Dichiarazione della rete “Faire vivre et renforcer le PCF”*
da lepcf.fr | Traduzione di Marx21.it
Pubblichiamo come contributo alla conoscenza del dibattito in corso tra le forze comuniste e della sinistra europee sull’evoluzione della situazione in Grecia.
I comunisti francesi hanno seguito con molto interesse la situazione della Grecia dopo l’arrivo al potere di Syriza. Sebbene conoscessimo le critiche del KKE a Syriza, ciò non di meno l’arrivo al potere di una forza politica che si richiamava alla sinistra di rottura alla testa di un paese sfinito da anni di politiche di austerità costituiva un’esperienza politica interessante alla quale bisognava guardare senza pregiudizi e sulla quale bisognava portare un punto di vista comunista solidale con le lotte di questo popolo.
Il Referendum del 5 Luglio in Grecia, il suo risultato senza appello – il 61% dei voti ostili alle politiche di austerità che l’Unione Europea voleva imporre – aveva permesso a Tsipras di essere in posizione di forza rispetto ai creditori della Grecia. Ora, Syriza ha firmato un accordo leonino che calpesta la sovranità del popolo greco.
Pur essendo d’accordo con la constatazione sulla “brutalità del metodo” dell’Eurogruppo e della Bce, sulla pressione politica e finanziaria esercitata contro la Grecia, e sulle “violazioni estremamente gravi della sovranità del paese”, noi non condividiamo numerose altre affermazioni della nostra Direzione. Con le note che seguiranno, noi ci auguriamo di aprire un dibattito e una riflessione collettiva su delle questioni eluse dal nostro Consiglio Nazionale (del 17 luglio, ndt), tra cui il giudizio sull’Unione Europea in questo stadio della crisi, sul ruolo della moneta unica, sulla pertinenza di una uscita progressista dalla zona euro, senza evitare di porci il problema della natura dell’Unione Europea.
Che lo vogliamo o no, la crisi greca ha lanciato questo dibattito all’interno delle formazioni politiche francesi, nei circoli intellettuali e universitari, ma anche tra i salariati e nei settori popolari.
Rifiutare di affrontare il dibattito, ripiegarci sul postulato che solo l’estrema destra contesta l’Euro e l’Unione Europea, sarebbe suicida nel momento in cui la contestazione della costruzione europea è condivisa da una frazione sempre più importante della popolazione. Peggio, lasciare la contestazione dell’Ue all’estrema destra è un errore politico che potrebbe portare conseguenze pesanti.
Allora che fare? Rimanere sulle posizioni che abbiamo adottato all’inizio degli anni ’90, cioè che l’Ue è una costruzione democratica che può essere riorientata dall’interno? Oppure analizzarla per ciò che è, cioè uno strumento della dominazione del capitalismo contro i popoli, una superstruttura politica i cui dirigenti non esitano a stritolare la sovranità popolare non appena questa non va dove loro vogliono?
Prima constatazione largamente condivisa, l’accordo firmato tra la Grecia e i suoi creditori non risolve fondamentalmente niente. Certo, Alexis Tsipras ha ottenuto l’impegno allo sblocco di nuovi crediti, cosa che evita per il momento alla Grecia di lasciare la zona euro.
Ma molte domande si pongono in seguito a questo accordo.
1- Sulla valutazione della situazione politica in Grecia
– I greci che hanno votato con cognizione di causa il rifiuto dei nuovi piani di austerità, accetteranno le “riforme” imposte dall’Ue, che tutti concordano nel ritenere che aggraveranno la situazione già drammatica dei settori popolari più precari della società?
– Nella politica interna, Tsipras ha fatto passare le nuove misure di austerità con i voti dell’opposizione. Quale credito politico ha alla fine di questa fase?
– In seno a Syriza, il Comitato Centrale ha votato in maggioranza contro l’accordo e le misure che l’accompagnano. Alla Camera, l’unità di Syriza è stata rotta, poiché 30 deputati hanno rifiutato di votare in favore all’accordo. E in tutta risposta, Tsipras ha cacciato dal governo diversi ministri contestatori. Come può Syriza conciliare queste contraddizioni? Avrà la capacità di superare le divisioni interne?
– Perché le posizioni del KKE e del movimento sindacale non sono prese in considerazione nelle nostre analisi?
2- Sull’accordo stesso
Il “salvataggio” della Grecia attraverso il denaro prestato dalla Bce e dal Fmi risolve qualcosa a lungo termine? Tutti fanno una constatazione: no. Approfondirà l’indebitamento dello Stato greco, e la sua dipendenza verso i prestatori di fondi. Tutto questo per restare all’interno della zona Euro.
– Il gioco vale la candela? Senza sostituirsi a Syriza, perché non abbiamo valutato questa questione?
– Varoufakis ha spiegato pubblicamente che i suoi disaccordi con Tsipras riguardavano la mancanza di una preparazione di uno scenario alternativo in caso di impossibilità a trovare un accordo. Quel famoso “Piano B” necessario a preparare l’uscita della Grecia dalla zona euro. Se il ministro delle finanze stesso ha preso in considerazione questa possibilità e ne era favorevole, perché l’uscita della Grecia non è stata presentata che come l’opzione dell’intransigente Germania? Non è la sottovalutazione dell’intransigenza Ue e la mancanza di preparazione di una possibile uscita dalla zona euro in condizioni corrette che ha fatto sì che Tsipras accettasse le imposizioni dell’Unione Europea?
– La messa sotto tutela della Grecia attraverso l’imposizione di due misure che attaccano direttamente la sua sovranità – l’obbligo di sottomettere all’Ue qualsiasi riforma prima che queste siano presentate al Parlamento greco e la creazione di un fondo frutto delle privatizzazioni del patrimonio pubblico direttamente sottomesso alla gestione Ue – non sono l’espressione di un vero diktat, rivelatore della vera natura dell’Ue?
3- Sul ruolo della Francia
La Francia ha utilizzato tutto il suo peso per sottomettere la Grecia alle esigenze dell’Unione Europea
– Le nostre reazioni rispetto alla posizione di François Hollande sono state all’altezza della situazione? Non dovremmo mostrare la coerenza tra le politiche europee di Hollande e quelle che porta avanti in Francia? Perché non mostrare il collegamento tra l’austerità imposta n Francia in nome del risanamento dei conti pubblici e la politica dell’Ue, portata avanti in tutta la sua logica implacabile, verso la Grecia?
– Come spiegare i pasticci nella nostra comunicazione tra il “sostegno a Syriza” e la tentazione di un voto in favore dell’accordo con la Grecia?
4- Sulle conseguenze politiche dentro e fuori dalla Grecia
L’arrivo di Syriza è stato unanimemente salutato in Europa dalla maggioranza delle forze progressiste europee come un avvenimento positivo. Tsipras aveva promesso durante la sua campagna elettorale che se fosse stato eletto, si sarebbe opposto a dei nuovi piani di austerità. Appena arrivato, ha ceduto all’Ue e ha fatto passare delle misure antisociali di una gravità eccezionale. Il messaggio di questo episodio che abbiamo appena vissuto rafforza la demoralizzazione e la smobilitazione.
– Nei paesi europei questa sequenza politica dimostra l’incapacità delle forze progressiste a rispettare i loro impegni e a portare avanti le politiche per le quali sono state elette. Non rappresenta questo una porta spalancata a un’uscita verso l’estrema destra, soprattutto se il discorso che noi portiamo avanti su quello che è successo si limita a difendere il riorientamento dell’Ue verso un’”Europa sociale”?
– Il peso della Nato non è stato trattato. Questa questione è sullo sfondo per via del ruolo della Grecia in questa coalizione. In più, qualche settimana fa, un accordo è stato concluso tra la Grecia e la Nato sull’installazione di una nuova base della Nato in Grecia, e questi ultimi giorni, l’accordo tra la Grecia e Israele per delle manovre militari comuni. Quale ruolo hanno giocato gli Stati Uniti nelle negoziazioni tra l’Ue e la Grecia?
5- Sulle prospettive
La nota del Comitato Nazionale ci impegna a rafforzare la lotta contro l’austerità. Queste ultime settimane ci invitano a riflettere sulle condizioni di efficacia di questa battaglia. Come possiamo lottare contro l’austerità se si considera che la costruzione europea è più importante ancora e che le lotte contro l’austerità devono sottomettersi ad essa? Allo stato attuale della crisi del capitalismo, l’austerità è una delle soluzioni messe in opera per mantenere i tassi di profitto del capitalismo. L’esperienza greca testimonia che non si può nello stesso tempo combattere l’austerità e rimanere nelle regole dell’Euro.
– Il proposito di “rifondare l’Europa” è completamente slegato dal contesto. Come ci si può proporre una tale prospettiva quando vediamo che la sovranità di un popolo che si esprime al 60% contro una politica voluta dall’Ue viene calpestata? Su quali forze politiche ci si può appoggiare all’interno del Parlamento Europeo per esempio, per arrivarci (sempre che il Parlamento europeo sia altro che un semplice passacarte)?
– Il proposito di creare un “fondo europeo destinato allo sviluppo di servizi pubblici e per l’occupazione nei paesi membri” è qualcos’altro oltre che un pio desiderio? Quando ci si rende conto della violenza dell’appropriazione dei beni pubblici greci organizzata dalla troika in favore delle potenze private o pubbliche europee, chi può ancora credere a una politica europea nell’interesse generale?
Conclusione
Dopo Cipro, quello che è avvenuto in Grecia queste ultime settimane mostra che l’Unione Europea è una macchina da guerra in favore del capitalismo contro i popoli. Affermare che si possa riorientare la costruzione europea, dopo una tale dimostrazione di forza dell’Eurogruppo è una posizione difficilmente sostenibile, per non dire senza alcuna credibilità. Non confondiamo la necessaria cooperazione tra i popoli e gli stati sovrani con quello che non è né più né meno che l’espressione di una forma appena attenuata di dittatura.
L’Ue ci ha appena dimostrato che non lascerà alcun margine di manovra alle forze “anti austerità”. E anche se i più lucidi affermano che il debito non è sostenibile e che sarà necessario, volenti o no, annullare una parte del debito, non possiamo ignorare che questo si farà a spese di un popolo che ha già molto sofferto. Dopo la Grecia, l’Unione Europea non si fermerà. I suoi dirigenti ce ne hanno appena mostrato un esempio. Continueranno negli stessi termini ovunque.
A meno che.. A meno che non ci sia una vera rivolta popolare che li faccia arretrare. A meno che certi paesi, pesando i vantaggi di un’uscita dall’euro e quelli di una permanenza, non facciano grippare la macchina. A meno che delle forze politiche veramente progressiste, delle forze di rottura con il sistema, in una parola delle forze comuniste, non si alzino in piedi.
Per il momento le affermazioni fatte dalla direzione del Pcf sono ben lontane da questa sfida.
Riflettiamo collettivamente, noi i comunisti, per prospettare la rottura con le logiche di austerità europee, anche se questo dovesse condurre a un’uscita progressista dalla zona Euro e dell’Unione Europea, e la riconquista della sovranità popolare, dibattito attualmente rifiutato. Se noi, i comunisti, non facciamo nostre queste questioni centrali per dare una risposta e una prospettiva politica, ci prendiamo la responsabilità de lasciarle all’estrema destra. Prendiamoci le nostre responsabilità.
La rete “Far vivere e rafforzare il Pcf”
28 Luglio 2015
*”Faire vivre et renforcer le Pcf” da anni si batte per il ritorno del Partito Comunista Francese su posizioni marxiste-leniniste. Si è opposta risolutamente sia alla strategia di Robert Hue (ora nei socialisti) della “mutation” quanto all’adesione al Partito della Sinistra Europea, visto come uno strumento per giungere a una Bolognina francese.
Inoltre si batte per un ritorno al centralismo democratico e alle posizioni antieuropeiste che hanno caratterizzato il Pcf fino agli anni ’80 (nota del traduttore)