una profonda crisi ideologica e morale: non vi è nessun radioso avvenire all’orizzonte, dal tunnel della crisi non si intravvede nessuna luce che rischiari il cammino, i giovani vedono un futuro buio, non vi sono sbocchi e il massimo che si può sperare è che la crisi non si aggravi.

È una situazione che peggiora di giorno in giorno e che produce i suoi devastanti effetti di dissoluzione sociale. La coesione sociale si disgrega. Le classi dominanti non sanno fornire alternative credibili. In queste condizioni la Ue non ha un futuro assicurato e gli scricchiolii possono diventare rapidamente frane. La Brexit ha inferto un colpo duro alla credibilità della Ue, che non può più sollevare la bandiera dell’allargamento crescente, ma deve cercare di contrastare la sua disgregazione.

D. La sua visione è piuttosto cupa …

Sì. In questo contesto di crisi accentuata l’opzione della guerra si presenta sempre più minacciosa. La NATO, sotto la direzione USA (democratici e repubblicani hanno adottato le stesse politiche), attua un pericoloso allargamento fino ai confini della Russia. I paesi UE, in gran parte membri della NATO, sono divenuti feroci sostenitori dell’aggressione contro la Russia, appoggiano e promuovono la politica delle sanzioni contro la Russia (nonostante i gravi danni economici che questa provoca ai paesi europei) e sono parte attiva del disegno USA di destabilizzazione del Medio Oriente e Nord Africa.

La presidenza Trump si mostra in linea con il Pentagono e palesa una più marcata assertività USA – possiamo chiamarla “USA uber alles” – con il ricorso all’uso immediato della forza (Siria, Afghanistan) e un’accresciuta tensione nel Mar Cinese. La Repubblica Popolare Cinese è il nemico strategico degli USA, che utilizzano la tensione con la Corea del Nord per istallare a ridosso dei confini cinesi lo scudo antimissile.

Il quadro che abbiamo di fronte è grave. È concreto il rischio che il capitalismo occidentale risponda alla crisi organica che lo attraversa ampliando e intensificando la guerra già in corso e passando da una guerra a bassa intensità ad una guerra ad alta intensità.

Antonio Gramsci scriveva a proposito della crisi: “il vecchio muore, il nuovo non può nascere”. Di fronte a questa crisi dell’Occidente che affila i coltelli per la guerra, il movimento operaio e democratico è ancora troppo frammentato e incerto. Il quadro è differente da paese a paese: in Francia sono riusciti a costruire un fronte di sinistra su chiari obiettivi di critica radicale della UE e di tenuta e avanzamento sociale dei lavoratori. In Italia siamo purtroppo ancora ben lontani da un simile esito.

D. Anche se il movimento democratico e di lotta per la pace è frammentato di fronte alla politica aggressiva della NATO, come si vede nella Repubblica Ceca, che cosa fare, secondo lei? Certo non si può stare con le mani in mano dicendo che “non si può fare nulla” e non costruire uno sbarramento alla guerra.

AC. Lei ha ragione. È necessario continuare a cercare di costruire un’ampia convergenza tra il movimento operaio, i movimenti pacifisti di ispirazione laica o religiosa e quanti hanno a cuore la questione della sovranità nazionale, contro la colonizzazione del proprio paese. In Italia sosteniamo il comitato “NO GUERRA NO NATO” e lavoriamo per l’unità dei movimenti contro la NATO.

La questione della NATO è centrale. Il movimento operaio seppe mobilitarsi con i “partigiani della pace” negli anni 50, e ha alle spalle una lunga tradizione di movimenti di lotta contro la NATO. Essa va ripresa e sviluppata. Oggi è una questione prioritaria, non solo per fermare una macchina bellica distruttiva, ma anche nella prospettiva di uno sviluppo autonomo del proprio paese, nella prospettiva del socialismo.

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